PUSSY RIOT: COLPEVOLI

Tre donne del gruppo punk-rock russo “Pussy riot” sono processate a Mosca e nel mondo ci sono proteste e manifestazioni in loro favore.

I fatti, per come li riferisce Wikipedia, sono questi: “Il 21 febbraio del 2012, come parte di un movimento di protesta contro la rielezione di Vladimir Putin, tre donne del gruppo sono entrate nella Cattedrale di Cristo Salvatore della Chiesa Ortodossa Russa a Mosca, si sono fatte il segno della croce ed hanno provato a cantare una canzone. Dopo meno di un minuto, sono state scortate fuori dall’edificio dalle guardie. Il film dello spettacolo è stato più tardi usato come un video clip per la canzone. In essa, il gruppo chiedeva alla Madonna di “scacciar via Putin”. La canzone parlava anche del Patriarca di Mosca Kirill I come di qualcuno che crede più in Putin che in Dio”.

Le imputate sono in carcere da allora e la loro detenzione preventiva è stata estesa di altri cinque mesi circa. Naturalmente siamo contro questa detenzione, ma purtroppo il pulpito italiano è inadatto a questa protesta.

L’accusa, abbastanza grave, è quella di “teppismo premeditato attuato da un gruppo organizzato di persone, motivato da odio religioso ed ostilità”. Le donne rischiano pene fino a sette anni di reclusione e si difendono insistendo nel dire che non volevano che la loro azione fosse offensiva. E in effetti in Italia probabilmente le tre donne sarebbero state accompagnate fuori dalla chiesa da vigili urbani annoiati: ma ciò non significa che ci si debba aspettare la stessa reazione dovunque. 

Se una turista di New York entra a capo scoperto e in hot pants in una moschea, solo per ammirarla, offenderà profondamente i musulmani, anche se lo avrà fatto per pura ignoranza e innocentemente. Infatti l’atto è valutato in modo assolutamente diverso dall’interessata e dai devoti locali: per questa ragione si sarebbe lieti di ottenere il perdono per l’incauta. Ma nel caso delle tre donne si è realmente avuto un reato “premeditato”, come dice l’accusa. Essendo russe, esse sapevano e sanno perfettamente quale poteva essere la reazione. Anzi, ne erano talmente coscienti che hanno tentato di approfittarne, filmando la scena e poi cercando di utilizzarla come video clip per la canzone. Nessuna innocenza, dunque. Nessuna buona fede. Soltanto la tendenza spasmodica del nostro tempo a farsi notare a qualunque costo. Magari esponendo una latta di conserva con su scritto “Merda d’artista”.

Il gruppo del resto si rende sospetto già a partire dal nome. Pussy riot suona grazioso, in italiano, ma in inglese significa “sommossa della passera”, o peggio. Dunque la firma della ditta è la volontà di urtare pur di farsi notare. 

Qualcuno potrebbe obiettare che dopo tutto le loro provocazioni sono ragazzate un po’ squallide. Può darsi. Ma sta sempre a vedere dove. Che qualcuno provi a gridare ingiurie a Maometto in una piazza di Riad e vedrà.

 A Mosca le imputate sapevano perfettamente che avrebbero offeso la sensibilità religiosa degli ortodossi e che avrebbero provocato uno scandalo. Uno scandalo che hanno coscientemente cercato. È per questo che passa la voglia di chiedere clemenza per loro. 

Nel mondo democratico si ha più considerazione per i colpevoli che per gli offesi dal reato. Se degli uomini nudi scavalcassero il muro di un convento di clausura, tanto per ridere delle facce scandalizzate delle monache, molti giornali ne ricaverebbero un corsivo. Fossi un magistrato, darei a quei giovanotti l’occasione di riflettere al fresco, per qualche mese, sul loro cattivo gusto. Gli altri non sono giocattoli con cui divertirsi, strumenti da usare, scalini su cui salire per farsi notare. Chiunque offende coscientemente e gravemente i sentimenti del prossimo deve essere punito. E ancor più severamente se cerca di guadagnarci. 

Le tre russe – forse memori delle piazzate di Jane Fonda – ormai si potrebbe mandarle a casa: hanno già avuto il tempo di capire che quel genere di video clip costa troppo caro. Ma, appunto, andrebbero liberate perché hanno già pagato, non perché siano innocenti. 

Il cittadino occidentale è lodevolmente innamorato della propria libertà ed è disposto a difenderla da ogni attacco. Ma se ha ragione quando chiede che non gli sia vietato quasi nulla, ha torto quando vuole imporre agli altri ciò che piace a lui. Come scrisse un umorista quasi cent’anni fa: “Non fate al prossimo ciò che vorreste fosse fatto a voi: non tutti abbiamo gli stessi gusti”.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

7 agosto 2012

PUSSY RIOT: COLPEVOLIultima modifica: 2012-08-08T10:44:24+02:00da gianni.pardo
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