DI PIETRO FRA HYBRIS E NEMESI

Ci sono facce nate per il sorriso, ci sono facce nate per il cipiglio. Massimo Donadi ha un’esemplare faccia da cipiglio. È difficile immaginarlo aperto e divertito: sicché tutte le volte che ha dato addosso a Berlusconi – facendo concorrenza, quanto a fiele, allo stesso Di Pietro – è apparso perfettamente credibile. Con l’aggravante che nessuno, riguardo a lui, si chiede se la laurea in giurisprudenza e la carica di magistrato le abbia o no meritate. Il suo eloquio è perfetto, limato, spesso addirittura acuminato. E sorprende vedere che ora, nell’intervista ad Alberto Maggi, di Affaritaliani(1), lo usa – senza cambiare stile – contro lo stesso leader che ha così a lungo spalleggiato. 

Non serve che dica: “non c’è niente di personale”. Può darsi che non ci sia molto di personale, in chi dà un pugno sul naso ad un altro, ma sicuramente c’è molto di personale nel sentimento di chi lo riceve. E quando dice che Di Pietro  “È un uomo che non sa accettare la fine di una storia politica personale” è come se dicesse: “Non solo è un morto che cammina, ma è tanto stupido da non accorgersene”. Andiamo sul pesantuccio.

Non abbiamo simpatia per Donadi, forse perché preferiamo un viso allegro a un viso accigliato, ma il capogruppo dell’Idv non si limita a segnalare che non accetta la linea politica di chi vorrebbe intrupparsi con Grillo: riferisce fatti che offendono la dignità, se uno l’ha. Riprendiamo questa frase: “Di Pietro era per il secondo giorno seduto con noi all’ufficio di presidenza per discutere del futuro dell’Idv … e in una delle tante pause si è allontanato da noi … è andato nella sua stanza e ha fatto un’intervista con Il Fatto Quotidiano nella quale ha detto che il partito è morto, che ha intenzione di fare un’altra cosa e che se non gli riesce darà una mano a Beppe Grillo”. Questo comportamento, oltre a fare pensare all’arbitrio del tiranno come è incarnato dal Caligola di Albert Camus, è indice di una rivoltante mancanza di stile. E comprendiamo che l’intervistato dica: “Giunti a questo punto ho davvero molto poco da dire a Di Pietro”. 

Ma non sempre chi si lamenta di un’ingiustizia è del tutto esente da colpe. Il raffinato Donadi non si era mai accorto, di questa mancanza di stile? Certo non ignora che lo stesso uomo, da avvocato, è volato in soccorso di un suo amico accusato di un gravissimo reato (omicidio) e dopo averlo ascoltato e consigliato è andato a sostenere le ragioni della parte civile. Ricavandone dal Consiglio dell’Ordine una sospensione della professione di tre mesi. E ciò è più grave che non dar conto ai colleghi dei propri progetti politici.

Un’altra considerazione che ispira la vicenda è la validità del concetto greco di hybris: molti personaggi non finiscono sconfitti dai nemici ma dai loro eccessi; dalla loro tracotanza; da un sentimento di superiorità e invincibilità che finisce con l’irritare gli dei. Riferisce Donadi: “Un giorno vuole l’alleanza con il Centrosinistra, il giorno dopo vuole fare il partito della sinistra con la Fiom e magari Ingroia candidato premier, il giorno dopo ancora vuole l’alleanza con Grillo, poi i non allineati e poi correre da solo”. Chi può agire in questo modo, sicuro che il partito non potrà che seguirlo, se non è accecato dall’hybris?

Di solito questo errore è commesso dopo che molte, molte volte è andata bene. È questo che inganna l’eroe. Fino al momento in cui la Nemesi si sveglia e presenta il conto perfino di malefatte passate e dimenticate. Sono anni che il Foglio e il Giornale denunciano i comportamenti di Di Pietro, raccontandoli per filo e per segno, tanto è vero che la Gabanelli sa di non aver detto nulla di nuovo. Ha solo approfittato del clima favorevole al linciaggio e di una fonte insospettabile, di sinistra. Eppure ecco che improvvisamente se ne parla come se fossero novità che squalificano l’ex pm. Improvvisamente Leoluca Orlando e Luigi De Magistris lo mollano, il partito è in rivolta e, dice Donadi, “conoscendo i dirigenti del partito, mi pare di vederne pochi di grillini”. Insomma Di Pietro è come un generale che rischia di essere abbandonato dal suo esercito.

Di solito non è bello infierire sui caduti e nel caso presente non è neppure detto che per Tonino Di Pietro questo sia il capolinea. Ma una cosa è certa: se egli scomparisse dai talk show e dalla scena politica non ne sentiremmo la mancanza. Oppure sì, ce ne accorgeremmo vedendo che il nostro senso estetico ha meno occasioni di sofferenza.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

3 novembre 2012

(1)http://affaritaliani.libero.it/politica/intervista-donadi-travaglio-idv021112.html?refresh_ce

 
DI PIETRO FRA HYBRIS E NEMESIultima modifica: 2012-11-04T10:16:46+01:00da gianni.pardo
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