STRACQUADANIO, BOFFO E FELTRI

Il deputato Giorgio Stracquadanio, accusato da più parti di avere invitato ad usare, contro Giancarlo Fini, il “metodo Boffo”, cioè una campagna di diffamazioni e calunnie, si difende oggi sul Corriere della Sera (1). Purtroppo, come avvocato di se stesso lascia a desiderare.
Sfonda una porta aperta parlando della “lunga tradizione dell’insulto politico”, ma si serve di argomenti non sempre efficaci.  In primo luogo, sembra accettare che Boffo sia stato vittima di ingiuste diffamazioni: tanto da stupirsi che l’Avvenire gli abbia tolto l’incarico di Direttore. E dimentica alcuni elementi essenziali.
Boffo non è stato calunniato: Vittorio Feltri ha rivelato che era stato condannato per molestie. Lo stesso interessato ha aggravato la sua posizione cercando di non rivelare nulla, neanche l’innegabile verità, fino a far montare la curiosità e il sospetto ai massimi livelli. In realtà, il fatto che sia stato condannato è innegabile e rivelarlo non è una calunnia: “Il Giornale” ha pubblicato fotocopia dei documenti. In secondo luogo, sulla base di un documento apocrifo, Feltri ha insinuato il sospetto che l’episodio che ha condotto alla condanna fosse un problema fra omosessuali e questo non è risultato dimostrato: cosa di cui Feltri ha chiesto scusa, commettendo a sua volta un grave errore. Neanche lui dispone di buoni avvocati.
Infatti avrebbe dovuto rispondere: “Io ho avuto un’informazione sbagliata, ma voi che vi battete un giorno sì e l’altro pure per la totale uguaglianza e dignità degli omosessuali, perché reputate diffamatoria o addirittura calunniosa l’ipotesi che Boffo sia omosessuale? Io non ho nulla di cui scusarmi, perché non l’ho accusato di nulla d’infamante. Se poi l’Avvenire, per motivi religiosi, dato che l’omosessualità praticata per la Chiesa è un peccato, ha ritenuto di licenziarlo, non sono affari miei”.
Feltri non solo ha chiesto scusa per il motivo sbagliato, ma ha anche dimenticato la lezione di un personaggio televisivo (della serie NCIS), secondo cui “chiedere scusa è segno di debolezza”, e si può fare solo tra amici. E un famoso proverbio inglese intima: “never complain and never explain”, non vi lamentate mai, non spiegate (non chiedete scusa) mai. Infatti tutti ormai dicono: “Boffo è una vittima e Feltri ha riconosciuto di avere sbagliato: tant’è vero che ha chiesto scusa”. Ma veramente non ha nemmeno un amico avvocato, il brillante Vittorio?
Di Giancarlo Pajetta, Stracquadanio dice che “non ha risparmiato la violenza verbale”. E fa sorridere. Si vede che questo deputato è giovane o non ha buona memoria. I fratelli Giuliano e Giancarlo Pajetta non erano famosi per la violenza verbale, erano famosi perché, alla prima occasione, saltavano i banchi di Montecitorio per venire alle mani con gli avversari politici. “I fratelli Pajetta dànno inizio al pugilato” era un classico di quei tempi.
Stracquadanio cita poi Fortebraccio, il famoso corsivista dell’Unità, il quale, oltre ad essere autore, come lui dice, di “insulti sarcastici” scrisse una volta, a proposito del segretario dello Psdi: «Si aprì la porta e non entrò nessuno: era Cariglia». Bella battuta. Peccato che nessuno abbia saputo rispondergli: “Lei non è capace di spiritosaggini nuove e le copia. Questa è di Churchill a proposito di Attlee. E la porta era quella di un taxi, da cui scendeva il nuovo Premier”.
Rimane confermato che in materia di contumelie e calunnie il centro-destra ha ancora e sempre molto da imparare.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
23 agosto 2010
(1)http://www.corriere.it/editoriali/10_agosto_23/la-lunga-tradizione-dell-insulto-politico-giorgio-stracquadanio_ca707662-ae75-11df-92e9-00144f02aabe.shtml

STRACQUADANIO, BOFFO E FELTRIultima modifica: 2010-08-23T12:31:27+02:00da gianni.pardo
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