IN DIFESA DI NICHI VENDOLA

Nichi Vendola mi è cordialmente antipatico. Mi sembra un inconsistente affabulatore, un giocoliere delle parole che, sempre farfugliando, ne lancia quattro o cinque in aria, le riafferra al volo, le fa volteggiare, sicché alla fine l’ascoltatore non capisce niente della sua “narrazione”. Chi è di sinistra ne ricava l’impressione generale di un idealista dall’anima pura e dalle intenzioni coraggiose e innovative. Personalmente, invece, di tali intenzioni non saprei dire se sono più demenziali che pericolose o più pericolose che demenziali. Ecco perché spero vivamente che le primarie del Pd le vinca Bersani, Renzi, perfino D’Alema, ma non lui.

Ciò posto, da italiano medio (dunque fazioso) dovrei essere contento del fatto che un giudice di Bari, il 31 ottobre, potrebbe condannarlo per abuso d’ufficio: i pm hanno chiesto venti mesi di carcere perché sembra che a un concorso per primario ospedaliero presso il nosocomio San Paolo di Bari egli abbia favorito un candidato. Contento soprattutto del fatto che, ha detto, “è del tutto ovvio che una sentenza di condanna, sia pure relativa a un concorso in abuso di ufficio per me sarebbe un punto di non ritorno, segnerebbe il mio congedo dalla vita pubblica”. Dunque ci libereremmo di lui. 

E invece ne sono tutt’altro che contento.

Vendola si inchina al malvezzo di dichiarare indegno della politica chi sia condannato, anche se non con sentenza definitiva, sol perché gli italiani cedono a questo anelito di legalità e moralità, senza accorgersi che questo atteggiamento è sbagliato per troppi versi. 

Innanzi tutto c’è reato e reato. Chi ha investito un pedone è reo di lesioni colpose. Questo ne farebbe un cattivo senatore? Chi può essere sicuro che non si renderà mai colpevole di questo delitto?

In secondo luogo, finché la sentenza non è definitiva ogni cittadino è da considerarsi innocente e in pieno possesso dei propri diritti, fra cui quello di fare politica.

Fra l’altro è assurda la convinzione che all’accusa corrisponda la colpa. Se così fosse, nessuno mai sarebbe assolto e invece persino la metà degli imputati che aspettano la sentenza in carcere (dunque l’accusa è seria) sono assolti. Cosa che viceversa dovrebbe costituire un grave rimprovero per gli inquirenti, che hanno tenuto in galera un innocente. Come certificato dai loro colleghi della giudicante. Né è ragionevole attribuire ai magistrati, a tutti i magistrati, un totale disinteresse ed un estremo scrupolo nel non muovere accuse avventate. La storia sta lì a dimostrare il contrario. E non diciamo altro. 

Non si può dunque spingere la severità fino a dire che “la specchiata correttezza del candidato non deve neppure essere sfiorata dal dubbio”, perché così facendo si permetterebbe a qualunque magistrato di stroncare la carriera di qualunque politico. Nessuno deve dimenticare che il pm non potrà mai essere perseguito per un’accusa evidentemente infondata. Il giudice ha obblighi di correttezza e imparzialità (tanto che esistono gli istituti dell’astensione e della ricusazione), ma questi obblighi non valgono per i pm.

Proprio per questo la Costituzione – quale era saggiamente prima del 1993 – offriva una robusta immunità parlamentare. L’avere permesso a qualunque inquirente di rinviare a giudizio qualunque uomo politico ha permesso al potere giudiziario (usiamo la terminologia di Montesquieu) di sconfinare nel potere politico, e ciò col sostegno di un moralismo delirante che fa dire a Vendola che una condanna “segnerebbe il suo congedo dalla vita pubblica”. Questo è un errore. Qualunque politico, se reputa di essere innocente, non deve accettare che un terzo, solo perché ha vinto un concorso, e magari per pregiudizio politico, decida chi può andare al governo e chi no. Vendola dovrebbe mettersi alla testa di una crociata per riportare l’art.163 della Costituzione alla sua originaria formulazione: il giudizio “politico” su un “uomo politico” deve essere dato da un organo “politico”, la Camera cui appartiene. Se poi questo giudizio è contrario ai fatti e al diritto penale, il magistrato penale aspetterà la fine della carica, magari con rinvio del termine per la prescrizione. Ma che egli possa di fatto decidere della vita politica di un parlamentare è tanto assurdo quanto sarebbe che il Parlamento potesse rimuovere un magistrato dal posto che occupa solo perché è fastidioso per il potere. 

Vendola probabilmente non è un personaggio positivo per la sinistra e neppure per l’Italia. Ma la sua azione politica deve essere frenata, se deve esserlo, dagli elettori, non dai magistrati. E lui farebbe molto male, se condannato, a congedarsi dalla politica. Se reputa in buona fede di potere essere utile alla  Nazione, è questo ciò che deve prevalere su tutto. 

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

25 ottobre 2012

 
IN DIFESA DI NICHI VENDOLAultima modifica: 2012-10-26T12:22:00+02:00da gianni.pardo
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