MAFIOSI IN LIBERTA’

Nel “pacchetto sicurezza” (legge del luglio 2008), volendo rendere sempre più dura la lotta alla mafia, sono stati previsti reati i quali, nel caso concorrano alcune circostanze, possono portare a condanne severissime. Condanne che solo la Corte d’Assise ha il diritto di infliggere. Sul momento nessuno se n’è accorto e i Tribunali hanno continuato a operare come prima. Ora qualcuno ha fatto notare la loro incompetenza per materia e dovranno quindi essere azzerati, ricominciando da capo, tutti i processi, salvo sia intervenuta sentenza definitiva.
La gravissima conseguenza è che parecchi mafiosi saranno scarcerati per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva. Rispondendo a questo allarme il ministro Angelino Alfano – sostenuto, per una volta, anche dall’opposizione – ha promesso che il governo “provvederà”: ma non ha detto come, e il nostro sospetto è che non ci sia nessun “come”.
Se la legge prevede organi diversi per reati di diversa gravità, è perché l’imputato che rischia di più è giusto abbia il giudice più affidabile: e infatti la competenza va dal giudice monocratico alla Corte d’Assise. Questa ripartizione delle competenze non è una concessione, è un diritto degli accusati, sancito dai codici a pena di nullità. L’incompetenza dei Tribunali nel nostro caso è un vizio insanabile come sarebbe insanabile una sentenza per omicidio volontario emessa da un giudice di pace.
Sorgono problemi anche per quanto riguarda la distinzione fra reati commessi prima o dopo il luglio 2008. Per i reati commessi dopo, gli imputati devono ovviamente essere giudicati ex novo e ripartendo da zero da una Corte d’Assise. Per i reati commessi prima, dal momento che va applicata agli imputati la legge che preferiscono tra la vecchia e la nuova (crediamo a insindacabile giudizio loro e dei loro avvocati), gli imputati potrebbero chiedere  di essere giudicati non dai Tribunali (come prima) ma ex novo dalla Corte d’Assise, se pure col rischio di subire una condanna più pesante. L’art.2, quarto comma, del codice penale prevede che: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”. Il loro interesse sostanziale sarebbe quello di essere scarcerati per decorrenza dei termini di carcerazione, il pretesto formale sarebbe quello di avere un giudice di più alto livello. Se ci sbagliamo, siamo pronti ad ascoltare chi ne sa di più.
E non si vede che cosa possa fare il ministro Alfano. Non può estendere in maniera abnorme i termini della carcerazione preventiva, che sono già fin troppo lunghi e non può nemmeno chiedere l’abrogazione del “pacchetto sicurezza” perché gli imputati (di delitti commessi dopo il luglio 2008) avrebbero il diritto di vederselo applicare quand’anche non fosse più legge vigente. A nostro parere – ma siamo pronti a ricrederci – il ministro non può far nulla.
Qualcuno potrebbe fare del sarcasmo su un Parlamento pieno di avvocati ed ex-magistrati che non si è accorto della gaffe, quando ha votato quella legge. Ma per quasi due anni non se ne sono accorti né i magistrati nelle loro aule, né l’opposizione e nemmeno quel partito che della legge penale si è fatto un programma di governo. Se dei mafiosi saranno scarcerati, nessuno se la potrà prendere con nessuno. Il guaio è stato provocato dalla demagogica tendenza al rilanciare sempre nel campo della severità. Da un lato si è fatta passare una legge draconiana, dall’altro si è reputato talmente inverosimile che quei reati fossero di competenza della Corte d’Assise che nessuno ci ha pensato.
In realtà il crimine si combatte molto meglio con la ragionevole certezza di pagare per il male fatto che con l’estrema, ma improbabile, severità della pena.
Se si arresta un mafioso su cento, quand’anche fosse condannato a morte, il racket continuerà. Se invece se ne arrestasse uno su due, o anche uno su tre, e lo si condannasse a soli due anni di carcere, senza 41bis, il pizzo cesserebbe. A volte il problema non è il diritto penale, ma la politica penale. Di controllo del territorio, non di terrorismo giudiziario.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
6 febbraio 2010

MAFIOSI IN LIBERTA’ultima modifica: 2010-02-06T15:29:06+01:00da gianni.pardo
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