BOSSI, IL CATTIVO GUSTO DELLA STORIA

Franz Schubert fu un grandissimo genio musicale. Non è possibile paragonarlo a Mozart – ma forse nessuno può essere paragonato a Mozart – e tuttavia ebbe in comune con il salisburghese il dono della melodia come pochi altri. Fu un vero, grande e tuttavia tenero poeta del pentagramma. Un artista cui facevano torto l’aspetto, la timidezza, la povertà, e che tuttavia avrebbe meritato l’amore e l’ammirazione fanatica che oggi riscuotono ragazzotte che si dimenano urlando mezzo nude dinanzi ad un microfono. Invece il povero Franz non ebbe un’oncia di questo successo. La storia ci dice addirittura una cosa orribile: morì giovanissimo per la sifilide contratta accoppiandosi con una puttana. Franz Schubert con una puttana, come dire Giulio Cesare che ha paura di un topo o Einstein che sbaglia un’addizione. Sarebbe stato più adeguato, per lui, cadere combattendo per un ideale, come Lord Byron a Missolungi, o essere ucciso da un marito geloso, o perfino che si suicidasse per amore: vedere invece un angelo abbattuto dalla sifilide è cosa che strazia.

Purtroppo la vita non ha di queste preoccupazioni neanche ai più alti livelli. Un imperatore come il Barbarossa avrebbe meritato di morire circondato dal rispetto e dal pianto dei suoi fedeli, o ucciso in una battaglia che il suo esercito avrebbe comunque vinto; sarebbe stato persino concepibile che fosse ucciso a tradimento, sono cose che nelle corti sono sempre avvenute. E invece annegò in un fiume – forse per essere andato a bere e bagnarsi un po’ – dimenticando di togliersi la corazza.

Per tutti questi motivi c’è da essere dispiaciuti per le dimissioni di Bossi. Anche se ispirava ben poca simpatia, anche se la sua rozzezza era spesso insopportabile, quell’uomo fu il paradigma del genio politico al di là delle raffinatezze politologiche. Un Masaniello, forse, ma molto più capace di Masaniello di avere successo e durare nel tempo. La sua proposta iniziale fu ben poco credibile e il personaggio rimase sempre in buona misura folcloristico: nondimeno il suo fiuto politico fu indiscutibile e il suo successo straordinario, soprattutto se comparato con la qualità del suo messaggio. Se fosse morto quando è stato colpito dall’ictus – un evento tragico – la sua parabola sarebbe stata veramente mirabile. Invece la sorte ha voluto che lo vedessimo trascinarsi e faticare perfino a parlare. Invischiato infine in beghe di soldi, di famiglia, di miserie fin troppo umane. 

In questo la vita è stata crudele. Anche ad ammettere che si dovesse arrivare alla conclusione della sua totale innocenza, gli schizzi di fango, nei pressi di via Bellerio, sono volati troppo in alto per non sporcare anche lui.

Di questo bisogna essere addolorati. Solo se si è di animo gretto si riesce a godere dell’infortunio di chi ha avuto innegabili tratti di grandezza, il genio dell’innovazione vincente, la forza del costruttore di destini.

Umberto Bossi non è mai stato simpatico. È stato a volte difficile sopportare il suo modo di parlare, i suoi ideali separatisti, il suo disprezzo per l’Italia e per la sua bandiera. La sua violenza verbale lo ha apparentato a personaggi rozzi come Di Pietro – senza arrivare agli eccessi dolosi di quest’ultimo, ma in questo l’ex pm ha pochi rivali – anche se la sua è sempre sembrata la ruspante manifestazione di uno spirito rustico e grezzo più che malevolo. L’uomo aveva anche tratti di grande carattere, cosa che Berlusconi capì prima di altri. Infatti gli accordò il perdono dopo il “ribaltone” e, contro la previsione di tutti, non sbagliò contando sulla sua imperitura amicizia.

Se avesse avuto più buon gusto e un maggiore senso delle proporzioni, la storia avrebbe previsto  per un simile leader una caduta crudele, se si vuole, ma grandiosa. Vederlo crocifisso su problemi di denaro, forse su piccole ruberie, forse sulle sue debolezze di padre e di marito, è cosa che fa stringere il cuore. Ci si sente obbligati ad esprimergli un po’ di comprensione e l’imbarazzata compassione verso un nemico che si sarebbe voluto veder battuto, magari, ma non così.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

6 aprile 2012

 
BOSSI, IL CATTIVO GUSTO DELLA STORIAultima modifica: 2012-04-06T09:18:13+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “BOSSI, IL CATTIVO GUSTO DELLA STORIA

  1. Ho letto l’articolo. Spero che sia Bossi sia suo figlio e gli altri lo querelino. Ed io da giudice lo condannerei, non solo in nome di un codice penale chiarissimo, riguardo a testi del genere, ma anche e soprattutto in nome del buon gusto.

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