PERCHÉ BEPPE GRILLO NON È UN CRETINO

Beppe Grillo non merita abbastanza stima perché si stia ad esaminare il suo comportamento, il suo linguaggio e la sua azione politica. Pierluigi Battista (1)  gli rende troppo onore, quando stigmatizza con molta ironia gli insulti che il comico distribuisce a pioggia, a Vendola, a Berlusconi, a Prodi, a Napolitano, a Pisapia e perfino alla Montalcini: ha il coraggio di chiamare “puttana” un’ultracentenaria.
Se Beppe Grillo si comporta in quel modo ed ha successo, non serve condannarlo: bisogna cercare la spiegazione del fenomeno. Magari partendo da qualche lustro fa.
In Italia il crollo del comunismo è pressoché coinciso con l’inizio del berlusconismo. Purtroppo, lo scontro fra un post-comunismo che si credeva vincente e un berlusconismo che pareva un passeggero fenomeno da baraccone, si risolse immediatamente con la vittoria di quest’ultimo e gli eredi del Pci non seppero spiegarsela. Anzi, non seppero darsi pace e concepirono un tale implacabile odio per il disturbatore da dimenticare che non si vince solo dicendo che l’avversario è brutto, sporco e cattivo: bisogna anche condurre una battaglia propositiva. Per anni hanno creduto che bastasse chiamare partito di plastica il partito che li batteva, senza capire che così dimostravano che la vera plastica è migliore del falso acciaio.
Il risultato è stato una straordinaria polarizzazione personale. Da un lato Berlusconi e dall’altro quelli che lo odiano, che vorrebbero abbatterlo con qualunque mezzo e con l’aiuto di chiunque: dai magistrati al Presidente della Repubblica, dalla stampa alla Corte Costituzionale, dalla Chiesa ai giornali stranieri. Se il diavolo dice male di Berlusconi, viene accolto come un fratello. Anche se è un notorio leader di destra, un “ex-fascista”, come direbbero loro. E dimenticando nel frattempo gli elettori.
I furbi (i contadini lo sono) hanno subito capito che la gara era a chi è più antiberlusconiano. Tu dici che Silvio è scorretto? Io dico che è un pericolo per la democrazia. Tu dici che è immorale? Io dico che è la vergogna del mondo. Antonio Di Pietro ha fatto un’eccellente concorrenza al Pd non con idee migliori ma con un estremismo più feroce e insulti più cocenti. Al punto da farsi rimproverare in Parlamento dall’ “alleato oggettivo” Gianfranco Fini.
Ma anche lui ha fatto male i suoi calcoli. Ha creduto che la sua antologia di contumelie fosse imbattibile e in realtà, come diceva Nenni, c’è sempre un più puro che ti epura. Per quanto si possa credere di essere arrivati all’ultima Thule, c’è qualcuno capace di andare un po’ più lontano. È come nell’asta: basta dire “più uno”. Il metodo ha fatto scuola e il risultato è Beppe Grillo.
Questo comico non viene dalla Luna. Ha capito che doveva dire le cose che dice Di Pietro, ma con maggiore violenza. Per lui è divenuta una colpa persino non essere giovani. È contro tutto e contro tutti, in base al principio che la situazione è sbagliata e bisogna ricominciare a ricostruire la società dalle basi. Magari con la non ricandidabilità di chi ha già fatto politica. Come dire che ad ogni Grand Prix ci vogliono piloti nuovi.
Naturalmente sono discorsi fantasiosi. La società è com’è. Non è che gli uomini, una volta che hanno votato per Grillo, divengono per miracolo altruisti e incorruttibili. Natura non facit saltus. Ma in realtà questi demagoghi non sono interessati al modo in cui si governa il Paese. Più furbi dei dirigenti del Pd hanno capito che con questo sistema non si va al potere e che, se si è condannati all’opposizione, in essa ha più successo chi è più apocalittico. Per questo a Grillo non interessa il fatto che la sua azione danneggi la sinistra.
Il Pd non rappresenta un’opposizione credibile ed è triste vederlo inseguire i demagoghi. Non è: “con questi dirigenti non vinceremo mai”, come gridava Nanni Moretti; è: “con questi metodi non vinceremo mai”. E qualcuno, a sinistra, queste cose le dice. Ma nel Pd continuano a giocare a chi è più duro:  personaggi come la seriosa Finocchiaro e l’acida Bindi, il greve Bersani e il velenoso Franceschini.
Neanche chi adora Berlusconi può essere contento di questa opposizione.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
13 maggio 2011
(1)http://video.corriere.it/grillo-insulta-vendola/4bddede4-7d4a-11e0-9624-242b96a6d52e

PERCHÉ BEPPE GRILLO NON È UN CRETINOultima modifica: 2011-05-13T17:41:01+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “PERCHÉ BEPPE GRILLO NON È UN CRETINO

  1. Copio e incollo da Wikipedia:
    Gerhard Schroder
    ” È Cancelliere della Germania dal 27 ottobre 1998 al 22 novembre 2005, guidando una coalizione formata dall’SPD e dai Verdi. Il suo Governo é stato caratterizzato dalla sua opposizione alla guerra in Iraq, da politiche per le donne e per le famiglie in cui miliardi di euro sono stati stanziati per la costruzione di asili nido e da una riforma sociale (Agenda 2010) che fu contrastata da parte della sinistra dell’SPD e da parte del sindacato. In tema di politica interna ha promosso una migliore integrazione degli stranieri in Germania facilitando l´acquisto della cittadinanza tedesca e introducendo corsi per la integrazione. ”
    Morale I: perse le elezioni
    Morale II: oggi la Germania viaggia con un 4,8% in più di PIL soprattutto grazie alle sue riforme rigorose e poco popolari
    L’Italia stenta un misero 1%. Ma questa è la performance media degli ultimi 30 anni, o sbaglio?
    Allora c’è una Morale III da trarre: gli elettori di qualsiasi paese siano votano in maggioranza tastandosi il portafogli. Ma i politici sono diversi, ce n’è di buoni – quelli che fanno e fanno seguire al paese una politica che possa venire buona per il futuro – e ce n’è di cattivi – quelli che fanno solo carriera e affari. Dunque in Italia c’è questa brutta situazione: da un lato elettori in maggioranza bottegai, dall’altro politici pessimi. Da dopo De Gasperi, direi.
    Insomma io penso sia necessario pensare a una riforma della politica, ecco perché, pur non essendo né un fan né un simpatizzante di Grillo, non mi suonerebbe male un progetto quale sia che preveda una drastica riduzione se non un azzeramento degli “scandalosi” (evvia!) benefici che porta l’attività politica.
    Qualunque sia la collocazione partitica, vorrei che chi rappresenta gli elettori fosse mosso solo da “spirito di servizio” e che metta addirittura in conto di doversi sacrificare all’occorrenza. Certo, anche Schroder non è stato sordo alle lusinghe del potere, ma si è dato da fare almeno, e con intelligenza.
    Volkswagen batte Fiat 5-1, questo è il fatto. Ah, les italiens.
    La saluto cordialmente
    Massimo Gentile

  2. Caro Gentile,
    lei parla di “una riforma politica”. Quale? Neppure Grillo, che pure non ha paura di spararle grosse (e vaghe) ha saputo proporla. La diminuzione del numero dei parlamentari, la non rieleggibilità ecc sono robetta. Se i mali della politica italiana dipendessero (come temo) dal carattere degli italiani, non ci sarebbe riforma che tenga. Forse – ma è solo la mia opinione – avremmo bisogno di un esecutivo più forte e di toglierci dai piedi la pietra d’inciampo chiamata Corte Costituzionale, organo divenuto troppo politico.
    Lei parla dei vantaggi. È vero, ce ne sono molti, e c’è troppa gente che vive di politica. Ma ricordi che questi vantaggi sono nati al tempo della Rivoluzione Francese per permettere anche ai non abbienti di darsi alla politica, e di essere meno soggetti alla tentazione della corruzione (è la stessa ragione per la quale gli stipendi dei magistrati sono così alti).
    Quanto allo “spirito di servizio”, e alla capacità (eventualmente) di sacrificarsi per il bene del Paese, non riesco ad essere ottimista.
    Temo comunque che lei sopravvaluti Schröder e sottovaluti i tedeschi. Mi pare tutt’altro che sicuro che la vigorosa ripresa tedesca dipenda dalla sua azione, come ha detto qualcuno.

I commenti sono chiusi.