NAPOLEONE, RENZI E TRUMP

Ogni giornalista ha certe idee che, per i suoi lettori di lunga data, riappaiono come agganci sicuri e sempre riconfermati. Montanelli ne aveva due, che amava condensare in due detti: “Sono il loro capo e dunque li seguo”, e: “La derrota es el blasón del alma bien nacida”, la sconfitta è il blasone dell’anima nobile. I due detti, che sembrano in contraddizione, in fondo non lo sono. Il capo che, per non perdere il suo ruolo, si piega al parere di quelli che dovrebbe guidare, mantiene il comando. E dimostra con ciò di non avere un’alma bien nacida. Ma è anche vero che, se l’avesse, perderebbe il comando e gli toccherebbe la derrota. Il dubbio, di volta in volta, è su ciò che bisogna scegliere. Anche i sottoposti del capo possono dover affrontare lo stesso dilemma: meglio seguire un uomo che disapprovano, ma può portarli alla vittoria, o accettare la sconfitta, pur di contestarlo? Sarebbe bello avere una regola generale, ma purtroppo non esiste.
Per prima cosa bisognerebbe sapere chi è il più forte. Anche prescindendo da ogni considerazione relativa all’onore o all’interesse, chi dice che il capo, pur avendo una truppa riottosa, non riesca a dominarla e a trascinarla con sé? E come essere sicuri che, seguendo la massa nel suo errore, non si perdano sia la battaglia sia il comando? La realtà è complessa. È vero che “l’unione fa la forza” ma è anche vero che “la pentola in comune non bolle mai”. I proverbi non ci aiutano.
Una cosa è sicura: bisogna stare attenti agli astri nascenti. È vero che l’umanità chiama “stelle cadenti” frammenti di roccia che non hanno assolutamente nulla a che vedere con le stelle; ma è anche vero che, dopo il successo nell’assedio di Tolone, nessuno avrebbe potuto intravedere nel ragazzo che organizzò l’azione militare il futuro Napoleone Bonaparte.
Se è permesso fare paragoni incongrui (si licet parva componere magnis, come diceva Virgilio) l’Italia ha conosciuto un fenomeno consimile con Matteo Renzi. Quando è comparso sulla scena, non soltanto non è stato preso sul serio, ma è stato considerato uno screanzato: come si permetteva di parlare di “rottamazione” dei mammasantissima del partito? Neanche pensione, ridimensionamento, esautorazione: semplice avviamento alla discarica. E l’intento di tutti è stato naturalmente di mettergli i bastoni tra le ruote. Ma quando s’è visto che, malgrado tutto, il men che quarantenne giovanotto faceva strada e piaceva alla gente, quegli stessi quadri avrebbero dovuto in tutta fretta associarselo nel comando, proprio per contenerne la spinta distruttiva. Non lo fecero e alla fine persero tutto. Il giovane rottamò non soltanto loro, ma anche il partito, rendendolo funzionale al suo potere personale.
Il comando dà una fallace sensazione di potenza che spinge a commettere errori. Oggi è il turno del Partito Repubblicano americano. La sua ostilità a Donald J.Trump, comprensibile per parecchi versi, era plausibile all’inizio della campagna, quando si poteva pensare che il miliardario sarebbe presto scomparso dalla scena. Ma dopo i primi successi i maggiorenti avrebbero dovuto cambiare atteggiamento. Non perché avessero cambiato opinione sull’uomo, ma perché i fatti parlavano in suo favore. Agli inizi della vita militare, Napoleone suscitava ironie e sarcasmi anche per il suo accento corso ma, quando cominciò a passare di successo in successo, la Francia ebbe l’intelligenza di affidargli incarichi sempre più importanti, fino alla campagna d’Italia e alla gloria. Viceversa i dirigenti repubblicani non hanno cambiato atteggiamento nemmeno quando i successi di Trump sono diventati valanga. Hanno continuato a cercare qualcuno da opporgli, uno sgambetto da fargli, un modo per eliminarlo, senza comprendere che, ove riuscisse ad ottenere di forza la nomination o persino la presidenza degli Stati Uniti, il magnate poi non sarebbe certo il loro uomo. Non gli dovrebbe nessuna gratitudine, nemmeno per i finanziamenti, e potrebbe dire: “Che volete, da me? Il Grand Old Party non è il mio partito”.
Mai sottovalutare un avversario che comincia a vincere. Il primo che vide Dick Fosbury effettuare il salto in alto dando le spalle all’asticella si sarà messo a ridere ma, quando in quel modo si sono battuti dei record, l’unica cosa da fare è stata adottare il suo stile, lasciando da parte ogni tradizione e ogni considerazione estetica.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
17 marzo 2016

NAPOLEONE, RENZI E TRUMPultima modifica: 2016-03-21T08:07:16+01:00da gianni.pardo
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