IGNORANZA E IRRELIGIOSITA’

Il Corriere della Sera negli scorsi giorni ha offerto due occasioni di riflessione. Giovanni Sartori (1) ha scritto col suo solito stile sbarazzino sull’incultura degli italiani ed Ernesto Galli Della Loggia sull’Italia anticristiana (2). Ambedue dicono cose interessanti ma discutibili.
Scrive Sartori, riportando dati di Tullio De Mauro, che: “il 70% degli italiani è pressoché analfabeta o analfabeta di ritorno: fatica a comprendere testi, non legge niente, nemmeno i giornali. … Perché siamo arrivati, o scesi, a tanto?” Segue l’enumerazione dei guasti della scuola, del nuovismo pedagogico,  del sessantottismo demagogico dei politici e infine delle generazioni di bambini viziati. Effettivamente, lo sconforto della persona colta, di fronte a tante manifestazioni di ignoranza (anche nei giornali e soprattutto in televisione) è comprensibile. Ma esso non tiene conto dei dati reali. Invece di chiederci come siamo “scesi a tanto”, dovremmo cominciare col chiederci come siamo “saliti” a tanto. Il  70% infatti non è composto da veri analfabeti: gli italiani ormai sanno leggere nella loro stragrande maggioranza e le attuali percentuali sarebbero state considerate da sogno ancora cento o cinquanta anni fa. A questo siamo “saliti”. Quel 70% non è dunque composto da persone che non sanno leggere (quanto allo scrivere, spesso non sanno scrivere nemmeno i laureati): è composto da persone che non vogliono leggere. Che non si occupano di nulla che non sia la loro vita concreta.
La nostra società non soffre tanto di analfabetismo quanto di disinteresse verso la cultura, l’arte, i dati di interesse generale. La casalinga reputa sia sufficiente saper leggere le marche dei casalinghi al supermercato. Se poi qualcuno vuole parlarle della distinzione fra sistema proporzionale puro o con premio di maggioranza, sbaglia: da un lato alla casalinga mancano  i dati linguistici e culturali per comprendere il problema, dall’altro non gliene importa niente. Dunque non capirà nulla di ciò che le viene detto. Il prof.Sartori non capirebbe nulla se qualcuno cercasse di spiegargli la differenza fra hard rock e musica heavy metal. Non solo in questo caso è a lui che mancherebbero i dati di base, ma per giunta staccherebbe subito, mentalmente, con questa mannaia intima: “Ma che vuoi che me ne importi!”
La scuola c’entra molto poco, in tutto questo. È vero che essa è decaduta ed insegna meno di un tempo. È come se non facesse imparare nemmeno l’aritmetica: ma la cultura rimane algebra, non aritmetica. Se una donna si è laureata giovanissima e poi non tocca più un libro o un giornale, se insomma non si interessa di dati culturali per i successivi trenta o quarant’anni, con tutta la sua laurea sarà certamente un’analfabeta di ritorno.
L’errore di fondo è credere che la cultura si possa insegnare: in realtà essa non è un bagaglio che si acquisisca una volta per sempre, è una scelta; una passione; un’incontenibile curiosità. Mi parlano del Botswana e mi accorgo di non avere idea di come si chiami la capitale di questo Stato. Se stendo una mano verso un’enciclopedia tascabile o se apro Wikipedia amo la cultura. Non è questione di titoli di studio.
La società dipende, per i suoi comportamenti e per le sue convinzioni da dati molto più costanti di ciò che può variare in un paio di secoli. Tutto questo vale anche per l’eccellente articolo di Ernesto Galli Della Loggia. Anche a prendere per buone le sue argomentazioni, dubitiamo che il Cristianesimo sia in tale perdita di velocità. Non mancano certo le ragioni per criticarlo o addirittura per giudicarlo negativamente: il fatto è che la sua forza non deriva dalle sue proprie ragioni ma dal bisogno che ha l’uomo di credere. Non c’è dunque da preoccuparsi, per le sue sorti future. Rimarrà padrone del campo finché non comparirà all’orizzonte una religione che possa seriamente fargli concorrenza. Del resto, quegli stessi che oggi ne parlano con laica e a volte irridente disinvoltura fanno fare ai loro figli la prima comunione, con annesso ricevimento pressoché di nozze; si sposano dinanzi all’altar maggiore e in totale dicono male della Chiesa e di Dio come quegli adolescenti che da un lato criticano i loro genitori, dall’altro sono pronti a correre da loro in caso di bisogno.
Il contrario della Fede non è l’atteggiamento tiepido, o perfino moralistico nei confronti della Chiesa, oggi tanto frequente: il contrario della Fede è l’ateismo informato e coerente. E i veri atei sono tanto rari da essere paragonabili, come numero, ai teologi.
Non è il caso di piangere né con Sartori né con Galli Della Loggia. La cultura non è mai stata molto diffusa e la religione è un dato ineliminabile dall’anima umana. Che quest’ultima sia una religione più o meno strutturata, che sia cattolica o protestante, è cosa secondaria.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 marzo 2010
(1)http://www.corriere.it/editoriali/10_marzo_22/giovanni_sartori_sconnessi_e_somari_1cbe80ba-3579-11df-bb49-00144f02aabe.shtml
(2)http://www.corriere.it/editoriali/10_marzo_21/della-loggia-italia-anticristiana_c190fd5e-34c3-11df-b226-00144f02aabe.shtml

IGNORANZA E IRRELIGIOSITA’ultima modifica: 2010-03-22T11:55:00+01:00da gianni.pardo
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