LA FAMA DELLO SCRITTORE

Che rapporto ha un autore con i suoi lettori? Chi scrive si rivolge al pubblico: una sorta di grande, imparziale amico il quale paga, gode di quello che è stato prodotto e dice grazie. L’autore non riconosce come pubbli­co nessuna persona in particolare. Il pubblico è simile alle statue dei santi: ogni statua di San Giorgio rappresenta San Giorgio, ma San Giorgio non è nessuna di esse. Ogni singolo membro del pubblico è un seccatore, come gli ammiratori degli attori cinematografici quando assediano i loro beniamini. Al contrario, gli ammi­ratori tutti insieme hanno un valore quasi divino.
C’è sul giornale che leggo la foto di un autore, forse un critico, dalla faccia pensosa e intelligente, che mi guarda da una finestra, con una tazza di tè in mano. Un essere umano di cui non so nulla ma abbastanza importante perché il mio giornale gli dedichi un artico­lo, molto probabilmente postumo. Non ho ragione di dubitare del valore di quest’uomo. Quello che m’interessa, a poche ore di distanza, è che non ricordo come si chiama, che cosa abbia scritto e perché la sua fotografia stesse lì. Il contatto fra quest’uomo e me e stato così breve e superficiale, che in fondo è come se non ci fosse stato. Egli ha vissuto rivolgendosi ad un pubblico del quale faccio parte e, se con me non ha avuto successo, l’ha certamente avuto con gli altri; un successo abbastanza grande, anzi, perché il mio giornale lo celebri. Dunque questo signore con la faccia pensosa e la tazza in mano avrebbe tutto il diritto di disinteressarsi di me. Quanto al mio diritto di disinteres­sarmi di lui, è addirittura origina­rio: lui ha scritto perché io legges­si, io non sono certo nato per leggere i suoi scritti.
Ma se il pubblico è un’entità soprattutto astratta (siamo proprio sicuri che, oltre alle sue statue, esista San Giorgio?), nasce il problema se il pubblico, a parte le royalties, non sia un elemento immaginario della vita dell’autore. Se un padre ricco e amoroso avesse un figlio con ambizioni d’autore, potrebbe benissimo fargli credere che le sue opere vanno a ruba, mostrargli prima cataste di libri stampati da vendere e poi dirgli che sono esauriti. Riguardo al disinteresse delle persone concrete che il figlio incontra nella realtà potrebbe dirgli: “Che te ne importa? Non ti hanno capito. T’invidiano. Sono snob. Quello che conta è il pubblico”.
Il pubblico è effettivamente l’unica conferma che conta. Tuttavia poiché – a parte le statistiche – è una pura consapevolezza dello scrittore, la conferma può essere sostituita, se non dalla semplice immagi­nazione, dalla convinzione che i posteri capiranno quello che i contem­poranei non capiscono. E si arriva al patetico, se non al paranoico.
Per lo scrittore la soluzione è compiere un ultimo passo: fare a meno del pubblico. Il signore con la tazza non è riuscito a farsi ascoltare da me, io non riuscirò certo a farmi ascoltare da lui. Siamo dunque pari. Quanto ai molti, da cui lui è riuscito a farsi ascoltare e io no, che me ne importa? Con la mia pensione posso vivere di rendita. In tutto uguale ad un autore famoso che riceve tanto denaro da quello che ha già scritto da non avere più bisogno di scrivere. E allora, quando ho voglia di scrivere, posso farlo con fiducia: il mio pubblico, essendo puramente immaginario, è entusiasta d’ogni mia riga. Ché se poi non ho più voglia di continuare, posso smettere: anche il mio silenzio – promessa di futuri capolavori – è rispettato dal mio pubblico.
Ecco perché mi presento sul prosce­nio e ringrazio: grazie, basta così, grazie, non applaudite più, grazie, grazie.
Da un testo dei primi Anni Novanta, prima ancora di avere un blog.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
8 febbraio 2011

LA FAMA DELLO SCRITTOREultima modifica: 2011-02-08T09:51:16+01:00da gianni.pardo
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