DIFFIDARE DELLA SINISTRA IN BUONA FEDE

Un amico raccontava di aver ascoltato distrattamente la radio mentre parlava di un atto del governo. Non aveva badato al provvedimento ma le obiezioni della sinistra apparivano convincenti. E improvvisamente si era chiesto: “Come mai non le prendo sul serio, neanche in via d’ipotesi? Sono un fanatico?”
Il problema non è insignificante, per chi tiene alla propria onestà intellettuale. Soggettività è quasi un sinonimo di parzialità e ognuno di noi vede il mondo dal proprio lato. Il massimo che possiamo fare è imporci di esaminare con cura i dati che contraddicono le nostre impressioni e i nostri giudizi. Ma per la diffidenza nei confronti della sinistra possiamo stare tranquilli. Essa ha una pluridecennale tradizione storica di bugie, doppiezze, malafede e disinformatia e la lista delle battaglie combattute sulla trincea sbagliata da questa parte politica è desolatamente lunga: il Piano Marshall, la Nato, l’Unione Europea, la scala mobile, i missili a Comiso, non si finirebbe mai. Per decenni una persona di buon senso ha potuto ben orientarsi nella vita politica tenendo conto che, se una cosa la scriveva l’Unità, era sbagliata.
La sinistra di oggi non è più quella di Togliatti, dicono. Ed è vero. La Russia è democratica e molti dei vecchi miti sono stati sbriciolati dalla storia. Ma di comunisti ed ex comunisti gli uomini di buon senso non si fidano lo stesso. Sono fanatici?
La verità è che non si diffida solo dei “cattivi”.
L’uomo di sinistra è caratterizzato da una grande spinta verso il bene. Desidera che tutti gli uomini siano uguali, che nessuno rimanga indietro, che tutti siano curati, in caso di malattia, come miliardari. Che il disoccupato sia aiutato e che imperino giustizia e felicità. Un programma che nessuno si sognerebbe di contrastare.
Purtroppo i “comunisti”, anche onesti e intelligenti, sono talmente sinceri nell’impegno di realizzare quel programma, da non tenere conto della realtà. Sono idealisti che gettano il cuore oltre l’ostacolo; hanno l’ottimismo della volontà; quando vengono avvertiti che il loro progetto va contro la normale natura umana, rispondono che bisogna cambiarla. I lager cinesi si chiamavano infatti “campi di rieducazione”.
Un esempio illuminante. In Italia c’erano “ricchi” che possedevano almeno una casa da affittare e c’erano “poveri”  che non avevano un tetto: ed era scandaloso che quei proprietari, titolari di una rendita (parola immonda e rivoltante quant’altre mai) cercassero di ottenere dagli inquilini la pigione più alta possibile. Salassavano spietatamente il reddito da lavoro dei “poveri”. Lo Stato doveva dunque porre fine a questo sconcio. Doveva stabilire quale fosse la giusta pigione. L’“equo canone”: ed ecco la legge del 1978.
Chi non era di sinistra si mise le mani nei capelli. L’unico canone equo è quello che risulta dalla domanda e dall’offerta. Non si può stabilire dall’alto il valore locativo di una casa: due appartamenti con identiche caratteristiche formali possono avere valori molto diversi secondo che uno sia sottoposto al frastuono di un mercato e l’altro dia sul ben curato giardino di una villa. Secondo che uno sia nel centro di Siena e l’altro nel centro di Latina. E poi perché, con questa legge, annualmente il canone aumenta solo del 75% del coefficiente dell’inflazione e non del 100%, anche negli anni in cui l’inflazione è tra il 10 e il 20%? Perché la locazione-conduzione ha tanti vincoli, per la sua cessazione, da rendere questo termine aleatorio? Sostanzialmente si confisca l’appartamento a favore dell’inquilino. Lo sfratto (a volte perfino in caso di morosità) diviene una chimera e comunque, di proroga in proroga, il procedimento dura indefinitamente. Finì che molti, se avevano la prospettiva di sposare un figlio o una figlia, tenevano l’appartamento sfitto per anni, pur di disporne al momento opportuno. Sembrava che chi aveva risparmiato fino a comprarsi una seconda casa dovesse poi regalarla a chi non aveva risparmiato. E con disprezzo ancora maggiore era guardato chi la casa l’ereditava: dimenticando che essa era frutto del lavoro dei genitori.
Ma la massima critica che subito fecero le persone di buon senso era un’altra: il provvedimento andava contro l’economia e avrebbe assassinato il mercato delle locazioni. Come avvenne. Da un lato nacque il mercato clandestino (con pigioni più alte di quelle che si sarebbero avute in regime libero) dall’altro chi aveva una casa da locare o la teneva vuota o la vendeva. E infatti oggi l’ottanta per cento degli italiani vive in casa propria. La regola è: chi vuole una casa, la compri o vada in albergo. Ecco il risultato dell’idealismo di sinistra.
I politici di sinistra sono pericolosi anche quando sono onesti e intelligenti: perché sono idealisti. Perché con le migliori intenzioni possono provocare i più grandi disastri. E di loro bisogna diffidare anche quando dicono cose che ci sembrano fondate.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
8 maggio 2011

DIFFIDARE DELLA SINISTRA IN BUONA FEDEultima modifica: 2011-05-08T16:23:49+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “DIFFIDARE DELLA SINISTRA IN BUONA FEDE

  1. Il punto di vista di Pardo spiegherebbe anche altri effetti collaterali. Ad esempio perche’ la maggior parte degli intellettuali, in Italia, si professa di sinistra. Affermare di essere buoni e volere il bene di tutti, a costo zero e senza di rischio di confronto con i problemi reali, e’ facile e fa sempre fare bella figura. Specialmente in mancanza di idee.

  2. Non solo. Gli intellettuali in Italia sono prevalentemente di cultura umanistica. Son considerati particolarmente autorevoli gli intellettuali in campo umanistico: culturale, artistico, politico. Questo significa sia che la scienza è sempre una cultura de second’ordine, sia che gli intellettuali in media non hanno cultura scientifica. E neppure economica. Dunque sono spesso degli idealisti. E anche degli sciocchi.
    Personalmente ho una stima molto limitata degli intellettuali di piccolo cabotaggio, per esempio i professori.
    Dunque lei ha ragione.

  3. Ci sarebbero poi anche dei casi che definirei di confine tra buona fede e opportunismo.
    Non so se siete d’accordo, ma per me gli intellettuali sono quelli che dicono o scrivono regolarmente o spesso la loro opinione al grande pubblico su grandi temi etici, scientifici, filosofici. (Quindi non discutono a casa, al bar o sul blog di Gianni Pardo).
    Oggi molti considerati piu’ o meno come intellettuali sono in realta’ di professione attori, registi, commentatori televisivi, persino cabarettisti. Professioni rispettabili, ma per ottenere la pagnotta o il successo devono piacere, semplicemente piacere. Sono mentalmente allenati a questo.(Tutt’altra cosa e’ il mestiere del politico che deve prendere voti, poi deve prendere decisioni, infine prima o poi deve rendere conto del proprio operato).
    Per poter piacere, e senza alcuna responsabilita’ ne’ presente ne’ futura, costoro devono dire le cose piu’ banali, facili e rassicuranti al piu’ alto numero possibile di spettatori, e farli sentire “buoni” nell’applaudirli. Il realismo non fa audience, le scelte difficili non fanno diventare nessuno beniamino.
    E quindi oserei dire “per forza” si professano tutti di sinistra. E non solo di sinistra, anche facili ecologisti.
    Ho sentito dire che Celentano e’ apparso in televisione per sostenere che bisogna guardarsi dal costruire centrali nucleari. Eccolo, un cantautore simpaticone che probabilmente crede che il Torio sia una squadra di calcio con le maglie color granata, dice la sua su questioni strategiche per il nostro futuro, ad alto contenuto scientifico e tecnologico.
    Le mamme si commuovono e lo vogliono rivedere in TV al piu’ presto perche’ lui si’ che e buono, e ci tiene alla sicurezza dei nostri bambini. Tanto fra qualche anno chi si ricorda piu’ di Celentano, tutti faranno le pulci col senno di poi alle scelte di questo governo.

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