L’IMPOSSIBILE UTOPIA DEL M5S

Il Movimento 5 Stelle anela a quella palingenesi della politica e della società che si chiama “utopia”. Purtroppo, ogni volta che l’utopia si scontra con la realtà si rompe il naso. 

Partiamo da uno dei temi centrali del movimento: l’ostilità ai partiti. Secondo la mentalità pragmatica, per far bene una cosa bisogna essere qualificati. Per la mentalità morale le cose vanno diversamente: che importa che qualcuno sia qualificato, per esempio nella politica, se poi questa specializzazione la usa nel proprio interesse piuttosto che nell’interesse della comunità? La prima qualità di chi deve agire nell’interesse pubblico non è la competenza, è l’onestà. Anzi, proprio per far sì che l’attività politica non divenga un mestiere (e dunque una competenza) non si devono superare i due mandati parlamentari. E poiché i partiti sono invece organizzazioni di “competenti” che tendono solo al proprio interesse, il M5S ha come primo dogma quello di non essere esso stesso un partito e di non volersi alleare con i partiti esistenti. 

Purtroppo, come ha brillantemente scritto Groucho Marx: “Costui può sembrare un cretino e può parlare come un cretino, ma non lasciatevi ingannare: è realmente un cretino”. Nello stesso modo, se si crea un movimento, un’alleanza, una lega, un rassemblement o comunque si voglia chiamare un’associazione che intende partecipare alla vita politica, si è creato un partito. Che poi non lo si voglia chiamare partito, è pura questione semantica. L’ostilità alla parola “partito” non significa opposizione a certa politica ma opposizione (perdente) al dizionario e alla realtà.

La stessa esigenza dell’onestà è utopica. Non è che oggi si reclutino parlamentari a condizione che siano disonesti. E non è vero che guidare la politica sia alla portata del primo venuto. Non parliamo della super-specialistica politica internazionale, ma anche la politica interna richiede competenza. La formulazione di una legge è un problema di tale complessità che ne discutono prima, dietro le quinte, commissioni parlamentari sostenute da una folla di esperti e poi, in Parlamento, centinaia di deputati e senatori, per settimane. 

La riprova della difficoltà di questo “mestiere” è confermata da un fatto che molti constatano con irritazione: solo alcuni eccellono, tanto che alla fine, per così dire, si vedono “sempre le stesse facce”. Ma se Pierferdinando Casini è il ras dell’Udc è perché, in tutto il partito, non c’è (ancora) uno riconosciuto migliore di lui. Quando si ha la fortuna di avere un leader di valore lo si dovrebbe mettere da parte solo perché è già stato in Parlamento per due legislature?

E c’è un’obiezione ancor più terra terra all’esigenza di moralità: chi dice che gli onesti, una volta che ne abbiano la possibilità, non si dimostrino disonesti? La vicenda dell’Idv non ha insegnato niente? Se i “grillini” prima erano geometri disoccupati e poi si trovano a maneggiare milioni e miliardi, siamo sicuri che rimarranno integri? O quanto meno non favoriranno gli amici?  È facile vantarsi di essere onesti quando non si ha l’occasione di essere disonesti. Il rischio è di avere non dei competenti disonesti ma degli incompetenti disonesti. 

L’utopia è una tentazione pressoché irresistibile ma si sgonfia presto. Si comincia col dire che siamo tutti uguali, che uno conta uno, e poi, quando Federica Salsi si permette di andare a Ballarò, Grillo arriva al cattivo gusto di accennare ai suoi genitali. Perché ha disobbedito a un capo che fino al giorno prima biasimava la semplice idea di essere capo, tanto da voler essere chiamato “portavoce”. La realtà è implacabile. Una volta che si mettono insieme delle galline, nascerà fra loro una gerarchia, osservabile con l’“ordine di beccata”. E si vorrebbe che in un partito non nasca un capo? Dunque non biasimiamo Grillo per essersi comportato come un padrone con i suoi dipendenti, lo biasimiamo per la sua pretesa di non essere il padrone.

Il M5S è figlio dell’idea ingenua che si possa prescindere dall’organizzazione cui si è giunti nei Paesi democratici. Essa non è un capriccio, è un punto d’arrivo. E l’utopia non serve a niente. È stupido dire “promettiamo che da domani nessuno ruberà più e aboliamo i carabinieri”. Perché da domani saremo costretti a richiamarli in servizio per non essere sopraffatti dai ladri e dai rapinatori.  

È l’eterno dramma dell’utopia, da Platone in poi. Stanco delle solite posate, il ribelle sogna di sorbire il brodo con la forchetta ma poi si accorge che è meglio tornare al cucchiaio. Ci rimane da vedere quanto tempo ci metteranno i “grillini”, a capirlo.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

3 novembre 2012

 
L’IMPOSSIBILE UTOPIA DEL M5Sultima modifica: 2012-11-03T12:08:57+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “L’IMPOSSIBILE UTOPIA DEL M5S

  1. Mmmh… mi vien da dire che se i nostri sistemi politici e sociali, economici e fiscali, fossero frutto di razionalita’, sarebbero completamente diversi. O, piu’ probabilmente, non esisterebbero nemmeno.

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