LA CINA È COMUNISTA?

Se, per essere in un certo modo, bastasse auto-assegnarsene la relativa qualifica, le repubbliche dell’Est europeo che, sotto Stalin, si autodefinivano “democratiche”, sarebbero state democratiche. Avrebbero avuto una stampa libera e libere elezioni. Dunque per stabilire se la Cina sia o no comunista bisogna stabilire che significa essere comunista.
Il comunismo di Marx era un tale stadio di perfezione sociale che perfino quelli che in esso credevano lo rinviavano ad un lontano futuro. Seguendo la teoria bisognava passare da un completo sviluppo della borghesia, autrice della rivoluzione del 1789, alla rivoluzione proletaria la quale non avrebbe condotto al comunismo – stadio finale e perfetto – ma al socialismo: uno stadio intermedio e di preparazione. Infatti lo Stato si chiamò Unione delle Repubbliche Socialiste – e non comuniste – Sovietiche.
Storicamente bisogna prendere in esame non il comunismo di Marx ma il socialismo come l’intendevano i comunisti. Esso si distingueva dal socialismo occidentale perché questo è molto attento alle istanze sociali delle classi meno abbienti ma non mette in discussione il modello di produzione e di società. Non rinnega né l’economia di mercato né il regime democratico. Invece il “socialismo reale”, mediante l’ultima rivoluzione, quella del quarto stato, ha voluto creare, in un quadro di dittatura, un’economia capitalistica di Stato.
La parte più facile da realizzare è stata, dovunque, il mutamento di regime politico. Non nel senso che tutto il potere andasse al popolo e alle sue assemblee (soviet), ma nel senso che qualcuno si è dichiarato interprete unico del proletariato, i cui interessi ha perseguito con la forza (Lenin, Stalin). La cosa è stata necessaria perché, già ai primi provvedimenti, il popolo ha reagito con rabbia e con la tendenza a ribellarsi.
Qui bisogna intendersi. Le buone intenzioni non giustificano tutto. Se per far divertire un amico lo trasciniamo in un cinema e l’incateniamo alla poltrona, avremo lo stesso commesso il reato di violenza privata o addirittura sequestro di persona. Far del bene è cosa lodevole ma il beneficato deve essere d’accordo. A meno che…
E qui arriva l’immenso “a meno che” della sinistra. I rivoluzionari hanno pensato che il popolo è troppo ignorante per capire la dottrina comunista e che certi provvedimenti sono per il suo bene. E allora, con atteggiamento paterno ma severo, i capi li hanno imposti con la forza, come le mamme impongono una medicina ai bimbi malati. Il risultato di questa convinzione tra l’aristocratico e il religioso è che i Paesi del socialismo reale si sono tutti, assolutamente e sempre, trasformati in dittature. Quando una teoria non postula e non richiede l’approvazione popolare – quando è una religione come il comunismo in U.r.s.s. o l’Islàm nell’Iran attuale – si passa alla dittatura.
La Cina è comunista? Sicuramente no dal punto di vista economico: oggi in quello sterminato Paese impera il capitalismo più sfrenato. La Cina è molto meno comunista dell’Italia. Era comunista quando Mao imponeva quei modelli produttivi che hanno fatto morire di fame decine, forse centinaia di milioni di cinesi: ma una società che produce ed esporta un’enorme quantità di beni non è certo comunista.
Rimane da vedere se sia comunista dal punto di vista politico. Qui la risposta è sfumata. Da un lato non è comunista perché non tende affatto alla società sognata da Marx; dall’altro è comunista perché è una dittatura che conserva, come tutti i Paesi del socialismo reale, l’idea di fare il bene del popolo con la forza. I suoi dirigenti, con Deng Xiao Ping, si sono resi conto che l’economia marxista conduce alla miseria e per questo hanno capito che chi vuole condurre il popolo verso una più grande prosperità deve rinunciare all’economia marxista. Ma non hanno visto alcuna ragione per cambiare la struttura del comando: la polizia, il carcere per i reati d’opinione, la mancanza di libertà di stampa, di elezioni, di democrazia: e questo è essenziale nella mentalità comunista.
Anche nell’Occidente libero il vero comunista si considera sempre molto, molto più intelligente, benefico, colto, saggio e lungimirante degli altri. E per questo, oltre a disprezzare tutti, è pronto ad imporre il proprio punto di vista con la forza. Quando non può farlo, opera col disprezzo, l’emarginazione, la character assassination. Ancora oggi in Italia chi non è di sinistra è facilmente definito ignorante, idiota, servo e criminale. Una sorta di fanatico del male in sé cui si può solo accordare l’esimente dell’infermità mentale.
In questo senso la Cina è comunista. Dovunque siano riusciti ad agguantare il potere con la forza (o col trucco, come nella Cecoslovacchia del 1948) i dirigenti di sinistra si considerano talmente superiori al resto dei compatrioti da non chiedere mai il loro parere sul modo di guidare il Paese.
Dio ci protegga da chi vuol fare il nostro bene.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
10/10/10
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LA CINA È COMUNISTA?ultima modifica: 2010-10-10T18:43:43+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA CINA È COMUNISTA?

  1. Sono spiacente di non avere nessuna contestazione disponibile, al momento.
    Inizialmente i comunisti postulavano: “il popolo è troppo ignorante per capire la dottrina comunista”.
    Vistisi storicamente sconfitti, a partire dagli anni ’90 in Italia hanno corretto il postulato in “il popolo e’ troppo sedotto mediaticamente per apprezzare la dottrina comunista”.
    Rimedio ? Prendere il quasi totale controllo della televisione di stato per tentare una opposta seduzione mediatica, questa volta a loro favore, come per esempio Samarcanda, RaggioVerde, Annozero, Tg3, Ballarò ecc ecc.
    E come ? Ce lo ha spiegato Pardo stesso in un recente articolo a proposito della RAI, che almeno mezza Italia odia o irride, ma va pagata per forza di legge come se fosse un servizio pubblico.
    Forza, appunto. Il comunismo non ha mai avuto successo per adesione spontanea se non nel breve momento delle rivoluzioni.

  2. A Yalta si stabilì che l’Italia avrebbe dovuto far parte del sistema occidentale e come tale non sarebbe stata permessa la rivoluzione proletaria. Quindi Togliatti si preparò ad intraprendere la via democratica alla presa del potere. Una strada molto lunga e dato che anche lui credeva nell’assoluta incapacità del popolo,mise le mani subito sugli intellettuale ed artisti,sugli studenti universitari in lettere e in giurisprudenza. Quindi sui futuri insegnanti e sui futuri magistrati.

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