UNA DOMANDA SULL’ISLAM

Una statistica riguardante il numero di musulmani nel mondo e le percentuali nei vari Paesi rivela la straordinaria diffusione di questa religione (1).
È vero che essa ha meno adepti del Cristianesimo, ma è anche vero che il Cristianesimo ha soppiantato religioni politeiste o religioni primitive, mentre l’Islamismo ha soppiantato il Cristianesimo, se pure accettandone gran parte: riconosce la Bibbia, adotta il più rigido monoteismo di origine ebraica, assegna a Gesù il ruolo di profeta. Insomma sembra più un’eresia cristiana di successo che un’autonoma religione.
Un’ipotesi è che il Profeta, come tanti “eretici”, abbia voluto ritrovare la fede primitiva, depurandola da tutti gli elementi che l’avevano falsificata e involgarita. La sua “rivoluzione” – che per tanti corrisponde a “grande innovazione” – in realtà indica il ritorno al punto di partenza. È rivoluzione il movimento della Terra intorno al Sole.
Nella misura in cui può esserlo una religione, l’Islàm è notevolmente razionale. Maometto comincia col ritenere assurdo che un uomo sia contemporaneamente un uomo e un dio. Dio ce n’è solo uno, è invisibile e ineffabile e non solo è contraddittorio che possa incarnarsi, ma è anche sbagliato rappresentarselo sotto forma umana. Per sradicare questa brutta abitudine (che pure ci ha dato la straordinaria statuaria greca) impone l’iconoclastia più radicale, e per evitare che si passi, per così dire, dall’adorazione dell’immagine di Gesù all’adorazione del Vitello d’Oro, vieta qualunque rappresentazione di esseri animati. Ecco perché la Moschea deve essere spoglia: essa deve suggerire l’idea che Dio va adorato senza cercare di immaginarselo e senza concentrare la propria attenzione su un oggetto quale che sia.
Se si è tolto dal Pantheon Gesù, figurarsi se potevano rimanerci la Madonna e i Santi.
Un secondo elemento di “razionalità” è il concetto musulmano di Divina Provvidenza. Se Dio è onnisciente, se può tutto e se si occupa dell’umanità (diversamente non ci sarebbe la religione) ne consegue che da un lato Egli sa tutto ciò che avviene e dall’altro permette che avvenga: diversamente potrebbe intervenire. Se non interviene, è segno che reputa giusto che le cose vadano come vanno. E dal momento che Allah è buono e misericordioso, dovrebbe andar bene anche a noi. Islàm significa abbandono alla volontà di Dio.
Nel Cristianesimo vige al contrario una regola contraddittoria: “aiutati ché Dio ti aiuta”. E il pio musulmano può sempre obiettare: se Dio vuole una cosa, non ha bisogno del mio aiuto. E se non vuole, che diritto ho io di contrastare la sua volontà?
Purtroppo, questo ragionamento si è sposato con l’indolenza araba dando origine alla arretratezza dei Paesi islamici. Ma l’errore è nel concetto di Divina Provvidenza in sé (di cui non si vede traccia nella realtà) piuttosto che nelle conseguenze che ne ricava Maometto.
La massima perplessità nasce tuttavia dal successo dell’Islàm. Non si fa razzismo, si fa questione di livello di civiltà. Non c’è dubbio che anche nel Settimo e nell’Ottavo Secolo l’Occidente era più sviluppato, colto e profondamente romanizzato dell’Arabia. Qui molti abitanti erano ancora dediti al nomadismo. Gli eruditi ci saranno pure stati ma c’erano certamente più persone colte in Occidente (si pensi ai monaci) che altrove. Come mai in Europa si è rimasti legati alla doppia natura di Gesù e al nostro popolatissimo Pantheon, mentre in Arabia, nel Maghreb, in Africa, in Pakistan e persino in Indonesia le folle si sono convertite a questa religione astratta, essenziale, meno “illogica” del Cristianesimo?
È vero che l’Islàm offre all’individuo un principio molto comodo: quello della totale deresponsabilizzazione. Perfino gli impegni che si prendono sono meno cogenti che nel mondo cristiano. Noi diciamo “lo farò”, loro dicono “lo farò, Insciallah, se Dio vuole”. E se non lo farò vorrà dire che Dio non ha voluto. Non sarò l’unico responsabile. Ma a fronte di questo vantaggio, per così dire “giuridico”, viene a mancare il conforto di un Dio che, essendo (stato) anche uomo ci è molto vicino, ci può amare da uomo e può essere amato come si ama un uomo. Le suore sono “spose di Cristo”. Inoltre, se non si osa sperare nell’aiuto di Dio Padre, si può essere devoti di un Santo piccolo e periferico, Padre Pio, che si sentirà onorato della nostra attenzione e forse si occuperà con più cura di noi. Come un deputato di provincia.
Indubbiamente i paralleli fra le due religioni sono molto più numerosi, e ciascuno è capace di farli da sé. Ma la domanda rimane: come mai l’Islamismo ha attecchito presso i popoli arretrati e non nell’Europa Occidentale? Qual è stato il fascino che ha spinto popolazioni pressoché primitive a preferirlo al Cristianesimo, tanto più vicino ad un’umanità che ha difficoltà con le astrazioni, che ha bisogno di immaginare Dio come un Uomo Amico, e che per millenni, dovunque, a parte gli ebrei, è stata dedita al politeismo?
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
12 maggio 2011

http://www.islamicweb.com/begin/population.htm

UNA DOMANDA SULL’ISLAMultima modifica: 2011-05-12T14:40:57+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

7 pensieri su “UNA DOMANDA SULL’ISLAM

  1. Lo spunto offerto da Pardo mi ha indotto a due riflessioni a latere:
    -Il cattolicesimo nella sua forma attuale (spero di non offendere la sensibilita’ di nessuno) fra Maria, santi, beati e adorazione delle reliquie rasenta seriamente il politeismo, anche se secondo la dottrina Dio e’ uno (e trino!).
    Sono convinto che questo spieghi il successo del cattolicesimo in Brasile, nei Caraibi, in aree in cui c’era e c’e’ ancora una antica tradizione politeista. Li’ l’islam non attecchisce per niente, guarda caso.
    – Si potrebbe anche domandare perche’ l’ebraismo non si diffonda. Provo una semplice risposta: si tratta di una religione elitaria, riservata ad un solo popolo eletto, che non si sforza di fare proseliti.
    .
    Venendo alla domanda di Gianni Pardo, bisogna vedere se ci riferiamo al passato o al presente. Perche’ si potrebbe anche rovesciare la domanda: perche’ si sono sviluppate di piu’ le aree di tradizione cristiana rispetto a quelle di tradizione islamica?
    Partiamo dall’inizio, anno zero: Gesu’ Cristo e’ nato in una provincia dell’impero romano, e tutto gravita li’ intorno: e’ stato processato da Ponzio Pilato secondo il diritto romano, Pietro e’ stato martirizzato a Roma e li’ si e’ stabilita la chiesa cristiana. I concilii ecumenici da (quasi)sempre si tengono a Roma e in latino. E Roma e’ la radice del mondo occidentale.
    L’islam e’ stato conosciuto in Europa (l’allora centro del mondo) dopo il cristianesimo: ha trovato, in certo senso, lo spazio gia’ occupato da un’altra grande religione monoteista in piena espansione.
    Poi guardiamo dal satellite lo sviluppo culturale, scientifico, tecnologico, economico degli ultimi secoli: primi i paesi con tradizione ebraica/protestante/calvinista, secondi i paesi cristiano/cattolici, seguono tutte le altre religioni, islam incluso. Potrebbe essere dovuto ai dettati etici secondo le formule: predestinazione/popolo-eletto, oppure aiutati-che-il-cielo-ti-aiuta, oppure insciallah ? Forse sbaglio, ma mi pare di vedere una connessione. (La Cina tra poco potrebbe far saltare in aria la mia ipotesi).
    Poi ci sono (state) delle barriere: l’islam ammette la poligamia, che e’ abbastanza estranea alla nostra cultura, e il Corano e’ scritto in arabo, lingua aliena al mondo occidentale, persino nella scrittura.
    Concluderei cosi’: l’islamismo ha avuto successo al di fuori dell’area latino-romana (ma non dovunque), perche’ e’ una religione tardo-monoteista apparsa all’inizio del medioevo e che non scende a compromessi con nessuna forma di politeismo-animismo.
    Secondo me tanto basta a spiegare il passato.
    Per il presente c’e’ anche il problema delle mode culturali, del desiderio di purezza/estremismo, del sentimento anti-occidentale, in ogni caso l’analisi “a freddo” della dottrina dell’islam (analisi che tuttavia condivido) non credo basti a spiegare il suo successo o meno.

  2. se mi posso permettere di precisare, Felice, l’ebraismo non solo non cerca di fare proseliti, ma anzi cerca di non farne, scoraggiando chi si vuole convertire e mettendolo alla prova per vedere se le sue intenzioni sono veramente serie e così via: insomma, meglio pochi ma veri che tanti purchessia.

  3. un altro dei motivi del successo dell’islam è dovuto alla metodologia adottata per fare proselitismo: guerre di conquista, islamizzazione forzata e sostenuta dalla spada: o ti converti e ti salvi o ti uccido per non farti vivere da miscredente e andare all’inferno.

  4. Caro bobnap, lei sa che io non sono antisemita, ma il fatto che si scoraggi chi vuole divenire ebreo è un’eco della convinzione di essere “il popolo eletto”. E Dio ha eletto gli ebrei, non altri: come si può divenire “fisicamente” ciò che non si è nati? Il che, paradossalmente, è razzistico da parte del popolo che più ha sofferto del razzismo. Soprattutto un razzismo immaginario. Almeno i neri sono neri, ma gli ebrei, dal punto di vista scientifico, non sono niente. Forse mi sbaglio. Ma siamo qui per conversare.
    Per la seconda mail: guardi che è stato lo stesso metodo seguito in parecchie occasioni anche dai Cristiani, ai tempi di Carlomagno e durante la conquista delle Americhe.
    Ciò che non si può perdonare, ai musulmani, è di essere oggi quello che altri popoli sono stati secoli fa. Sembrano fermi al Medio Evo. Quello Alto.

  5. Caro prof, non sembrano: SONO fermi all’alto medioevo (e chi glielo fa fare, di muoversi, con tutti i soldi che si fanno così?).
    Per quanto riguarda il nostro supposto razzismo all’incontrario, la questione dell’élite e del “popolo eletto” in realtà è una fregatura. Noi siamo stati “eletti” attraverso la rivelazione che Egli fece ad Abramo, (e che gli ha portato un sacco di guai),ma non siamo stati eletti a godere di privilegi dai quali gli altri debbano essere esclusi, bensì a testimoniare della Sua esistenza. Ed è una testimonianza scomodissima, come la storia ha generosamente dimostrato. Fra l’altro, la Torah da qualche parte dice che Dio manifesta il Suo amore attraverso le prove alle quali ti sottopone: più sono dure, più Egli ti ama; roba da pregare ogni tanto di essere amati un po’ meno……..

  6. Sì, d’accordo. Ma l’errore è stabilire una separazione fra sé e gli altri. Perché diversità=ostilità. Il cristiano dice: tu non sei cristiano come me, ma sei come me, perché non divieni cristiano? In fondo in questo modo lo invita ad essere “meno diverso”. L’ebreo dice: tu non sei come me, e non sto a dirti se sia migliore tu o io, non è quello che interessa. Interessa che tu non sei come me”. E questo gli provoca poi un sacco di guai. Perché nessuno crede mai che l’altro dica “siamo diversi” intendendo “tu sei migliore di me”.
    Naturalmente dico questo con molta pena. Sia perché, essendo ateo, non sopporto che gli uomini si tormentino vicendevolmente per delle fanfaluche, sia perché gli ebrei hanno troppo sofferto per una diversità che in fondo non esiste. Per me, naturalmente.

  7. Il mio Rav, alle elementari, mi insegnò che l’uguaglianza consiste proprio nell’uguale diritto ad essere tutti diversi. L’ho trovato un insegnamento sacrosanto, contrapponendolo al tentativo che fanno tutti gli altri di far diventare tutti uguali a se stessi. Ne sappiamo qualcosa, no? forse noi più di tanti altri.

I commenti sono chiusi.