PROFESSORI IN RUOLO

Familiarity breeds contempt, la frequentazione personale fa nascere il disprezzo. Avendo conosciuto il mondo degli insegnanti, non ne ho una grande considerazione. Accanto a singole eccellenze che lo Stato non sarebbe abbastanza ricco per pagare, se dovesse tenere conto dei loro meriti, c’è un vero esercito di mestieranti della cattedra, spesso conformisti e pusillanimi al di là del sopportabile. Ma chi è fuori dal mondo della scuola la vede con gli occhi di quando era ragazzo e per il resto si affida alla retorica nazionale.
Venendo all’attualità, la “regolarizzazione” della posizione lavorativa di decine di migliaia di insegnanti, immessi in ruolo con lo sconto per comitive, è un assoluto assurdo. Non soltanto si viola la Costituzione (art.97), la quale stabilisce che si diviene impiegati di Stato per pubblico concorso, ma in questo modo a forza di non indire concorsi, si equiparano gli asini ai geni, perché questi ultimi non hanno modo di prevalere. Nell’ambiente della scuola i migliori possono essere scavalcati in graduatoria da chi ha un maggiore punteggio, perché ha insegnato per molto tempo senza averne il titolo. Comunque, senza avere dimostrato di meritarlo.
In Italia si va dalla vicenda del sottoscritto, che per avere una cattedra di liceo dovette superare un concorso nazionale in cui erano in palio una ventina di cattedre, alle “infornate” di decine di migliaia di praticanti, todos caballeros.
E tuttavia, perfino volendo favorire i precari della scuola, si riesce a danneggiarli, anche come immagine. A giorni si scoprirà che molti professori meridionali che, per avere la titolarità, si devono trasferire, preferiscono rinunciarci: e si scatenerà la canea nazionale. Assolutamente a torto.
Innanzi tutto la maggior parte di questi famosi precari sono delle precarie non più giovanissime, che hanno marito e figli. Trasferirsi per loro significa rinunciare per anni ed anni alla propria famiglia. Il critico che si gargarizza con le irrisioni tradizionali contro i meridionali, faccia per favore l’ipotesi che il problema riguardi la sua famiglia e sua moglie, la madre dei suoi figli. In secondo luogo si dimentica che, se la maggior parte degli insegnanti è composta da donne, è perché il loro stipendio è pressoché accettabile come seconda fonte di reddito per la famiglia. Infine molti non pensano che chi va avanti a base di incarichi e supplenze se la cava perché una casa ce l’ha già, che sia quella dei genitori o quella coniugale. Chi invece da Ragusa o da Benevento deve trasferirsi a Montebelluna o a Cuneo dovrà pagarsi vitto e alloggio, disponendo in partenza soltanto di ciò che può entrare in una valigia. Né si può pensare che, con la paga di professoressa di Scuola Media, una donna possa permettersi albergo, ristorante, lavanderia, parrucchiere e insomma tutto ciò che serve per vivere. Forse qualche ragazza affronterà l’avventura col coraggio della sua età, ma molte madri di famiglia diranno “no, grazie”, e non per i soliti calunniosi motivi che certi corsivisti amano tirare fuori quando si tratta dell’Italia coloniale, ma per solidi motivi economici. Che potrebbe capire persino un giornalista, se soltanto si degnasse di fare mente locale.
Non siamo più ai tempi della “Maestrina dalla penna rossa”, su cui tanto si ironizza. E tuttavia quella signorina guadagnava comparativamente più di un professore di oggi. Infatti a quei tempi un maestro elementare poteva permettersi una famiglia numerosa, oggi i professori guadagnano meno di un operaio specializzato, per non parlare di un idraulico di successo.
Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it
4 settembre 2015

PROFESSORI IN RUOLOultima modifica: 2015-09-04T09:38:02+02:00da gianni.pardo
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