THYSSEN, CHE COS’È IL DOLO EVENTUALE


I penalisti sanno bene che normalmente i magistrati, nel calcolare le pene per i vari reati, si riferiscono al minimo edittale. Se, per la violenza carnale, la pena va dai tre ai dieci anni, spesso si parte dai tre anni. Nel caso della Thyssen la pena per l’omicidio colposo (che di solito va dai sei mesi ai tre anni) va da due a sette anni perché l’evento è dovuto a una violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Dunque il minimo è due anni. Tuttavia in questa occasione di persone ne sono morte sette e in questi casi il codice non moltiplica la pena per sette: utilizza vari meccanismi e prevede in  particolare la fattispecie dell’omicidio colposo plurimo. Leggiamo infatti: “Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici”.
Calcoliamo. Per l’omicidio colposo per infortunio sul lavoro si ha un minimo della pena di due anni; dal momento che può essere aumentato fino al triplo facciamo che la pena sia raddoppiata: quattro anni. E quattro sono gli anni di pena che gli imputati  si sarebbero potuti aspettare. Qui invece l’Amministratore Delegato è stato condannato a sedici anni e mezzo per omicidio volontario, non colposo. E val la pena di spiegare come questo sia stato giuridicamente possibile.
L’elemento psicologico del reato può essere di tre tipi. Se voglio ammazzare qualcuno e gli sparo, il reato è doloso; se mi scappa un colpo mentre pulisco la pistola, il reato è colposo; se do un pugno a qualcuno e quello batte la testa e muore, il reato è preterintenzionale. Il reato colposo è un reato involontario in cui l’evento può essere rimproverato all’imputato perché, se egli fosse stato più attento, il fatto non si sarebbe verificato. L’art.43 C.p. riassume magistralmente il concetto: il reato “è colposo, o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
“Anche se preveduto” significa che il soggetto può averlo previsto e può non averlo previsto. Chi traversa un incrocio senza occuparsi di dare la precedenza a chi viene da destra, e uccide qualcuno, commette un reato colposo per un evento che ha preveduto: nel senso che tutti sappiamo che questo può accadere. Viceversa, se qualcuno disobbedisce a un regolamento che crede stupido e inutile, e qualcuno muore, l’evento non è affatto preveduto ma è lo stesso colpa dell’agente: perché sarebbe bastato che obbedisse alla norma.
Riprendiamo: il reato colposo può essere preveduto ma, per non essere doloso, è sufficiente che non sia voluto. Il legislatore tuttavia ha creduto di essere così troppo generoso nei confronti degli imprudenti ed ha stabilito che costituisce una specifica aggravante (che comporta un aumento della pena di un terzo all’art.61, n.3) “l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento”.
La norma è stupefacente. Non si era detto, all’art.43, che l’evento poteva essere “preveduto”, senza per questo far cambiare la natura colposa del reato? Come mai ora diviene un’aggravante? Probabilmente il codice intende una precisa coscienza del rischio non teorico ma concreto che si fa correre a qualcuno. Per esempio non fermandosi allo stop. Purtroppo, a questo punto la casistica si intreccia con un altro istituto giuridico: il dolo eventuale.
Se un tizio spara con una carabina sulla folla di uno stadio, sa benissimo che ammazzerà qualcuno (salvo ferirlo, naturalmente). Se però il pubblico è molto rado, per esempio c’è un posto occupato ogni cinque o sei, chi spara ha molte probabilità di non colpire nessuno. Se lo fa e malgrado tutto qualcuno muore, quid iuris? Il diritto risponde: omicidio volontario. L’omicidio infatti è volontario non solo quando qualcuno dice: “voglio uccidere un uomo”, ma anche quando dice: “intendo far questo, e se eventualmente qualcuno muore, peggio per lui”.
Come si vede il confine fra la colpa con previsione e il dolo eventuale è molto sottile. Nella colpa con previsione io attraverso l’incrocio a tutta velocità e dico “speriamo che non passi nessuno”, nel dolo eventuale io attraverso l’incrocio a tutta velocità e dico: “se muore qualcuno me ne frego, ci sarà un cretino di meno”.
Nel caso della Thyssen – cosa che non era mai avvenuta – gli imputati sono stati giudicati colpevoli di dolo eventuale. I giudici hanno ritenuto dimostrato che gli accusati hanno voluto la morte degli operai, se pure come eventualità. Tesi ardita ma di cui leggeremo la dimostrazione in una motivazione che non riusciamo a sperare convincente.
Comunque è stato condannato ad oltre sedici anni un signore che, in un procedimento come tanti altri, sarebbe stato condannato a un quarto o un terzo di quella pena.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
16 aprile 2011

THYSSEN, CHE COS’È IL DOLO EVENTUALEultima modifica: 2011-04-16T19:54:20+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “THYSSEN, CHE COS’È IL DOLO EVENTUALE

  1. Ho conosciuto i consulenti della procura, Ingegneri e professionisti stimatissimi. i casi di principi di incendio in quello stabilimento erano stati molti. le maestranze non avevano adeguato addestramento per far fronte alle emergenze (infatti hanno peggiorato la situazione iniziale) e i dispositivi antincendio erano fuori uso.I vertici dell’azienda erano a conoscenza della situazione. E’ bastato riportare i verbali delle riunioni dei dirigenti per dimostrare il “se muore qualcuno me ne frego, ci sarà un cretino di meno”. stavolta di meno sono sette, e cretini o no non vedranno crescere i loro figli.

    saluti

  2. Caro Enrico,
    non dubito delle sue parole e neppure di quella dei consulenti. Rimane il fatto che la distinzione fra colpa con previsione e dolo eventuale è una questione di lana caprina.
    Non dico dunque che la sentenza costituisca un’enormità giuridica: dico che essa è discutibile. Soprattutto discutibile dopo avere studiato l’intero incartamento e i precedenti analoghi. Cosa che io non ho fatto. Ma come non posso dirla sbagliata a scatola chiusa, a scatola chiusa non posso neppure dirla giusta. L’articolo tendeva soprattutto ad informare i lettori su che cosa è il dolo eventuale.

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