CHI SARA’ IL NUOVO SINDACO?

Giornata di elezioni. Chi sarà il nuovo sindaco di Napoli? Chi sarà il nuovo sindaco di Milano? A questi interrogativi si può rispondere con un’altra domanda: e che me ne importa?
Molti considerano le elezioni amministrative fonti di preziosi auspici per il futuro politico del Paese. Se il centro-destra perde Milano, dicono, il governo dovrà dimettersi. Dicono. Come se il fatto che lo dicono poi obbligasse il governo a fare ciò che essi desiderano. A meno che quell’affermazione non sia diretta a coloro che devono votare, quasi promettendogli: se fate cadere Letizia Moratti cadrà anche Silvio Berlusconi. Dunque fate cadere Letizia Moratti. Tutto un gioco a frega-compagno, perché si sa che il governo rimane in carica fino ad un voto di sfiducia in Parlamento.
In realtà, con le elezioni amministrative si hanno nuovi sindaci e nuove giunte comunali. Nient’altro. E dal momento che i poteri locali sono molto limitati, non c’è da aspettarsi molto. Per giunta, quando i sindaci effettivamente fanno molto, poi magari si scopre che la mela aveva il verme. Un grosso verme. A Catania il sindaco Scapagnini realizzò grandi lavori su molti chilometri della Circonvallazione interna e soprattutto nel centro storico. Poi, una volta cessato il suo mandato, ci si accorse che il Comune era sull’orlo del fallimento, tanto che dovette essere salvato (come Roma) dalle finanze erariali. Cioè a spese di tutti gli italiani. Mentre Scapagnini finiva sotto inchiesta.
Prendiamo Napoli. Chi vota per il centro-destra non può avere simpatia per Rosa Russo Jervolino, ci mancherebbe. E tuttavia ecco una cosa evidente: se la signora dalla voce tremula fosse stata in grado di eliminare la spazzatura dalle strade, soprattutto in vista delle elezioni con cui si cerca di mandarla a casa, chi pensa che non l’avrebbe fatto? E se non l’ha fatto, non è forse segno che il problema è del tipo “botte piena e moglie ubriaca”? Non siamo napoletani e non conosciamo i particolari, ma è probabile che le cose stiano così: i napoletani non vogliono la spazzatura nelle strade, i comuni del territorio non vogliono la spazzatura di Napoli, la spazzatura di Napoli non si può inviare in Germania con i treni (come pure è stato fatto) perché costa troppo e infine essa non può essere bruciata nei termovalorizzatori o perché la gente protesta o perché i magistrati ne fermano l’attività. Se questo riassunto è verosimile, o ancor meglio verace, come direbbero a Napoli, la Jervolino che avrebbe dovuto fare? E che cosa potrà fare, il nuovo sindaco?
Non solo dunque alcuni problemi sono a volte praticamente insolubili, ma i candidati, per ragioni di pura demagogia, si lanciano a promettere la Luna. La gente da un lato crede che quella Luna lo sfidante l’abbia in tasca, dall’altro pensa che, male che vada, peggio dell’attuale sindaco non potrebbe essere. E anche su questo a volte si sbaglia.
In tutto questo tonitruante trambusto uno si sorprende a pensare a Michel de Montaigne che per un certo tempo fu consigliere nel Parlamento di Bordeaux e che si fece notare più per le sue assenze che per i suoi interventi. Tanto che infine se ne ritirò. Tuttavia tempo dopo, mentre era addirittura all’estero (a Bagni di Lucca, per la precisione), apprese che era stato nominato sindaco. Ringraziò e disse che non intendeva accettare ma alla fine divenne sindaco perché caldamente pregato da qualcuno cui non poteva dire di no: il re di Francia. E a conclusione del mandato non brigò certo per la rielezione.
Montaigne non era un uomo superbo o sprezzante. Se non manifestava grandi ambizioni era a causa della sua enorme ricchezza interiore. Mentre gli altri, allora come oggi, combattevano per un titolo, un potere, o anche il denaro, lui di tutto questo non aveva bisogno. Gli bastavano i suoi libri, la sua solitudine, i suoi pensieri. Gli bastava il suo io, il suo famoso “moi”. In questo senso era talmente ricco che per lui i vantaggi  materiali sarebbero stati risibili. Era della schiatta di quei Diogene che pregano Alessandro di non fargli ombra.
Le elezioni, in Italia, sono state importanti finché si è avuto il dubbio: saremo ancora un Paese democratico o i comunisti ci faranno divenire una “Repubblica Popolare”? Passato quel momento, quando per esempio Montanelli doveva invitare a turarsi il naso e votare Dc, non possiamo dire che la storia si sia fermata, come voleva Fukuyama, ma certo è divenuta normale amministrazione. Normale fino ad un certo punto, se la spazzatura di Napoli è ancora lì. Ma insomma non ne va della nostra libertà.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
27 maggio 2011

CHI SARA’ IL NUOVO SINDACO?ultima modifica: 2011-05-27T10:32:03+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “CHI SARA’ IL NUOVO SINDACO?

  1. La settimana scorsa ho scoperto che qui in Germania le legislature durano quattro anni, non cinque come in Italia. Ho subito pensato che semmai ci si potrebbe aspettare il contrario, vista la la diversa stabilita’ politica.
    Poi, riflettendo meglio, ho concluso che in Italia, allo stato attuale delle cose, le legislature dovrebbero durare un anno: il tempo che intercorre fra la digestione dei risultati elettorali e i primi tentativi di spallata o intrigo da parte dell’opposizione. Nel frattempo, qualunque problema viene addebitato al governo precedente, se c’e’ stata un’alternanza, e da quel momento ogni settimana o mese vengono chieste le dimissioni del primo ministro in carica.
    Il secondo anno e’ l’unico in cui il governo potrebbe agire, a meno che sia occupato a fronteggiare calamita’ naturali o emergenze internazionali che ci vedono coinvolti. Dal terzo anno si comincia a pensare al “dopo”, quindi partono i tradimenti, le idi di marzo, gli annunci, le trasmigrazioni. Parte anche la sequenza delle spese di denaro pubblico se si sente odore di alternanza, delle promesse fantascientifiche di cui si discutera’ seriamente, magari, piu’ avanti.
    Questi fenomeni, sebbene raggiungano livelli grotteschi quando all’opposizione c’e’ la sinistra, tendono a diventare bipartisan, cioe’ ad essere accettati come prassi.
    Qualcuno potrebbe fantasticare sulla “legislatura continua”, in cui il governo deve cambiare d’ufficio solo se e quando scende sotto un certo gradimento minimo rilevato dai sondaggi. Ma che fare del Parlamento ? E della Costituzione ? E a chi attribuire le responsabilita’ di cosa succede, perche’ gli eventi sono davvero un flusso continuo, mentre il rendiconto dei risultati deve pur avere una data di scadenza.
    Che ne pensate ?

  2. Caro Felice,
    lei dice che le legislature dovrebbero durare un anno. Non sarebbe una novità. È la durata media dei governi prima di Craxi. Uno dei risultati è il debito pubblico. E non le dico altro.
    Poi, quello che lei dice è vero. Ma la politica è una cosa molto più sporca di quanto non credano quelli che non se ne sono mai occupati, e che addirittura parlano di politici che dovrebbero essere un esempio di moralità.
    La legislatura continua. Questa è invece un’dea nuova. Si potrebbe per esempio stabilire che un governo cade solo perché sfiduciato in Parlamento. Ma questo toglierebbe l’occasione della campagna elettorale, con la quale l’opposizione ha l’occasione di denunciare e far conoscere al popolo le malefatte del potere.
    Tutto sommato, meglio tenerci la Costituzione com’è, su questo punto.

  3. Ovvio che non cade nessuno…semmai rileva un cambiamento nel pensiero di una città, sia essa grande o piccola, suppongo che gli italiani lo sappiano già questo. non crede??
    La Jervolino si è trovata dentro il periodo tra i più ingarbugliati, suppongo che chi vota lo faccia perché cerca di risolvere qualcosa, non lo pensa anche lei? o no? “anche se non ci frega?”

  4. beh, non credo che gli italiani credessero o possano credere a quelle cose..un sindaco è un sindaco, nada mas…suppongo che i cittadini di certe città se vogliono rinnovarsi o non rinnovarsi hanno i loro buoni motivi. così come scrive lei …non ci dice nulla di nuovo.

  5. In un campo in cui è così facile dire cose sbagliate, dire cose non nuove non è ancora il peggio.
    Comunque, legga l’articolo di stasera e poi riprenderemo la conversazione.

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