FINI NON HA SAPUTO ASPETTARE

L’ambizioso vuole arrivare in alto, anche quando non ha i meriti necessari, e questo ha creato una cattiva fama all’ambizione. Ma è anche vero che, senza ambizione, neanche un genio giunge in alto: l’umanità non va in cerca di mammole nascoste. Dunque quella caratteristica va più apprezzata che condannata. Ma la scalata del successo segue regole diverse e flessibili. C’è quando bisogna imporsi risolutamente e quando bisogna far finta di rifiutare la carica, quando bisogna apparire amabili e quando bisogna apparire temibili. Il grand’uomo non raramente è un maestro nello scegliere la tattica giusta, ma per farlo deve avere una forza straordinaria: quella di dominare perfino la propria ambizione.
Gianfranco Fini è un grande politico e lo dimostra la sua storia personale. L’indicazione di Giorgio Almirante, che lo impose, si dimostrò una felice intuizione: se il giovane fosse stato uno che l’aveva data a bere, se la sua ascesa fosse stata un equivoco, non sarebbe durato così a lungo.
Il problema è che la sua ambizione è più forte di lui ed ha una connotazione di brutalità. Nei lunghi anni in cui è stato Segretario è riuscito ad inimicarsi un po’ tutti quelli che gli stavano vicino. Il suo piglio è sempre stato brusco e imperativo: quello di un Capo che non accetta contestazioni e nemmeno consigli. Ma la sorte, che gli ha elargito tanti successi, è stata cattiva con lui in un’altra direzione.
Il posto di ognuno di noi, nella realtà, è determinato anche dai compagni di viaggio. Non è escluso che, fra i generali di Napoleone, ce ne fosse uno particolarmente dotato in tattica: ma dal momento che in quel momento comandava il piccolo Corso, e dal momento che era eccezionale proprio in quel campo, come emergere? Michael Haydn non è stato un cattivo musicista, ma come farsi conoscere, quando si ha un fratello di nome Joseph? E il povero Leopold Mozart sarà mai ricordato per altri motivi che quello di essere il padre di Wolfgang Amadeus?
La sfortuna di Fini si chiama Silvio Berlusconi. Questo homo novus, che non aveva mai fatto politica, da un giorno all’altro ha occupato il centro della scena, inanellando una serie di inossidabili successi che a Gianfranco avranno fatto l’effetto che fa a Paperino l’immutabile e straordinaria fortuna di suo cugino Gastone. Fini è stato costretto ad ammettere che in tanto avrebbe potuto avere anche lui la sua parte di fortuna in quanto si fosse associato a questo straordinario campione. È quello che ha fatto, ma l’ha fatto contraddicendo la sua natura: nato per essere il numero uno, da tre lustri è costretto a fare il numero due, e per giunta un numero due in condominio con altri, di nome Casini o Bossi. Un tormento.
Se il nostro capo è insostituibile, se merita quel rango, la cosa migliore che possiamo fare è stimarlo e collaborare lealmente, aspettando che venga il nostro momento, se mai verrà. Infatti l’impazienza e la fronda non ci favoriranno: sia perché il capo potrebbe tagliarci l’erba sotto i piedi, sia perché il nostro atteggiamento potrebbe impensierire coloro che dovrebbero poi favorirci nella successione. Purtroppo Fini non è più forte della sua ambizione. Pur avendo accettato l’alleanza con Forza Italia, pur avendo accettato la fusione nel Pdl, pur avendo accettato la carica di Presidente della Camera dei Deputati – che certo non gli è stata imposta come una penitenza – non si è rassegnato alla perdita di rilevanza e di visibilità che una carica istituzionale comporta. Ha cominciato a scalciare, peggiorando la sua situazione fino al momento attuale, in cui rischia il suicidio politico. In caso di elezioni anticipate, sarebbe ridimensionato ai livelli di uno Storace o poco più.
Il suo grande torto è quello di non avere capito che, accanto ai grandi meriti, accanto alla grande ambizione, bisogna avere la grande capacità di aspettare il proprio momento. Se l’avesse fatto, e se oggi improvvisamente fosse venuto a mancare Berlusconi, in molti avremmo pensato che lui era la persona più adatta a prenderne il posto. Invece dopo i suoi scarti, le sue impuntature, i suoi dispetti, la sensazione è che Fini sia più alto di quanto sia grande.
Forse questi comportamenti, poco produttivi per lui, sono stati produttivi per l’Italia: l’hanno avvertita delle reali dimensioni dell’uomo.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
17 aprile 2010

FINI NON HA SAPUTO ASPETTAREultima modifica: 2010-04-17T15:46:17+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “FINI NON HA SAPUTO ASPETTARE

  1. Premetto che non ho ancora parlato con Fini (!) e quindi non conosco le sue reali intenzioni.
    Però, se io fossi l’assistente del “costruttore” Gian Lorenzo Bernini forse aspirerei a prenderne il posto, ma se fossi l’assistente del costruttore Caltagirone, qualche osservazione ad alta voce me la concederei …

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