LE ELEZIONI VISTE DA SANT’ELENA

In una favola resa celebre da Hans Christian Andersen un imperatore era talmente fatuo da non pensare che al suo aspetto e talmente ingenuo da ammettere che potessero esistere stoffe inverosimilmente fini, praticamente invisibili. Gli furono dunque confezionati abiti nuovi con questi immaginari tessuti e alla fine l’imperatore, compiaciuto e incoraggiato da cortigiani adulatori, si mostrò in pubblico. Anche il popolo credulone l’applaudì a lungo e solo un bambino, quando si fece silenzio, osò dire ad alta voce la verità: “Ma il re è nudo!”
L’appiattirsi sull’opinione della maggioranza dà un confortante senso di sicurezza. Se lo pensano tutti, potrebbe essere sbagliato? Al contrario il dissenso – quando si è soli a pensare qualcosa – è sempre accompagnato dal dubbio. Perché mai dovrebbero sbagliarsi in mille e perché dovrei avere ragione io? Non potrei essere incapace di vedere gli abiti che gli altri vedono? Lo stesso san Tommaso mette l’opinione della massa fra le prove dell’esistenza di Dio.
L’uomo è influenzato dalla società ed è ingiusto essere severi con coloro che hanno ceduto al clima e alla suggestione del loro tempo. È stato stupido processare Wilhelm Furtwängler per le sue simpatie naziste: quel grandissimo artista era un eccellente direttore d’orchestra e per il resto, assordato dagli applausi al Führer, si sarà detto che magari quell’uomo era un grande.
Né da noi le cose sono andate diversamente: quando la temperie del tempo è stata fascista, come tanti altri sono stati fascisti Eugenio Scalfari e Giorgio Bocca: e gli si potrebbe facilmente perdonare se loro stessi non fossero spietati con coetanei meno colti ed avvertiti di loro, e se non posassero a maestri di antifascismo.
In Italia la discussione impazza a tutti i livelli e ci si accapiglia per i motivi più disparati – per le elezioni regionali, per i talk show politici, per le intemerate dei magistrati – ma tutto questo annoia a morte. Sono storie “da dormire in piedi”, come si dice in Francia. E arriva il momento in cui uno si chiede: “Sono il solo che vede l’imperatore nudo, sono il solo che trova tutto questo immensamente insulso e vacuo, il solo che si impipa delle elezioni nel Lazio, oppure tutti gli altri hanno il mio stesso stato d’animo senza avere la sincerità del bambino della favola?”
Se si è conosciuta la fame, se si è avuto paura dei bombardamenti, se si è temuto l’avvento dei tirapiedi di Stalin, come ci si può seriamente interessare della politica attuale? Su una scala immensamente più grande, è ciò che deve aver sentito Napoleone a Sant’Elena. Prima ogni battaglia poteva cambiare la storia della Francia e dell’intera Europa, ora, giorno dopo giorno, le stagioni si susseguivano e cambiavano solo i colori del cielo. La storia si era seduta.
Qualcosa di simile avviene in Italia da molti decenni e i giornali sembra vogliano ogni giorno vincere il rimorso di sentirsi inutili. Mentre danno lo stesso peso alla politica, alla cronaca nera e allo sport, fanno di tutto per far credere che si tratti di notizie importanti. Urlano cose che sarebbe appena il caso di mormorare e il risultato è un invincibile tedio. Silvio Berlusconi ha disprezzato il teatrino della politica ma c’è chi, pur di non averci a che fare, non vorrebbe il suo posto.
Svegliatemi quanto tutto sarà finito, si sarebbe tentati di dire. Ma forse, per allora, staremo dormendo un sonno da cui nessuno potrà svegliarci.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
15 marzo 2010

LE ELEZIONI VISTE DA SANT’ELENAultima modifica: 2010-03-15T15:05:14+01:00da gianni.pardo
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