ERICA JONG DIFENDE STRAUSS-KAHN

Erica Jong difende Dominique Strauss-Kahn (1) ma come è ovvio lo fa involontariamente. Infatti non è per nulla contenta di come si stanno mettendo le cose nel processo e sarebbe felice di vedere DSK condannato: purtroppo nel sostenere la propria tesi è peggio che maldestra.
Come spesso avviene ai sentimentali, agli incompetenti e – chiediamo scusa – agli artisti, la scrittrice dimostra di disporre di una linea diretta e personale con la Verità. Ha certezze preconcette e altezzose e può per questo affermare senza ambagi che qui si tratta del solito vecchio copione: “La vittima viene trasformata in colpevole e il colpevole in vittima. Sotto i riflettori, adesso, è rimasta solo la cameriera e nessuno parla più dello stupratore”. Chi mai l’autorizza a chiamare stupratore un uomo che non è stato ancora condannato? O può farlo, come direbbe il Marchese del Grillo, perché lei è lei?
Né si scompone quando l’intervistatrice le fa osservare che la guineana si è rivelata una bugiarda: “Ciò non elimina il fatto che sia stata stuprata: le prove del Dna sono inoppugnabili. DSK è colpevole e nessuno ha messo in dubbio che l’abbia assaltata sessualmente. Anche il fatto che una povera disgraziata abbia pensato di trarre economicamente vantaggio dalle proprie sventure è comprensibile”. E qui bisogna distinguere. Che “una povera disgraziata” pensi di trarre una compensazione economica da una vicenda triste come uno stupro non è scandaloso: è umano. Proprio per questo l’ordinamento italiano prevede la costituzione di parte civile. Si può perfino perdonare che l’interessata si lecchi i baffi considerando la ricchezza del colpevole. Ma l’errore è nel manico. Siamo sicuri che l’accusato sia colpevole? Con quale audacia si può dire: “Ciò non elimina il fatto che sia stata stuprata”? Dov’è questo evento, dal punto di vista giuridico, se prima non lo accerta l’autorità giudiziaria?
La Jong è sicura delle sue convinzioni perché nel corpo della donna è stato trovato il Dna dell’accusato. Lo ribadisce più e più volte. Per questo proclama baldanzosamente che: “nessuno ha messo in dubbio che DSK abbia assaltato la donna” (probabilmente l’originale dice assaulted che qui significa “violentato”, non “assaltato”, ma lasciamo perdere). Quel che importa è che la romanziera qui riveli il suo fondo di femminista delirante: non distingue infatti uno stupro da un rapporto sessuale. Chi scrive ha conosciuto una signora che sarebbe stata una sua buona amica: costei chiamava stupratore il gatto e affermava che prendeva con la violenza la gatta, senza pensare che nessuna di esse sarà mai fecondata se non mette volontariamente la coda di lato.
L’intervistatrice fa notare che perfino l’accusatore non crede più molto alla denuncia e la Jong alza le spalle: quel tale si comporta così “non perché non creda più allo stupro di cui, lo ripeto, esistono prove del Dna”, ma perché non crede più alla possibilità di vincere in aula. Colpa notevole, questa. Mentre lei, che vuole dare lezioni agli altri, non distingue un rapporto consentito da un rapporto imposto e non capisce che in questo modo pronuncia un’arringa in favore di Dominique Strauss-Kahn. Se infatti l’unica prova della violenza carnale fosse il congiungimento (e il Dna su cui la Jong tanto insiste) l’economista francese sarebbe in una botte di ferro. È la violenza o la minaccia, che bisogna provare: non il congiungimento. Per questo aspettiamo la fine del processo. Il Dna conta poco. A volte basta usare un preservativo.
Il femminismo ha il merito di avere fatto molto per introdurre un migliore equilibrio nei rapporti fra i due sessi e soprattutto per ottenere una migliore considerazione socio-economica della donna. Ma la Jong è il tipo di femminista che lo rende assurdo e lo ridicolizza.
Torna in mente una massima di Nietzsche: “Il miglior modo per danneggiare una tesi è difenderla con cattivi argomenti”. Erica Jong, in questo campo, si è rivelata una campionessa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
3 luglio 2011
(1)http://www.corriere.it/esteri/11_luglio_03/farkas_erica-jong-vecchio-copione-donna-vittima-imputata_c9988680-a54b-11e0-980c-35d723c25df8.shtml

ERICA JONG DIFENDE STRAUSS-KAHNultima modifica: 2011-07-03T17:27:09+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “ERICA JONG DIFENDE STRAUSS-KAHN

  1. Non dimentichiamo una cosa importante, secondo me: questa donna, per trarre vantaggio economico da una menzogna, ha accusato un uomo di un crimine che, pare, sia punibile anche con 75 anni di carcere. E non dubito che il pubblico ministero avrebbe chiesto il massimo della pena, non fosse altro che per la propria immagine….Non si è mica limitata a chiedergli soldi, gli avrebbe fatto trascorrere, innocente, il resto della vita in galera. Un’autentica criminale, che sembra non avesse scrupoli a taglieggiare non i ricchi, ma i più poveri di lei, se saranno confermate le voci dei giornali americani. Spero che venga denunciata e paghi, lei sì, per i suoi reati.

  2. Lei è giustamente indignata. Pure se – come ha visto – irrido la superficialità e cieca faziosità della Jong, io non riesco ad evitare di sentire un sentimento di pietà per questa donnetta sbandata. Fra l’altro, bisognerebbe conoscere i fatti molto più da vicino: è a questo che servono i processi.
    Che sia dunque condannata per calunnia, se lo merita. Ma non riuscirei a farlo con gioia.

  3. E’ stato più furbo di me; si finisce col farsi sangue cattivo a vedere che gente c’è in giro.
    Complice la brevità dell’articolo io ho finito col leggerlo. La prossima volta m’adeguo alla sua dispensa, che poi di solito faccio mia.

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