IN NOTA AD UNA CONDANNA PENALE

I Carabinieri hanno contestato a un settantunenne una contravvenzione, per avere circolato in auto con un faro spento e l’automobilista, irato, ha esclamato che “L’Italia è un Paese di merda”. I Carabinieri a questo punto lo hanno dovutamente denunciato per il reato di vilipendio della nazione, sicché l’anziano è stato condannato per questo delitto in primo grado, in appello e infine in Cassazione. Bisogna precipitarsi a bloccare la protesta intima del lettore: il reato è previsto dal codice (art.291 C.p.), lo stesso codice impone ai Carabinieri di denunciare i reati di cui vengono a conoscenza e i magistrati dei tre gradi di giudizio hanno fatto soltanto il loro dovere. Tutto bene, dunque? Per niente.

Non basta che una legge esista e la si applichi a qualcuno: è necessario che sia applicata a tutti. Diversamente risulterebbe valido il principio attribuito, forse a torto, ai Borboni di Napoli: agli amici tutto, ai nemici la legge. Se in barba alla legge si concede un vantaggio a un cittadino soltanto, si ha il privilegio, e tutti sono d’accordo che è uno scandalo. Ma è uno scandalo altrettanto grave che una punizione sia inflitta solo ad uno e non agli altri colpevoli. In questo caso alzi la mano chi, carabinieri e magistrati inclusi, non ha detto che l’Italia è un Paese di merda o espressione similare.

La verità è che la fattispecie è obsoleta. Non si può imporre per legge ai cittadini di pensare che la loro patria sia una nazione senza difetti. Forse quel reato è un residuo della lesa maestà di altri tempi e il Parlamento farebbe bene ad abolirlo, magari insieme con quello di oltraggio alla Magistratura, alle Camere, al Presidente del Consiglio, alle Forze Armate e al Presidente della Repubblica. Non solo tutti ci sentiamo autorizzati – vivendo in democrazia – ad esprimere la nostra opinione, quale che sia, a proposito di tutti, ma viviamo in un’epoca sboccata, in cui si dicono parolacce anche in televisione. Dovremmo ispessire la nostra pelle piuttosto che cercare di raddrizzare le gambe ai cani a forza di condanne penali. Ché, fra l’altro, se applicate a tutti indistintamente, non salverebbero neppure monumenti nazionali come padre Dante, il quale, è vero, non ha detto che l’Italia è un Paese di merda, ma ha fatto di peggio: ha affermato che è un “bordello”. Ma già, lui sarebbe assolto per “morte del reo”.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

4 luglio 2013

IN NOTA AD UNA CONDANNA PENALEultima modifica: 2013-07-05T10:04:01+02:00da gianni.pardo
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