Il doloroso Travaglio della logica

Pare ci sia un film sulla strage di Piazza Fontana e pare ci sia un libro di Adriano Sofri che contesta la ricostruzione che quel film fa dell’episodio. Diatriba fuor di luogo, se si pensa che un film non è affatto la sede per occuparsi di storia: ma se si ha il diritto di commentare le decisioni arbitrali concernenti il Milan e le tesi politologiche di Ernesto Galli Della Loggia (uno sfortunato intellettuale cui il nome ruba un notevole numero delle battute che gli sono concesse per un articolo) si avrà perfino, osiamo immaginare, il diritto di contestare il soggetto di un film. Sofri è dunque perfettamente legittimato a scrivere libri e criticare chi vuole. Così la pensiamo tutti. 

O, per la verità, non tutti. Ci sono delle eccezioni. C’è chi è più attento degli attenti, più acuto degli acuti, più severo dei severi e soprattutto più puro dei puri: Marco Travaglio il quale, in un editoriale sul Fatto Quotidiano, non concede questo diritto e ci costringe a difendere Sofri. L qual cosa, visto ciò che pensiamo di quest’uomo condannato per omicidio, è una mala azione. Ma Travaglio non arretra neanche dinanzi a questo e nell’articolo  “Sofri col buco” sostiene una tesi che, come tante ciambelle, gli riesce senza buco. 

A suo parere il collega giornalista ha perduto il diritto di occuparsi di argomenti giudiziari perché non si riconosce colpevole dell’omicidio del commissario Calabresi. “Sofri contesta quelle sentenze, ma così indebolisce qualunque cosa dica sugli altri eventi di cui si improvvisa ‘storico’: se le carte giudiziarie non valgono quando servono a condannare lui e i suoi compagni, sono carta straccia anche quando gli servono a smontare le tesi di Cucchiarelli e/o Giordana”. Una sola frase che serve a dimostrare come con poche parole si possano dire più sciocchezze di quante a volte un onest’uomo riesca a dire in un anno.

Non ci si può aspettare che ogni condannato riconosca la propria colpa. Solo la Chiesa lo richiede, ma per poi concedere il perdono. E solo Stalin lo richiedeva, ottenendolo spesso perché gli accusati – sapendosi comunque condannati a morte – volevano evitare conseguenze per la famiglia. Ma in un normale Paese democratico il normale condannato ha tutto il diritto di proclamarsi innocente anche dopo la condanna. Solo qualche Torquemada ritardatario può pensarla diversamente.

Inoltre, una condanna può essere perfettamente motivata in sentenza e ciononostante non corrispondere a quanto è realmente accaduto: mai sentito parlare di errore giudiziario? La sentenza non stabilisce una verità “storica” ma una “verità giudiziaria”: e questa rimane opinabile. Prova ne sia che a volte essa è riformata in appello o in Cassazione. E se ci fosse un quarto grado di giudizio, potrebbe anche essere cassato il giudizio della cassazione. Infatti i giudicanti e i condannati possono in perfetta buona fede vedere la vicenda con occhi diversi, traendone conseguenze diverse. Anche dinanzi a fatti assolutamente incontestabili si ha il diritto di negare l’evidenza. Sarà stupido, ma è un diritto esercitano da molti. Marco Travaglio incluso.

Appare poi assurdo negare, a chi ha contestato una sentenza, la facoltà di appoggiarsi a documenti giudiziari nella discussione su altri fatti. Se così fosse, se ne dedurrebbe che ognuno ha solo l’alternativa tra considerare vangelo e verità storica qualunque affermazione contenuta in atti giudiziari e – a fortiori – nelle sentenze, e giudicare sempre falso ciò che è contenuto negli atti giudiziari e nelle sentenze. Una stupidaggine.

Ma questa stupidaggine ha una sua tradizione, quasi i suoi quarti di nobiltà. Molti, di fronte ad un’argomentazione, prima di chiedersi se sia giusta o sbagliata, chiedono chi l’abbia formulata. Se l’autore è un avversario, la dichiarano invalida a scatola chiusa, se è un alleato, è certo giusta. Addirittura, se per caso appare evidentemente sbagliata, si comincia a cercare in che modo si potrebbe sostenerla. Naturalmente è un atteggiamento da persone poco razionali, forse emotive, forse fanatiche, forse addirittura stupide. Persone a cui si può opporre una semplice domanda: Pitagora fu per certi versi una persona molto strana, ma quand’anche fosse stato malato di mente, il suo teorema sarebbe meno vero per questo? Né vale osservare che un’opinione non è inconfutabile come un teorema: perché per distinguerli bisogna esaminarli senza pregiudizi.

La squalifica che Travaglio cerca di infliggere a Sofri è sbagliata da così tanti punti di vista che se ne potrebbe dedurre – volendo fare dell’umorismo – che da ora in avanti qualunque cosa dirà il grande fustigatore del Fatto Quotidiano la riterremo erronea perché l’ha detta lui.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

3 aprile 2012

 
Il doloroso Travaglio della logicaultima modifica: 2012-04-03T15:06:21+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo