IL DIRITTO DI VEDERE LE FOTO

L’Amministrazione statunitense ha deciso di non rendere pubbliche le foto dell’operazione che ha condotto all’eliminazione di Bin Laden. E a fortiori, immaginiamo, il relativo filmato. Ciò ha provocato una discussione. Molti reputano che il governo americano avrebbe il dovere di non nascondere nulla di quell’azione e che il popolo abbia il diritto di sapere. Ma il popolo ha il diritto di sapere?
Solo i testimoni, interrogati dal giudice, sono tenuti a rivelare i propri fatti personali. Gli stessi imputati hanno il diritto di non rispondere e il diritto di mentire e proprio per questo non prestano giuramento. La frase “il popolo ha diritto di sapere” è falsa. Tolto ciò che pubblica la Gazzetta Ufficiale, non si ha il diritto di sapere niente.
D’altro canto, in regime di democrazia, uno dei presidi essenziali del sistema è la libertà di stampa. I giornali e le televisioni (salvo ciò che prescrive il codice penale in materia di calunnia e di diffamazione) hanno il diritto di pubblicare tutto ciò che riescono a scoprire ma questo non corrisponde al diritto del pubblico di “sapere tutto”. Non bisogna confondere le due cose. I giornali hanno il diritto di cercare le notizie, gli interessati non hanno il dovere di darle. I giornali hanno il diritto di pubblicare notizie e foto, il popolo ha solo il diritto alla libertà di stampa.
Il caso di un governo è diverso, si dice. Se qualcuno si comporta privatamente da vizioso, la cosa riguarda solo lui; se però quel qualcuno si propone alla collettività come un modello di virtù e come una guida affidabile, perde quel diritto alla privatezza.
Anche questa affermazione è sbagliata. Non solo Machiavelli ci ha insegnato che i governanti, se sono modelli di qualcosa, è della mancanza di scrupoli: ma se essi si fossero mai presentati come modelli di virtù, avrebbe più torto il popolo nell’averlo creduto che essi nell’averlo affermato. Mentire in questo campo fa parte della normale tecnica del potere e della politica.
Rimane il “problema della trasparenza”. I cittadini non hanno diritto di sapere tutto ma i governanti hanno il dovere morale di informarli sui fatti di rilevante importanza per la comunità nazionale.
Qui, il concetto centrale è quello di un “dovere morale” che si può non sentire o cui si può opporre uno speculare dovere: quello di dare al popolo solo le notizie che possono essergli utili e tacergli quelle che potrebbero danneggiarlo. Se un carabiniere apprende da un delinquente che c’è un pazzo che intende avvelenare l’acquedotto di Bari, c’è effettivamente un fatto che i giornali potrebbero riferire. Se però la notizia (magari totalmente falsa) fosse pubblicata, il panico in quella città sarebbe enorme e le conseguenze gravissime. Il fatto è talmente negativo da essere previsto dal codice penale: “Art. 656. Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”.
Il “segreto” è imposto anche da casi meno seri. Tutti accogliamo con qualche freddezza la notizia di un’autopsia ma nella realtà ci sono baldi studenti di giurisprudenza che assistendovi svengono. Dunque si reputa “indecente” pubblicare immagini del genere.
Il governo degli Stati Uniti non ha il dovere di comunicare tutte le notizie e tutte le immagini in proprio possesso. In particolare non deve pubblicare quelle che potrebbero danneggiare il Paese. Infine compete al detto governo giudicare se e quali dati è opportuno rendere pubblici. Infatti, se ne derivasse un danno alla nazione, nessuno assolverebbe i governanti per avere obbedito al dovere morale di informare. I più accaniti direbbero, untuosamente: “Sì, ma in questo caso…“
Quand’anche prima avessero proprio loro insistito per la pubblicazione.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
5 maggio 2011

IL DIRITTO DI VEDERE LE FOTOultima modifica: 2011-05-06T11:53:19+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “IL DIRITTO DI VEDERE LE FOTO

  1. Stimato Pardo, posto che un manipolo di soldati americani abbia fatto fuori Bin Laden (e questa sì è una notizia da pubblicare), a me non interessa un bel niente vedere video e foto di quell’evento; quei documenti appartengono al governo statunitense che ne dispone come meglio crede.
    Però il suo intervento, come al solito, mi induce a riflettere su questioni altre: politiche, filosofiche.
    Ha citato Machiavelli, e qui ho provato un istantaneo (ma leggerissimo) moto di ribellione. Lei crede che sia paragonabile il Principe di allora al Governo di oggi? Non le pare di aver liquidato un pò troppo frettolosamente il discorso sul “dovere morale” – che io ribattezzerei come “dovere di sincerità”, perché la morale…vattelappesca – ?
    E mi chiedo, ma questa Democrazia deve ancora essere messa in discussione?
    Anche a me può stare più simpatico Crizia di Pericle, ma quel suo (di Crizia) “to tè autou prattein” qualcuno lo traduce “fa ciò che sai fare meglio”, ma a me verrebbe da tradurre “fatti i c… tuoi”.
    La saluto
    Massimo Gentile

  2. Caro Gentile,
    senza volere avere l’aria di chi le insegna qualcosa, mi permetta di porle una domanda. Uno che si “ribella” a Machiavelli si ribella a Machiavelli o alla realtà?
    Un equivoco frequente è quello di vedere Machiavelli come un consigliere del Principe, quasi gli dicesse “fai così, non ti comportare come quelli che si comportano moralmente, e vincerai”. Il messaggio è opposto: “O fai così, o gli altri, che non si comportano moralmente, vinceranno”.
    La sua perplessità, caro Gentile, è plausibile solo se lei reputa che, col tempo, la natura umana migliori. Ma il suo accenno a Crizia e Pericle mi dice che, se lei si è nutrito di grandi letture, sa benissimo che l’umanità non è migliorata e non migliorerà mai. Come i gatti non divengono erbivori gli uomini saranno sempre quelli descritti da Tucidide, da Tacito, dal Guicciardini e, appunto, dal Machiavelli.
    Oggi pomeriggio, su “Iris”, c’è un film, “I colori della vittoria”, che le consiglio di vedere al riguardo.

  3. Mi sforzo, ma non riesco proprio a prendere sul serio questa storia del “diritto di sapere” e della trasparenza, credo che sotto sotto ci sia qualcosa d’altro.
    Una tesi, un po’ debole in verita’, sarebbe che se la richiesta viene dal basso, dal popolo americano che festeggiava per le strade, potrebbe trattarsi di un bisogno emotivo di conferma, di sicurezza. Lo vogliamo vedere morto, vedere con i nostri occhi, con la foto, cosi’ siamo tranquilli e ci mettiamo l’animo in pace.
    Ma conoscete tutti il proverbio sul pensar male, ebbene quando ci sono di mezzo gli USA io ho la tendenza a pensare subito male.
    Se la richiesta proviene perlopiu’ da giornalisti, commentatori, magari molti stranieri, magari incluso Michele Santoro tanto per fare un nome a caso, avrei pronta un’altra ipotesi che mi convince molto di piu’.
    Vogliono vedere la foto per:
    1) Cercare in ogni modo di dimostrare che e’ falsa, con sofisticate analisi. Bin Laden probabilmente e’ vivo e gli Stati Uniti non hanno veramente vinto.
    2) Cercare ogni dettaglio per dimostrare la “innecessaria crudelta’” dei Navy Seals. Come Guantanamo, come Baghdad, maledetti!
    3) In generale, aggrapparsi all’immagine per trovare il modo di processare l’amministrazione americana. E ci va bene che c’e’ un presidente democratico, senno’ ci sarebbero gia’ i cortei della CGIL, dei pacifisti ecc che si oppongono a questa “barbarie” sfasciando vetrine. (Il 12 settembre 2001 non ricordo nessun rabbioso corteo contro nessuna barbarie).
    Secondo il proverbio ho fatto peccato ?

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