È MORTO IL RE, VIVA IL RE!

La notizia è che è morto il “caro leader” Kim Jong-il, il figlio del fondatore della dinastia, Kim Il-sung. Ora ascenderà al trono il terzogenito del sovrano defunto, Kim Jung-un. Per la continuità ci auguriamo che questo giovane – generale a quattro stelle anche se non ha competenza o esperienza militare – abbia un figlio, o anche una figlia, nel caso nella Corea del Nord non viga la legge salica.

Tutte queste notizie non sarebbero di particolare rilievo se stessimo parlando dell’Inghilterra o della Spagna: viceversa, la Corea del Nord è uno dei più rigidi e longevi regimi comunisti del mondo e rappresenta l’unico caso che sia dichiaratamente una monarchia.

Per distinguere la monarchia dagli altri regimi, non importa se il sovrano si chiami re, imperatore, scià o  emiro. Non importa se abbia un potere assoluto, come Luigi XIV e Fidel Castro, o un potere limitato (monarchia costituzionale) o infine un potere sostanzialmente azzerato, come in Gran Bretagna. Essenziale è che la carica sia estremamente onorifica e soprattutto ereditaria. È questa la caratteristica differenziale: che la posizione sociale del capo dello Stato passi di padre in figlio. E dal momento che proprio questo avviene in Corea del Nord, si può star certi che si tratta di una monarchia. 

In teoria, una monarchia comunista è in contraddizione con lo stesso marxismo. Secondo Karl Marx, la borghesia aveva attuato la prima, necessaria rivoluzione, contro i nobili e il re; poi il proletariato avrebbe dovuto attuare la propria contro quella stessa borghesia e lì la storia si sarebbe fermata. Non era previsto che poi i proletari si dessero un re, in modo che così la vicenda storica – un po’ come teorizzava Aristotele – riprendesse il suo ciclo. Non solo per Marx il monarca era in contraddizione col trionfo del proletariato, ma il proletariato non avrebbe dovuto nemmeno convivere con la borghesia: l’avrebbe dovuta “superare”, mantenendone i benefici e le qualità, ma eliminandola come classe.

Che si sia potuti arrivare ad una monarchia comunista si spiega con l’esperienza concreta del comunismo. Le teorie di Marx sono apparse ai suoi seguaci indefettibili e soprattutto “scientifiche”. Non qualcosa di opinabile, come l’economia di Adam Smith, ma piuttosto un sistema senza falle che non poteva non funzionare. Purtroppo, non appena i comunisti hanno preso il potere, si sono accorti che la gente non considerava quelle teorie né indefettibili né scientifiche ed era anzi pronta a fare una nuova rivoluzione pur di liberarsi dei comunisti. 

Ma questa evidente tendenza alla “controrivoluzione” non scuoteva la fede dei ferventi comunisti, i quali ragionavano come segue: le teorie di Marx sono bellissime e scientifiche, se il popolo non le capisce, peggio per lui; dal momento che noi le applichiamo per il suo bene, lo faremo anche contro la sua volontà. Non diversamente da come un padre affettuoso impone al figlio di ingerire la medicina che trova amara. Ed ecco creata la formula della “dittatura del proletariato” che in realtà è stata la “dittatura che i capi comunisti imponevano al proletariato”. 

Sempre per il bene del popolo,  l’illibertà è stata spinta fino a sopprimere il diritto di critica, in modo che non si propagandassero “idee erronee e nocive”; sono state soppresse le libere elezioni, visto che gli elettori potevano sbagliare; si è mandato a morte chi dissentiva è si è arrivati ad un delirio di potere che Luigi XIV non sarebbe neppure riuscito ad immaginare.

Poiché però l’assolutismo è la forma arcaica della monarchia, la sostanza ha finito col prevalere sugli orpelli ideologici e formali ed ecco che il capo comunista è divenuto un re: col diritto di trasmettere il potere al figlio. Unica domanda: come possono i comunisti accettare una situazione del genere?

La prima ragione è che comunisti e non comunisti hanno sempre avuto buone ragioni per non manifestare il loro dissenso. In certi posti il potere manifesta la propria disapprovazione col campo di concentramento e la fucilazione. Poi, il comunismo, teoria infallibile e scientifica, è stato vissuto come una religione. È stato inverosimile che la realtà lo contraddicesse e pensando che il “monarca assoluto” cercava comunque di fare il bene del popolo, gli si è perdonato tutto. Mentre questo non potrebbe avvenire nel mondo liberale, perché qui manca la teoria “infallibile e scientifica”. Per giunta la stampa libera (quella che diffonde idee “erronee e nocive”) è pronta a  denunciare le magagne del regime e i risultati negativi dell’azione di governo. 

Dunque la Corea del Nord avrà presto un nuovo sovrano: “È morto il re, viva il re!”

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

19 dicembre 2011

È MORTO IL RE, VIVA IL RE!ultima modifica: 2011-12-19T16:50:00+01:00da gianni.pardo
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