FINI: LA DOMANDA GIUSTA

Nelle infinite discussioni provocate dal comportamento del Presidente della Camera, nei mesi recenti, la domanda cui tutti hanno cercato di dare una risposta è stata: “Dove vuole andare Gianfranco Fini?”
Il quesito è divenuto ancor più pressante oggi, cioè nel momento in cui si reputa che si sia conclusa una fase ma non si sa quale si stia aprendo. E tuttavia non è detto che quella sia la domanda giusta.
Fino ad ora, alle punture di spillo, ai distinguo e al continuo controcanto non seguiva nessuna azione concreta: la discussione era accademica. Oggi le cose sono cambiate e l’interrogativo non deve più essere “Che cosa vuole fare Fini?”, ma “Che cosa può fare Fini?”
Nel momento in cui si dichiara una guerra l’intenzione di tutti i partecipanti è quella di vincere, ma l’attenzione degli osservatori si concentra sulle forze in campo: quanti mezzi corazzati, quante navi, quanti aerei?
Nel caso presente tutto si riduce a sapere quanti deputati e quanti senatori sono disposti a seguire il Presidente della Camera. Finché non sarà stato chiarito questo punto sarà inutile stare a discutere. Forse proprio a questo servono le famose quarantotto ore di cui si è parlato: a fare la conta, dal lato di Fini come dal lato di Berlusconi. Sono i terzi, i “peones”, cioè i semplici parlamentari, quelli che decideranno. Magari votando con i piedi, cioè andando con l’uno o con l’altro.
A questo riguardo bisogna subito sgombrare il terreno da un’illusione. I peones non decideranno sulla base della validità delle obiezioni di Fini, ma sulla base delle conseguenze sul loro personale futuro. “Nel 2013, se non sarò sostenuto dal Pdl, quante probabilità avrò di essere rieletto?”, “Se Fini riuscisse a rovesciare il governo e a formarne un altro, che posto vi avrei io, a me che cosa darebbe?”
È per tutte queste ragioni che l’iniziativa di Fini continua a lasciare perplessi. Berlusconi il potere l’ha già ed è in grado di dispensare favori, Fini no. Non parliamo poi dei maggiorenti ex An, oggi capigruppo o ministri: quale follia dovrebbe spingerli a lasciare il certo per l’incerto?
Purtroppo se si vuole capire la storia bisogna sempre lasciare largo spazio alla stupidità e alla follia. Per questo bisogna aspettare la fine delle quarantotto ore, quando si potranno contare le forze in campo e sapere se Gianfranco Fini è un visionario, un profeta capace di spingere lo sguardo lontano come nessun altro, o è solo un frustrato rancoroso che, pur di fare un dispetto a chi magari l’ha beneficato, è disposto a danneggiare se stesso e chi gli va dietro.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 aprile 2010

FINI: LA DOMANDA GIUSTAultima modifica: 2010-04-16T11:14:43+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “FINI: LA DOMANDA GIUSTA

  1. Potrebbe anche essere che Fini voglia onorevolmente distinguersi dai “Talebani Italiani” tra i quali si è ritrovato …

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