CHIUNQUE PUO’ ESSERE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?

Anche un cretino? Questa domanda farà sobbalzare più d’uno. E tuttavia a torto. L’art.84 della Costituzione stabilisce infatti: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”. E poiché anche un cretino gode di quei diritti, può essere eletto.

La sorpresa venata d’indignazione che può suscitare il dubbio – costituzionalmente ineccepibile – merita tuttavia una spiegazione. La prima è sociologica. Si è così abituati all’idea che di quel supremo funzionario si possa soltanto parlare in termini di reverente rispetto, da trovare sconveniente che, a qualche parola di distanza dal suo nome, ci siano epiteti come cretino, dittatore, prevaricatore. La seconda è giuridica: c’è un articolo del codice penale (278) che punisce molto severamente (da uno a cinque anni di reclusione) il colpevole di “Offese all’onore o al prestigio del presidente della Repubblica”.

Lo scopo della norma è quello di far sì che al Capo dello Stato, come un tempo al re, sia facile raggiungere lo status di simbolo della nazione e di onorato rappresentante della collettività. Il primo cittadino deve essere al di sopra degli interessi particolari, al di sopra della politica, al di sopra della comune umanità. Un tempo il re era tale non per volontà della nazione ma “per grazia di Dio”. E se voleva apparire ai cittadini come un essere del tutto speciale, l’“unto del signore”, doveva conformarsi a questa immagine quasi ieratica. Dei re di Francia si diceva che potessero guarire la scrofola solo toccando il malato.

Questa particolare maestà si ottiene mediante l’azione combinata del codice penale e del comportamento dello stesso Capo di Stato. Per essere sentito come al di sopra delle altre cariche, egli si astiene infatti – salvo che in modo estremamente formale – dal partecipare alla vita politica e sociale della nazione. Non gli è vietato di tifare per l’Inter ma è meglio che non lo dica: non farebbe piacere ai tifosi del Milan. Per essere al livello della sua carica il Capo dello Stato deve dire solo banalità – come fa la Regina Elisabetta II – o star zitto.

Quid iuris se di fatto un Presidente non agisce così?

Dal punto di vista giuridico, non avviene assolutamente nulla. Il suo comportamento non cambia la legge. Se egli dicesse “Roma è sporca perché il sindaco è un idiota” non sarebbe lecito rispondergli: “Il presidente è un imbecille e soffre di demenza senile”. L’esimente della reciprocità delle ingiurie (Art.599) opera tra privati, non esiste nell’art. 270. Il Presidente non rischierebbe nulla (è irresponsabile, art.90) mentre il sindaco dovrebbe temere una condanna da uno a cinque anni di carcere. 

Molti lettori troveranno insopportabile questa disparità di trattamento ma di fatto il caso è inverosimile. Un Presidente normale non si metterebbe mai in una simile condizione. Anche perché, se lo facesse, presto gli interessati si sentirebbero autorizzati – codice penale o no – a rispondergli per le rime. E quando viene a mancare il rispetto sostanziale, è persino possibile che qualche persona abile, se appena il Presidente parla in modo inappropriato, sia in grado di dribblare il codice e di dirgli il fatto suo. Se egli affermasse pubblicamente: “Quella legge è assolutamente necessaria”, potrebbe sentire questo commento: “Il Capo dello Stato dichiara assolutamente necessaria una legge che sarebbe dannosissima per la nazione, tanto che ci si può chiedere se se ne renda conto o se non ha a cuore il destino dell’Italia”. Qui non siamo nel vilipendio, ma poco ci manca. Non è meglio evitare che nascano casi del genere? Il Presidente della Repubblica che parla molto, o esprime pareri discutibili, rischia il prestigio proprio e della propria carica. Poco importa che il codice penale lo protegga: è meglio non aver bisogno di quella protezione. Anche perché alla fine la pubblica opinione solidarizzerebbe col condannato.

Il codice comunque esagera, con questo reato di vilipendio. Punisce con la multa (art.290) “Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo, o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario”. E come se non bastasse analoghi articoli proteggono la bandiera, le forze armate, la Resistenza (sì, art.290) e la stessa nazione italiana. Sappiate che è reato dire che l’Italia è un Paese di furbi. Per fortuna queste norme non sono applicate: le carceri non avrebbero posto per tutti.

Sempre che ciò non costituisca oltraggio alla nazione, deve dirsi che da noi si vuol risolvere tutto con le leggi e si dimentica che il prestigio delle istituzioni si ottiene meritandolo, non con i carabinieri.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

11 agosto 2012

 
CHIUNQUE PUO’ ESSERE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?ultima modifica: 2012-08-12T09:35:54+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “CHIUNQUE PUO’ ESSERE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?

  1. Carissimo prof, scusi se mi faccio vivo di rado. Leggo sempre i suoi commenti, sono perlopiù d’accordo e raramente ho qualcosa da aggiungere; Farle sempre i complimenti sembrerebbe lecchino, per cui prenda i miei silenzi come assensi.
    Con affetto.

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