DISTRUGGERE LE CASE DEI TERRORISTI

Israele, come altre volte in passato, ha distrutto le case di due terroristi assassini, uccisi del resto durante il conflitto con la polizia lo scorso anno. Come si vede, si tratta di una punizione che va oltre la vita dei colpevoli, e ciò può suscitare qualche perplessità, in diritto penale, perché per il diritto dei Paesi civili la responsabilità penale è soltanto personale, e perché qualunque responsabilità si estingue con la morte del reo. Dunque Israele ha torto?
In materia di diritto, lo Stato è onnipotente. Il cittadino non può opporre nulla all’Amministrazione della Giustizia, se questa applica le leggi e perfino se viola un grande e inconcusso principio del diritto. Ciò è avvenuto anche in Italia. La prima regola del diritto penale italiano è quella contenuta (appunto!) all’art.1 del Codice: “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”. Ebbene, Bruno Contrada è stato condannato alla reclusione per la durata di dieci anni per un reato che non era previsto dalla legge come reato, al momento in cui egli l’avrebbe commesso. E altrettanto è avvenuto per Marcello Dell’Utri. Naturalmente la difesa avrà vigorosamente eccepito la mancata applicazione di quell’articolo che una nobile e secolare tradizione ha così espresso in latino: “Nullum crimen sine praevia lege penali”. E tuttavia le proteste dei legali non sono servite a nulla e i giudici sono andati oltre. Soltanto ora che i giudici di Strasburgo hanno dato ragione a Contrada – e indirettamente a Dell’Utri – si ammette che è stata commessa un’ingiustizia. Ma ciò dimostra contemporaneamente che lo Stato è onnipotente, nei confronti del cittadino. Addirittura senza squalificarsi. Il grande pubblico potrebbe non prendere sul serio le proteste degli imputati perché, non essendo competente di diritto, può sempre pensare che “se la Cassazione ha deciso così, non può che avere ragione”. Soltanto i penalisti sanno quanto, a volte, questo principio può risultare infondato.
In un Paese decente, tuttavia, dobbiamo pensare che i magistrati che hanno giudicato Contrada e Dell’Utri fossero in buona fede. Magari pensavano che nella legge penale per una volta si potesse applicare l’analogia. Ma la stessa scusa vale per i magistrati israeliani? Sul fatto che i colpevoli fossero morti, e la famiglia tecnicamente innocente, non ci potevano essere dubbi. Che cosa bisogna dedurne?
Lo Stato, come detto prima, è irresponsabile. Se reputa giusto fare una cosa, magari stabilendola per legge, non solo quella cosa è “legale”, ma addirittura è proclamata “giusta”. In passato nessuno si meravigliava se il nuovo califfo ottomano, appena giunto al potere, sterminava tutto il proprio parentado, per eliminare possibili concorrenti o persone tentate di tramare contro di lui. E il califfo non era meno ossequiato per questo. Era una costumanza “asiatica”, ma non per questo estranea all’umanità cui tutti apparteniamo.
Nel caso di Israele l’onnipotenza dello Stato ha una precisa giustificazione. I terroristi palestinesi considerano sé stessi martiri e il resto della popolazione li venera come eroi. Dal loro punto di vista, i loro crimini sono “atti di guerra”, anche se condannati dalle Convenzioni di Ginevra. Ma, se si accetta questo punto di vista, il gruppo cui appartengono non può più invocare il diritto penale di pace. E la guerra prevede la rappresaglia, se sono violate le regole. Gli attentati terroristici sono un’innegabile e grave violazione delle norme accettate e teoricamente, se gli israeliani fossero feroci come gli attentatori, dopo avere ucciso i colpevoli, potrebbero ancora uccidere la loro intera famiglia. La responsabilità di gruppo è estranea al diritto penale, non a quello di guerra.
Gli israeliani che distruggono le case dei terroristi non soltanto applicano una normale legge di guerra, ma non compiono un atto di gratuita barbarie. Infatti lo fanno in seguito ad una meditata decisione, un anno dopo la commissione dei delitti. Vogliono segnalare ai futuri attentatori che uccidendo degli innocenti israeliani non soltanto rischiano la loro vita, ma danneggiano gravemente la loro famiglia. Distruggono un bene costato ai loro genitori anni ed anni di sacrifici e forse insostituibile.
È triste che si debba giungere a considerare sanzioni di questo genere, ma la pena della famiglia dei terroristi rimane comunque inferiore a quella delle famiglie delle vittime. E queste non hanno nemmeno la colpa di avere allevato in casa dei criminali.
C’è da rimanere indignati quando i giornali occidentali, come oggi il “Corriere della Sera”, lamentano che alcuni manifestanti palestinesi siano rimasti intossicati dai gas lacrimogeni. Se sono rimasti intossicati, significa che sono ancora vivi. Ed è più di quanto ognuno possa lecitamente sperare, quando affronta a mani nude un esercito in armi.
Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it
6 ottobre 2015

DISTRUGGERE LE CASE DEI TERRORISTIultima modifica: 2015-10-07T10:14:37+02:00da gianni.pardo
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