I VALORI NON NEGOZIABILI

Si sente spesso parlare – soprattutto da parte del clero – di valori non negoziabili. A quanto pare tutti comprendono di che si parla, ma è il caso di chiedersi che significhi “valore”.
Il Devoto-Oli, al punto 4 del lemma, dà del “valore” una definizione che lascia tramortiti e induce a dubitare seriamente che assolutamente tutti capiscano questo, quando il clero parla di valori. Eccola: “Nel linguaggio filosofico, il termine è generalmente contrapposto al ‘fatto’, in quanto questo è indifferente mentre quello ‘importa’ allo spirito umano (il ‘fatto’ è l’essere, il valore è il ‘dover essere’). La misura di tale importanza oscilla fra la sfera oggettiva  (fino a costituirsi come principio assoluto e universale, specialmente nel campo morale (i supremi valori dello spirito; valori umani, civili, ecc.) e quella soggettiva e pratica, specie nella filosofia moderna, dove si tende a concepire tale soggettività non come arbitrio ma come impegno assoluto, che è insieme affermazione di esistenza, contro l’accettazione passiva delle norme (il rovesciamento o capovolgimento dei valori , nella filosofia nietzschiana”.
Emergendo, ci rivolgiamo ad un dizionario più terra terra (lo Zingarelli) e leggiamo al punto 11: “Ciò che è vero, bello, buono, secondo un giudizio personale più o meno in accordo con quello della società dell’epoca e il giudizio stesso: valori morali, sociali, estetici; rovesciamento dei valori, capovolgimento di tutti i valori | i valori umani, gli ideali a cui aspira l’uomo nella sua vita. | Scala dei valori…”
Per semplificare, saldiamo alcune parole delle due definizioni: il valore è “Ciò che è vero, bello, buono, secondo un giudizio personale”; questo giudizio si trasferisce poi nella “sfera oggettiva  (fino a costituirsi come principio assoluto e universale, specialmente nel campo morale)”. Traduzione: ci sono alcuni che pensano qualcosa (sfera soggettiva) e finiscono con l’imporla alla società intera (sfera oggettiva). Ma che siano autorevoli e numerosi non cambia il fatto che il loro è “un giudizio personale”. Se uno dice che le stelle sono fredde dice una sciocchezza; se lo dicono in cento dicono una sciocchezza; se infine sono mille e impongono questa idea alla società, “sfera oggettiva”, quell’affermazione rimane lo stesso una sciocchezza. Questo fatto è talmente evidente che, per rendere i valori “oggettivi”, coloro che vogliono imporli non si richiamano a se stessi, ma ad un’autorità superiore: Dio. Non dicono: “È quello che pensiamo noi”. Dicono: “È ciò che vuole Dio”.
Rimane però il problema di conoscerla, la volontà di Dio. Nessuno può dimenticare che, per avere le Tavole della Legge, Mosè salì sulla vetta del Sinai e fu oscurato da una nube: il suo contatto con Dio rimase nascosto alla folla. Gli ebrei non videro Dio e non udirono la sua voce, ebbero da fare solo con il patriarca che diceva: “Dio mi ha detto questo”. Ma che gliel’avesse detto nessun altro poteva testimoniarlo: bisognava credergli sulla parola.
La situazione non è cambiata: quando il clero e il Papa ci parlano della volontà di Dio, di fatto ci dicono la loro volontà. Affermano che essa corrisponde alla volontà di Dio ma questa corrispondenza dipende sempre dalla loro testimonianza. La nuvola del Sinai non si dirada. Sicché in fin dei conti la loro affermazione suona così: “È così perché ve lo diciamo noi”.
Qualcun altro, meno religioso, fa però notare che spesso i valori corrispondono all’interesse della specie, questo sì oggettivo. Per esempio, l’ostilità all’aborto nasce dall’istinto di sopravvivenza della specie. Se, per ipotesi, tutte le donne abortissero, l’umanità si estinguerebbe nel giro di un secolo. Ma questi valori sono sì o no negoziabili?
Negoziabile significa “discutibile”, “che può essere oggetto di contrattazione”, e per l’istinto è sicuramente così. Non solo l’uomo da sempre si vanta molto della sua capacità di dominarlo – e reputa lo stupro un crimine orrendo – ma mentre pensa che i bambini non devono essere maltrattati (sono “la vita” del futuro), reputa che l’aborto nel primo periodo di gravidanza rientri nei diritti soggettivi della donna. Lo stesso per la libertà sessuale, che non è certo ciò che fu nel Seicento, e il discorso potrebbe proseguire per la pena di morte, per la cura del dolore, l’eutanasia, la morte cerebrale, l’ingegneria genetica, ecc. Tutti campi in cui si discute, si riformano le leggi, si negozia eccome.
In totale i “valori non negoziabili” non sono affatto oggettivi: sono soltanto i valori che la Chiesa vuole imporre a tutti. Ognuno può anche condividerli, ma riconoscendo da un lato che non sono oggettivi, dall’altro che la società moderna li negozia ogni giorno.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
24 marzo 2010

I VALORI NON NEGOZIABILIultima modifica: 2010-03-24T10:28:00+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “I VALORI NON NEGOZIABILI

  1. Pardo Lei sta diventando veramente… monotono!
    non Le si può più obiettare niente perché nelle sue argomentazioni c’è già un ventaglio di risposte a domande non più formulabili.
    ecchecavolo! e le belle risse di una volta?
    saluti e … complimenti!

  2. Caro Gianni, mi devo levare tanto di cappello al suo argomentare perché come un giocoliere è capace di forzare con nessi logici tutto il castello del ragionamento in funzione di ciò che vuole dimostrare. Dare un significato al “valore” solo con le fredde definizioni del vocabolario è un po’ restrittivo, la nozione di valore, già tipica della scienza economica ha sostituito nell’uso filosofico quello di bene e, lungi dal farne una dissertazione filosofica non essendone peraltro capace, vorrei evidenziare due mie personalissime osservazioni sul cardine di tutto il suo ragionamento
    a) soggettivamente-assume valore ciò che il soggetto desidera e vuole per cui in sé l’oggetto o il fatto non ha “valore” ma lo ha in quanto viene assunto a “fine” e quindi a “bene”
    b) oggettivamente- si parla di un “mondo di valori”, del “valore” quando si ritiene esistano leggi, principi, siano essi conoscitivi morali o estetici, che “valgono” in sé indipendentemente dal soggetto individuale e che hanno una validità universale, cioè devono valere per tutti di diritto anche se non di fatto
    Al sempre piacere di leggerla
    Ivana

  3. Gentile Ivana,
    per il punto sub b), quando si sostiene che certi principi “valgono in sé”, si fa un’affermazione azzardata e, quel che è peggio, indimostrabile. È sempre un individuo che la sostiene, perché così pensa lui: ma se per un altro quei principi non valgono, non valgono più in sé e si rivela la loro natura di opinioni. A pensa in un modo, B pensa in un altro modo. Non è più complicato di così.

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