IL FUTURO DELLA FIAT E L’INTERVISTA DI EPIFANI

Qualche giorno fa, forse alla radio, abbiamo sentito Sergio Marchionne dire che la Fiat non ha ancora deciso se investirà in Italia o altrove. Salvo errori, si parlava della strabiliante cifra di venti miliardi di euro. Circa trentottomilasettecento miliardi di lire: abbastanza per cambiare, in bene o in male, il futuro industriale dell’Italia. La decisione della Fiat però dipende da un accordo con tutti i sindacati. Purtroppo la Cgil, e soprattutto la Fiom, non sono disposte a sottoscrivere questo accordo.
Intervistato da Repubblica (1), Guglielmo Epifani ha detto: “Fino a pochi anni fa Marchionne era un uomo del dialogo, oggi è un  uomo solo al comando. … “La Fiat dice ai sindacati: ‘Mi dovete dire sì, poi vi dico per fare cosa’. È un discorso che non ha senso. A Pomigliano sono stati fatti degli errori da parte della Fiom, ma la Fiat doveva agire diversamente. Doveva coinvolgere noi. E poi, si può derogare su molte cose, non sui diritti fondamentali: quelli non si toccano”.
Per discutere adeguatamente di questo problema bisogna fare un esempio. Immaginiamo che una nave affondi e un naufrago isolato sia avvistato da un peschereccio. Il proprietario del peschereccio, riconoscendo nell’uomo in mare un miliardario, gli dice che è disposto a tirarlo a bordo e a salvarlo solo se prima gli regala l’anello col diamante del valore di un miliardo di euro che ha al dito. Il naufrago risponde che la legge del mare, una di quelle che “non si toccano”, impone di salvare gratuitamente i naufraghi. Il pescatore si mette a ridere e gli suggerisce di “salire a bordo della legge del mare e farsi portare in porto da essa”.
Sappiamo che il passaggio su un peschereccio non costa moltissimo. Se qualcuno, pur di partecipare ad una battuta di pesca, offrisse mille euro, i pescatori se lo contenderebbero. Ma questo nel porto. Se il dialogo si svolge in mare e per uno il mancato accordo si traduce nell’annegamento, le cose cambiano. Certo, il malcapitato potrà dire che il proprietario del peschereccio è un fior di gaglioffo. Un bastardo e un ricattatore. Ma non c’è dubbio: la cosa migliore da fare è consegnare l’anello e farsi tirare su.
Epifani quando parla di “diritti fondamentali, quelli che non si toccano”, ricorda il naufrago che parla di “legge del mare”. Se la Fiat porta la sua produzione all’estero che cosa fanno gli operai, si fanno dare la paga dai diritti fondamentali?
Il momento economico attuale può essere compreso solo tenendo conto di un fattore nuovo e immodificabile: l’impresa, se è abbastanza grande e non ha ancora investito, può facilmente andare a produrre altrove. Nessuno può trattenerla. Viceversa gli operai che abitano in un determinato Paese non possono andare in massa ad abitare altrove. Fra l’altro, se gli operai si spostassero, poniamo, in Slovenia, riceverebbero lì una paga che è una frazione di quella italiana e dunque il viaggio sarebbe inutile.
Tutto quello che i sindacati potrebbero e dovrebbero fare è ottenere il massimo nelle condizioni attuali. Il naufrago potrebbe dire: io tengo a quell’anello e ve lo do a garanzia del pagamento di ottocento milioni di euro quando saremo a terra. Chissà, il pescatore potrebbe anche accettare.
Prima della globalizzazione gli operai avevano il controllo della situazione. “O in fabbrica si fa come diciamo noi, o l’impresa chiude”. Oggi il principio è divenuto: “O si fa come dice l’impresa, qui, o si farà come dice l’impresa, ma altrove”.
L’errore della Cgil è di continuare a credere ai miti del passato. Epifani condanna gli eccessi della Fiom a Pomigliano ma non la sconfessa. Marchionne, dice,  di quegli errori avrebbe dovuto parlare con la Cgil. E perché? Se erano errori, la Cgil aveva bisogno di qualche stimolo, per muoversi? E comunque, quali provvedimenti avrebbe preso, qualche buffetto e gli occhiacci?
Comprendiamo che Epifani sia tra l’incudine e il martello. Da un lato la sua intelligenza gli dice di non avere argomenti contro la Fiat, dall’altro non può fare marcia indietro, perché sarebbe sconfessato dalla sua base. Ma lo stesso quel che dice non ha senso. Lottare contro la realtà è come contestare la Tavola Pitagorica.
Marchionne invece sembra credere nell’aritmetica. Se spende dieci e guadagna più di dieci, bene; se no niente. E se continuerà a basarsi sui numeri, l’Italia sindacale ha poche speranze. Se invece quel dirigente Fiat cambiasse opinione, significherebbe soltanto che i sindacati hanno vinto ancora una volta e che lo scotto lo paga il contribuente.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
8 ottobre 2010
(1)http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?articleFormat=pdf&currentArticle=UGOQ9

IL FUTURO DELLA FIAT E L’INTERVISTA DI EPIFANIultima modifica: 2010-10-08T09:08:14+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “IL FUTURO DELLA FIAT E L’INTERVISTA DI EPIFANI

  1. Spero che almeno se trasferiscono tutto all’estero poi abbiano il pudore di non chiedere per l’ennesima volta incentivi statali “per salvare i posti di lavoro delle famiglie italiane”, ma qualcosa mi dice che non ce l’avranno…

  2. Caro Pardo, ogni tanto la Fiat ritorna!
    L’aspetto della pura difesa dei diritti è molto stimolante, ma porterebbe contemporaneamente lontano e da nessuna parte.
    Il salvifico investimento promesso da Marchinne, invece, è aritmetica interessante.

    La sitazione patrimoniale di un gruppo tanto grande è (volutamente) intricata.
    Ho letto i due ultimi bilanci pubblicati sul sito FIAT e due dati sono macroscopici: su scala annua FIAT pagherà oltre 2 miliardi di euro per interessi alle banche e l’utile netto è circa il 4% del ricavo. Inoltre gli asset aziendali (l’azienda) valgono circa 15 miliardi.
    Anche ipotizzando tassi a livelli di usura, FIAT ha debiti verso le banche, quindi, di almenno 20 miliardi di euro, cui aggiungere i 4 miliardi promessi alla data dello spin-off di settembre.
    Se investisse 20 miliardi in Italia, Fiat arriverebbe ad un debito di 44 miliardi di euro (!!), tre volte i suoi assets.
    Poi, per raggiungere il pieno controlo di Chrysler, dovrà pagare ulteriori (parecchi) miliardi di dollari.
    Dove prenderli? in Borsa? Se producessereo un motore ad acqua… forse.
    Marchionne punta a vendere 6 milioni di auto all’anno (Fiat + Chrysler); se ottimisticamente immaginassimo 1000 euro di guadagno netto per auto venduta, ci vorrebbero 8/10 anni per sanare il solo debito.
    Punta su Marchionne?

  3. Io, puntare su Marchionne? Io che non so niente nemmeno di ciò che scrive lei? Io punto sull’aritmetica e non vorrei che lo Stato italiano desse ancora soldi alla Fiat. Nient’altro. E devo dire che non me ne importa molto neppure se migliaia di operai rimangono disoccupati, perché per troppo tempo hanno dato retta a chi li ingannava per propri scopi politici. E può anche avvenire che si paghi per la propria stupidità. Mi dispiace solo per coloro che hanno tentato di evitare la catastrofe, prendendosi anche gli insulti e le minacce dei dementi.

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