LA TERZA FUNZIONE DEL LINGUAGGIO

Si pensa normalmente che l’uso corretto della lingua serva in primo luogo alla chiarezza del messaggio e poi a manifestare il buon gusto di colui che si esprime. Ma c’è una terza funzione: facilitare i rapporti sociali. Se si evitano le espressioni volgari e brutali (“Ma sei cretino?”), si evita anche la lite.
Ma a volte non basta: rimane il problema di non ferire il prossimo. Quando richiede il nostro parere qualcuno che ha grande fiducia in noi, come dirgli semplicemente: “Hai torto”? È particolarmente doloroso vedersi condannare da un amico stimato. In questi casi bisogna aggirare l’ostacolo: “Capisco perfettamente il tuo punto di vista. E probabilmente hai ragione. Ma proviamo anche a vedere il punto di vista del tuo avversario. Dunque, lui sostiene…” Non è detto che alla fine non lo si conduca, quanto meno, ad ammettere: “Certo, se la vediamo così…”
Indimenticabile il caso di una persona di grande gusto che fu richiesta da un amico d’infanzia, incontrato per caso, di dare un giudizio sui suoi dipinti: che si rivelarono immediatamente orribili croste. Quel dilettante non aveva nemmeno l’idea dell’esistenza di una tecnica pittorica, del buon gusto, dei colori, di nulla. Un totale disastro. L’intellettuale – pure intimamente disperato – riuscì a cavarsela con una lode: “Nei tuoi quadri c’è una grande qualità: la sincerità. Tu non cerchi nessun artificio. Non fingi di avere una tecnica: dipingi col cuore, spontaneamente, e il tuo quadro corrisponde esattamente a ciò che volevi fare ed hai fatto”. Il “pittore” fu felice, mentre il significato di: “ciò che hai fatto”, agli occhi del critico, era: “un orrore”. Ma l’incontro finì con un fraterno abbraccio.
Un accorto uso della lingua può conciliare la benevolenza e la verità.


Gianni Pardo

LA TERZA FUNZIONE DEL LINGUAGGIOultima modifica: 2010-12-04T13:59:00+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “LA TERZA FUNZIONE DEL LINGUAGGIO

  1. Verissimo. In culture distanti dalla nostra il fenomeno è credo ancora più pronunciato.
    Ad esempio, il neo-confucianesimo alla base della cultura coreana prescrive di non cercare lo scontro, ma essere sempre e comunque accomodanti. Fatto che davvero, a volte, risulta estremamente odioso, perché tende a fermarsi lì e non a proporre qualcosa. Si arriva così ad un binario morto.

    Credo che da noi si cerchi di non essere “cattivi”, ma le cose si tenda a dirle in faccia, in un modo o nell’altro.

    In Finlandia, invece, mi sembra si sia a metà strada, con moltissimo rispetto per l’opinione della persona, ma specialmente una lodevole inclinazione al suggerimento su come migliorare (perlomeno, secondo l’ascoltatore).

    Grazie comunque dell’esempio pratico, che non mancherò di utilizzare con il mio amico che ha “scoperto” la fotografia e dopo un mese si crede un genio.

    Mi scuso per la frammentarietà del commento.
    Eddy

  2. La franchezza è assurda. A una donna che chiede: “Come sto?” nessuno, che sia sano di mente, può rispondere: “Sei brutta come sempre, comunque ti vesti”, anche se è quello che pensa.
    Dunque bisogna smetterla con questa ingenua tiritera della franchezza. Un uomo beneducato dice la verità, quando può dirla, senza ferire nessuno. La cortesia non è ipocrisia, e comunque, al limite, meglio l’ipocrisia della crudeltà.

    Hanno ragione i finlandesi, se sono come dice lei. E in generale gli orientali, che sono più educati di noi.

  3. ” Mentire per necessità è sempre perdonabile. Ma chi dice la verità senza esservi costretto non merita alcuna indulgenza.” ( Karl Kraus )

  4. Caro Eduardo, chissà quanti rischi avrà corso, in vita sua, se crede a questo punto che la gente sia capace di apprezzare (ma soprattutto di capire) i paradossi!

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