I DIFETTI DI BERLUSCONI

I DIFETTI DI BERLUSCONI, VISTI DA DESTRA – 1
Un amico mi accusava di dire acriticamente bene di Silvio Berlusconi e per questo mi sono auto-incaricato di dirne male. Provandoci mi sono accorto che l’argomento richiede due articoli, e questo è il primo dei due.
Prima ricordiamo sommariamente i suoi meriti.
Il Cavaliere, partendo praticamente da niente, ha creato un impero economico e non è cosa da poco. Quanto al fatto che, come ha detto qualcuno, dietro un grande patrimonio c’è sempre un grande crimine, questo varrebbe per lui come per tutti gli altri. Senza dire che a volte la causa della ricchezza non è un crimine ed è evidente: Bill Gates capì per primo  che si potevano fare più soldi col software che con il hardware e divenne l’uomo più ricco del mondo.
Berlusconi fermò la marcia vittoriosa di Achille Occhetto nel 1994 e dimostrò l’eccezionale capacità di passare da privato cittadino a Primo Ministro nel giro di quattro o cinque mesi. Innegabile è che quest’uomo rimarrà nella storia del dopoguerra e sarà ricordato quando saranno dimenticati tutti gli altri. Bene o male, è un gigante. Prova ne sia che l’Italia vive, positivamente o negativamente, nel suo segno da quasi vent’anni. Tutto ciò posto, si può passare ai difetti.
Berlusconi è straordinariamente ambizioso. L’ambizione non è un difetto, è anzi un pregio, perché senza ambizione non si arriva a nulla: ma a lui è stata rimproverata e dunque va citata. Al riguardo basta una barzelletta. Berlusconi arriva in Paradiso e dopo qualche tempo ottiene di parlare direttamente col Padreterno. Ammesso alla sua presenza, gli spiega che il paradiso è un bel posto ma può essere migliorato: si mette alla lavagna e comincia a disegnare schemi, organigrammi, curve di rendimento, economie di scala, ecc. Alla fine il Padreterno è impressionato e dopo una pausa di silenzio osserva che, veramente, si tratta di una proposta molto interessante. “Ho una sola perplessità, aggiunge, perché tu dovresti essere Presidente ed io Vice-Presidente?”
Ma il primo difetto di Silvio, che salta all’occhio, è l’intemperanza verbale. Pur essendo stato per anni ed anni l’inquilino di Palazzo Chigi, non sa ancora distinguere il piano privato da quello ufficiale e protocollare. Mentre ha la diplomazia del cuore, cioè una sincera benevolenza verso il prossimo, gli manca la diplomazia dell’espressione. La langue de bois, cioè quella lingua un po’ allusiva e un po’ esoterica che a volte in Italia si chiama “politichese”, sarà insopportabile ma rimane un fossato che tiene lontani i nemici. Berlusconi non la conosce. Crede che l’espressione migliore sia quella che usa l’italiano medio, a casa sua, e non capisce che quello stesso italiano che usa il turpiloquio più sboccato poi si aspetta che il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro si esprimano in modo solenne e paludato. Non solo se lo aspetta ma altrimenti è deluso ed urtato. Forse sono giustamente considerate gaffe e mancanza di buon gusto quelle che il Cavaliere considera manifestazioni di allegria.
Come se non bastasse, la spontaneità di quest’uomo conserva un fondo popolaresco, una giovialità di grana grossa, un gusto per la risata collettiva se non da osteria, certo da mensa aziendale. Ed anche per questo commette l’errore di raccontare barzellette: non capisce che è il buffone che deve far ridere il re, non il re che deve far ridere il buffone. Lo stesso quando si mette a cantare o quando fa le corna in una foto ufficiale. Un ragazzaccio.
Purtroppo, questo atteggiamento è sintomo di un ulteriore difetto: Berlusconi ha un bisogno incompressibile di essere amato ed applaudito. È forse un residuo del tempo in cui ha fatto l’animatore sulle navi da crociera. Si considera e vuole essere un seduttore: non comprende che è arrivato al punto in cui sono gli altri che dovrebbero cercare di sedurre lui.
A suo merito va detto che Silvio ha l’innegabile – e infrequente – capacità di farsi amare da chi ha da fare con lui personalmente, tanto che perfino gli avversari dicono che nel contatto umano è cortese e simpatico: ma in totale questo atteggiamento lo svantaggia.
Per completare il campo dei difetti verbali non si può non citare la prolissità. Berlusconi dà l’impressione che parlerebbe volentieri per ore, col rimpianto di non avere detto tutto. Non capisce che l’attenzione del prossimo va centellinata e risparmiata. Non basta saper esprimere i concetti, bisogna saper rinunciare ad alcuni di essi, per ragioni di stile. Le forbici non valgono meno della penna.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
21 marzo 2010

I DIFETTI DI BERLUSCONI, VISTI DA DESTRA – 2
L’intemperanza verbale fa parte del suo modo di porsi e di interagire col prossimo: ma dipende da fattori più profondi e centrali. Dall’infinita serie dei suoi successi Berlusconi è stato indotto ad una sorta di sentimento di onnipotenza. Le sue realizzazioni sono state effettivamente impressionanti ma questo atteggiamento arriva ad essere fastidioso per una sorta di impudica hybris: quell’eccesso di cui a volte si vendicavano gli dei. Per questo non raramente si preferirebbe da parte sua una maggiore dose di autoironia e di moderazione. Purtroppo l’uomo è incompressibilmente vulcanico ed ha una granitica fiducia in sé.  Si sente talmente forte da rischiare di rendersi ridicolo o criticabile e abbassa la guardia perché tanto pensa che vincerà lo stesso. Ricorda Cassius Clay, che a volte saltellava sul ring con le braccia lungo il corpo. A causa di questo errore alcuni lo prendono sottogamba e scambiano per un giocattolo un carro armato vero.
Difetto tra il verbale e il  sostanziale è la sua tendenza alla franchezza. È stato abituato ad un altro mondo, quello degli affari, e non si capacita che in politica conta di più la demagogia e al limite la bugia. E con questo da un lato concede vantaggi agli avversari, dall’altro li considera più scorretti di quanto non siano.
Quando la franchezza incrocia l’abitudine del comando, l’impulsività e la  fiducia in sé, nasce un ulteriore, grave difetto: la tendenza a fare promesse. In perfetta buona fede enuncia progetti che non potrà realizzare, perché la realtà politica italiana è quella che è. I primi che gli metteranno i bastoni fra le ruote sono i suoi alleati: qualcuno ha dimenticato Follini? Le sue promesse dunque non sono mai insincere: ma azzardate sì. E alla fine non è strano che anche gli amici più devoti gli rinfaccino che non si è fatta la riforma della giustizia, che le carriere dei giudici non sono ancora separate, che non si è ancora effettuata la riforma del fisco, ecc. Ciò mentre tutti gli altri da un lato promettono la Luna e dall’altro non scendono mai sul concreto. Berlusconi sembra non avere imparato che non basta la volontà politica di un singolo, dal momento che il sistema è organizzato in modo da realizzare immobilismo. Da questo è nata l’attività a latere della Protezione Civile, con le conseguenze che si sanno. Ma in realtà o si aggirano le regole o non si fa niente. E Scalfari lo accusa per questo di voler divenire un dittatore.
La sua tendenza a comandare – che nasce dalla sua storia personale e dalla sua capacità di rendersi insostituibile – può renderlo antipatico ai suoi e odioso alla controparte. Gli uni infatti sanno che lui ha sempre e comunque l’ultima parola, gli altri hanno la sensazione che, senza di lui, vincerebbero facilmente. E per questo vorrebbero eliminarlo.
Uno strano difetto, che difficilmente si immaginerebbe in uno squalo dell’economia, è l’ingenuità. Berlusconi si considerava un uomo navigato perché aveva creato un impero economico e non sapeva che il mondo politico è dieci, cento volte più infido. Ci ha messo lustri a capire che in politica non esistono amici e non esiste lealtà. Forse non esiste nemmeno la Stella Polare dell’interesse: e infatti Fini, attualmente, pur di danneggiarlo, sta danneggiando ancor più se stesso. Malgrado tante ripetute esperienze, l’uomo di Arcore non riesce a concepire che questo mondo funziona così.
Il Cavaliere ha infine un difetto contraddittorio. Un uomo che abbia realizzato tutto ciò che lui ha realizzato ha certamente una autostima monumentale. Probabilmente in cuor suo considera chiunque incontri un emerito imbecille e per questo, benevolo di natura, parte deciso a perdonare tutto a tutti. Si comporta con l’umiltà di chi dicesse: “Non ti preoccupare, sono uno come te, nulla di più. Vieni, stringimi la mano”. E molti imbecilli credono veramente a questo invito. Si considerano uguali a lui finché il carro armato, che non era affatto un giocattolo, non li fa a pezzi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
21 marzo 2010

I DIFETTI DI BERLUSCONIultima modifica: 2010-03-21T16:07:16+01:00da gianni.pardo
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