ADRIANO SOFRI PURISTA

Oggi Adriano Sofri si è scoperto linguista. Su “Repubblica”, e per riassunto anche sul Foglio(1), nota che la Corte d’Appello di Venezia, a proposito del noto bambino riconsegnato al padre, ha “scritto nella sua ordinanza: ‘C’è la necessità di un allontanamento del minore dalla madre, fino ad aiutarlo a crescere, imparare e non certo da ultimo, a resettare e riassestare i propri rapporti affettivi in ambiente consono…’. Resettare e riassestare: io [Sofri] ho una totale sfiducia in persone adulte che scrivono così, figuriamoci quando scrivono così a proposito di un bambino. Si devono anche essere compiaciuti dell’assonanza, resettare, riassestare”. 

Ebbene, che male c’è, a scrivere così, in un mondo in cui tutti parlano di problematiche invece di problematica (visto che questa è già una serie di problemi); di problematica invece di problemi e di problemi invece di fastidi? In cui si usa, a capocchia, “paritario” invece di “pari”? In cui si usa il termine “narrazione” nei contesti più incongrui? Quanti sanno che nessuno dovrebbe andare in galera per una pena “comminata”? Infatti le pene “comminate” sono quelle minacciate, non quelle inflitte. 

Il nostro è un Paese che ama l’enfasi. La parola che fa apparire tecnici, anche se la si è appena sentita e se la si usa a sproposito. Un esempio correntissimo: tutti parlano, in caso di trapianto, di “espianto” dell’organo donato e invece dovrebbero usare il termine “prelievo”, non solo perché è più corrente, ma perché è quello che usano i medici. L’espianto è l’azione di togliere l’organo dal corpo del paziente in cui è stato trapiantato, se l’operazione non è andata a buon fine. Ma a che scopo dare esempi? Il vero purista non passa il tempo a criticare il prossimo, perché non farebbe altro, tutta la giornata. Il prossimo parla come può e come sa, ed è meglio che nessuno, neanche il purista, lanci la prima pietra.

Ma Sofri di questo principio non tiene conto. “Che un bambino debba ‘resettare’ i propri affetti è una formulazione raccapricciante”, scrive. Ma sa che cosa vuol dire “raccapricciante”? Secondo il Devoto-Oli il raccapriccio  è la “violenta sensazione di repulsione, orrore e spavento, che insorge alla vista o al pensiero di un pericolo, del sangue, di una morte violenta o atroce”. Insomma raccapricciante è un aggettivo più adatto all’assassinio, per odio politico, di un commissario di pubblica sicurezza che all’uso di un verbo piuttosto che di un altro. E non era lui, che criticava l’uso improprio della lingua? 

Poi comunque prosegue che il verbo: “vuol dire azzerare, ricominciare daccapo e, nonché (nonché?) a un bambino veneto di dieci anni forte in matematica, nemmeno al ragazzo selvaggio dell’Aveyron si può prescrivere di ripartire da zero, di fare tabula rasa dei propri affetti”. Se il verbo significa “azzerare, ricominciare daccapo” è usato bene, mentre è usato malissimo il riferimento all’Aveyron, citato nella speranza che gli italiani non lo conoscano. L’Aveyron è un dipartimento francese e già questo ci dovrebbe indurre ad una certa prudenza. Ci piacerebbe che a Parigi si parlasse di “un ragazzo selvaggio della Basilicata”? E comunque quel dipartimento ci ha dato uomini di cultura come Jean-Henri Fabre, sui cui libri tanti di noi si sono accostati all’entomologia, politici come Poujade, ed anche il famoso Alain Peyrefitte, che presumiamo non più selvaggio di Sofri. Senza dire che Millau, nell’Aveyron, possiede forse il più alto ponte stradale d’Europa, ben 270 m d’altezza, nel punto massimo. Devono essere dei selvaggi piuttosto abili, in tecnologia, da quelle parti. 

Si critica inoltre che, parlando del padre, l’ordinanza scriva che il bambino “non percepisce alcun vuoto della sua mancanza”. “Formulazione così impervia”, scrive Sofri, “da poter essere voltata senza danni: non percepisce alcuna mancanza del suo vuoto”. E invece no. Vuoto è complemento oggetto di “percepisce”, e si tratta evidentemente di una sensazione; mentre mancanza qui significa un fatto, una dolorosa assenza. I due termini non sono intercambiabili. O Sofri non ha capito, e questo non gli fa onore, o fa finta di non capire, e questo non gli fa onore. 

Il brillante giornalista conclude così il suo pezzo: “Io, a giudici così, non affiderei neanche il compito di riassettare la cucina dopo una spaghettata”. Innanzitutto, per la cucina è più corrente rassettare che riassettare. Poi, l’ordinanza ha usato non il verbo “riassettare” ma il verbo “riassestare”, perfettamente adeguato alla bisogna, dal momento che significa “rimettere ordine”. Ma si comprende la severità di Sofri. Tutti abbiamo qualcosa da rimproverarci. L’estensore del provvedimento un’assonanza, Sofri oggi la spocchia, in passato qualcos’altro. 

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

18 ottobre 2012

(1)http://www.ilfoglio.it/piccolaposta/617

 
ADRIANO SOFRI PURISTAultima modifica: 2012-10-18T14:11:00+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “ADRIANO SOFRI PURISTA

  1. “…Si sa che la gente dà buoni consigli, sentendosi come Gesù nel Tempio, si sa che la gente dà buoni consigli, se non può più dare cattivo esempio…”

  2. Caro GIanni, forse mi ripeto ma non posso esimermi dal dire che è sempre con rinnovato piacere che leggo i suoi post.
    Oltre ad essere brillanti sono così sottilmente ironici che mi strappano sempre un sorriso.
    Grazie!

  3. Cara Ivana, sa chi è il modello in questo campo? Bertrand Russel, che riesce a scrivere di filosofia con un sotterraneo, continuo humour. Great!

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