L’ATEO, IL NEMICO DI TUTTI

Roberto Calasso, sul “Corriere della Sera”(1), sostiene correttamente che i fanatici dell’integralismo islamico odiano i cristiani, adoratori di un falso Dio, ma odiano anche i “pagani”. E questi infatti sono espressamente citati dallo Stato Islamico, quali obiettivi dell’attentato nella discoteca di Istanbul.
La parola “pagani”, in senso etimologico, deriva da “pagus”, villaggio. Quando le città erano già divenute cristiane, nei villaggi arretrati si adoravano ancora i vecchi dei dell’Olimpo. Per questo si arrivò all’identificazione tra paesani e adoratori degli antichi dei. Viceversa, lungo tutto l’articolo il termine è usato come sinonimo di persone prive di religione: le argomentazioni non ne risentono.
Per i fanatici musulmani avremmo dunque tre categorie: i credenti della vera fede, i credenti di fedi false (fondamentalmente i cristiani) e i non credenti in senso assoluto, cioè gli atei: e per i criminali della jihad le due ultime categorie sono parimenti meritevoli di morte.
Chi ragiona in modo razionale potrebbe stupirsi di questa equiparazione. Il cristiano potrebbe essere interessato a convertire il musulmano alla propria fede, e altrettanto potrebbe fare il musulmano,: ma nessuno dei due avrebbe nulla da temere dall’ateo. Questi al massimo ride delle loro fedi. E tuttavia non soltanto nei Paesi islamici più rigorosi si punisce con la morte l’apostasia (l’abbandono della fede musulmana) ma si punisce con la morte anche la dichiarazione di ateismo. E non ce ne possiamo stupire: anche in Occidente le cose non sono andate diversamente, in passato. L’accusato di eresia non si sarebbe salvato se avesse dichiarato di essere ateo, ché anzi l’ateismo era la massima eresia.
Per chiunque sia credente, la verità della sua religione è un’ovvietà, e tuttavia gli “articoli di fede” hanno diversi livelli di plausibilità. Ai tempi dell’Inquisizione si sarebbe serenamente condannato a morte chi avesse profanato un’ostia consacrata (“il corpo di Gesù”, dogma della transustanziazione) mentre, finché la Chiesa (nel 1950) non ha dichiarato dogma l’assunzione in cielo della Vergine Maria, chi avesse pensato che era sepolta da qualche parte avrebbe soltanto manifestato una lecita opinione. Ed oggi è lecito non credere alla storia dei Re Magi, citati soltanto nei vangeli apocrifi.
In questa classifica, qual è la prima e fondamentale verità religiosa? Evidentemente l’esistenza di Dio. Senza una divinità, nessuna religione è possibile. Dunque chi nega Dio nega contemporaneamente il Cristianesimo, l’Islamismo, l’Ebraismo, il paganesimo e qualunque altra dottrina religiosa. Ecco allora perché il miscredente assoluto è visto con un tale sfavore: la sua posizione appare come una negazione della comune umanità.
Alla stessa conclusione si arriva per altra via. Il cattolico crede che Dio esista e sia uno e trino. Ma mentre la prima affermazione (Dio esiste) è una verità cui -secondo la Chiesa – deve necessariamente giungere chiunque ragioni (e infatti l’esistenza di Dio è considerata “verità di ragione”) che in Dio si distinguano tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, si è potuto sapere soltanto attraverso la Rivelazione. Ed è dunque una “verità di fede”.
Questa distinzione fra verità di fede e verità di ragione rimane statisticamente valida anche nel mondo contemporaneo, se pure ad un basso livello di cultura teologica. Molte persone si dichiarano non religiose e tuttavia rimangono convinte che “non sappiamo tutto”; “c’è dietro qualcosa”; “certo, la realtà non è soltanto ciò che ci appare”; “sarebbe triste se non ci fosse nulla oltre ciò che vediamo”; “io non credo in Dio, ma qualche entità al di là della realtà concreta ci deve pur essere”; “forse Dio non esiste, ma come negare il Mistero che ci circonda?”, e via dicendo. Si potrebbero scrivere ancora decine di esempi di questo genere. Lo stesso Illuminismo, pure appassionato negatore della religione, non arrivò all’ateismo, il cui scandalizzato sospetto toccò soltanto alcuni dei suoi rappresentanti. Ad esempio Diderot, Helvétius, d’Holbach.
Ecco perché l’ateo è guardato con ostilità. Egli non nega soltanto la religione accettata, nega la religiosità in sé. Nega perfino il sentimento stesso della religione, che pure tutti conservano. In uno dei Salmi si legge: “dixit stultus in corde suo, non est Deus”, disse lo sciocco nel suo cuore, non c’è nessun Dio. “Stolto” non è un termine psichiatrico, perché quando è stato scritto quel Salmo la psichiatria non esisteva. Se fosse esistita, il Salmo avrebbe parlato di “demente”. L’affermazione appare infatti talmente mostruosa, che lo stesso “stultus” la formula “nel suo cuore”, non osando esprimerla con la voce.
Tutto ciò ci fa vedere che neppure nelle società più sviluppate l’ateo è considerato una persona “normale”. Per la maggioranza rimane oggetto di preoccupazione, perché la maggioranza, che lo sappia o no, è ancora religiosa.
I terroristi sarebbero stupiti, se sapessero che non siamo neppure “pagani”.
Gianni Pardo, giannip.myblog.it
5 gennaio 2017
http://www.corriere.it/opinioni/17_gennaio_05/perche-dobbiamo-superare-755f01f8-d2bc-11e6-af42-cccac9ae7941.shtml

L’ATEO, IL NEMICO DI TUTTIultima modifica: 2017-01-05T16:13:40+01:00da gianni.pardo
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9 pensieri su “L’ATEO, IL NEMICO DI TUTTI

  1. Se volete inserire un commento, fatelo pure. Ma attualmente, finché “Virgilio” non riparerò questo inconveniente, dovrete aspettare che io abbia il tempo di approvare il vostro commento. Naturalmente io lo farò non appena apro il computer.

  2. = neppure nelle società più sviluppate l’ateo è considerato una persona “normale”. Per la maggioranza rimane oggetto di preoccupazione =

    Sarà per questo che molti non credenti, più prudentemente, preferiscono dichiararsi ‘agnostici’ ?

    Lumen

  3. Temo possa anche trattarsi di semplice ignoranza. Non avendo le idee chiare, travestono questa mancanza di idee chiare in scetticismo. Fa anche “fino”, del resto.

  4. Un momento. Io mi reputo agnostico, e non mi interessa se fa fino oppure no. Agnostico con una forte tendenza all’ateismo, inteso come “verita’ di ragione”; ma qualche dubbio mi resta, e non riesco ad arrendermi all’ evidenza.
    D’altra parte Lei, Gianni, pur essendo dichiaratamente ateo, scrive piu’ articoli a sfondo religioso di Vittorio Messori. E se avesse accantonato l’idea di Dio una volta per tutte, allora si sarebbe messo l’animo in pace e la religione non la interesserebbe piu’. Il che evidentemente non e’ avvenuto. Sbaglio?

  5. Caro Nicola, Lei scrive: “qualche dubbio mi resta, e non riesco ad arrendermi all’evidenza”. Anche a me è costato un enorme sforzo passare da una visione religiosa della realtà, alla visione razionale cui mi costringevano le mie deduzioni. Ma io avevo sedici anni. Per me – allora come oggi – è un sacrosanto dovere arrendersi all’evidenza. Anche quando non è consolante. Poi, naturalmente, ognuno può scegliere per sé la soluzione che preferisce.
    Dunque, dolente di contraddirla, io mi sono messo l’animo in pace forse prima che Lei nascesse. La religione m’interessa per due ragioni: perché è un argomento importante e perché – di questa ragione dovrei vergognarmi – mi piace mettere sotto il muso di molti credenti le prove della loro ignoranza. Perché io so in che cosa non credo.

  6. Sono ateo.
    Ho militato per alcuni anni nel partito radicale (Pannella propugnava la “rivoluzione americana”) e trovavo ridicolo l’atteggiamento da mangiapreti dei miei compagni.
    Il mio pensiero è sempre andato a quei milioni di sacerdoti che nel corso dei secoli
    hanno donato la loro vita al prossimo, in solitudine, senza il conforto
    di una famiglia, e, a volte, torturati dal dubbio.
    Oso supporre che il cristianesimo, tutto sommato, sia stata una esperienza positiva.
    Argomento immenso e i miei strumenti culturali ben poca cosa.

    Quel che mi spaventa è la fragilità della convivenza umana in una visione del tutto laica.
    Perché mai dovrei esimermi dall’ammazzare quell’antipatico del mio vicino?
    Sol perché me lo vieta un qualunque enciclopedista?
    Paolo

  7. No, molto più semplicemente per queste ragioni:
    1. Perché ce lo vieta l’istinto di conservazione della specie.
    2. Perché la cosa potrebbe comportare enormi fastidi per lei stesso. La certezza della punizione non c’è, è vero, ma nemmeno la garanzia dell’impunità.
    3. Perché poi dovrebbe conviverr – psicologicamente – con ciò che ha fatto, e sarebbe peso non piccolo.
    4. Infine perché l’esperienza prova che, dopo tutto, si vive meglio da persone per bene che da delinquenti. Come uso dire, se suonano a casa mia alle quattro del mattino, io non penso: “Mio dio, i carabinieri!”, mi chiedo: “Chi ha bisogno di me?”

  8. Caro Pardo, le ultime due righe del mio commento intendevano essere una esemplificazione semiseria della questione posta nella riga precedente, questione che assilla filosofi chierici e laici dalla notte dei tempi.
    Spero che in futuro vorrà ancora regalarci qualche suo pensiero.

    I credenti trovano consolazione nella Fede.
    Lei ed io troviamo consolazione nel confondere gli entusiasti.
    Quando Dio morrà saremo tutti orfani.
    Paolo

  9. Quando Dio morrà?
    Da un lato sono costretto ad informarla che non morirà mai, perché mai morirà il bisogno di Dio, (o di una consolazione, se preferisce). Dall’altro le ridordo che, dal punto di vista “culturale”, l’annuncio della morte di Dio è stato dato alla fine dell’Ottocento, da Friedrich Nietzsche.
    Ma molta gente preferisce l’illusione dei cimiteri alla coscienza di essere definitivamente orfani.
    P.S. Cimitero in greco significava “dormitorio”. Ecco l’illusione.

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