GLI IDEALISTI IN POLITICA

In politica gli idealisti sono pericolosi. Vanno collocati fra loro quelli che vogliono instaurare teocrazie; quelli che vogliono realizzare il paradiso in terra; quelli che, come Lenin, vogliono creare una nuova e più giusta società, o – come Hitler – una Neue Ordnung, un nuovo ordine. Tutti coloro, insomma, che non hanno in programma soltanto qualche correzione o qualche miglioramento della realtà, ma vagheggiano un enorme salto della società nella direzione della Felicità, della Giustizia e – Dio guardi – del Bene.
Il progetto dell’idealista è ovviamente concepito per la massima soddisfazione del popolo, e si può anche concedere che l’intenzione sia ottima. Infatti gli idealisti sono spesso ottime persone. Ma ciò non basta a compensare i gravi danni che a volte provocano: meglio un diavolo che governa bene che un santo che governa male.
Se vede che il progetto che voleva attuare comincia a dare cattivi risultati, il pragmatico si chiede se non sia sbagliato. Invece l’idealista, se anche lui pensa che ci sia qualcosa di sbagliato, cerca l’errore dovunque salvo nel suo progetto. È la storia della Russia fra il 1917 e il 1990: se il popolo è scontento del regime, è il popolo che va cambiato. Ne seppero qualcosa i kulaki.
È una differenza che si constata anche ai livelli minimi. Discutendo con dei comunisti, se si oppongono loro dati storici, si osserva che tutti indistintamente danno il torto ai popoli e agli stessi comunisti che hanno tentato di applicare la teoria. Mai alla teoria stessa: bisognerebbe educare meglio la gente, bisognerebbe spiegare meglio il sistema, i dirigenti dovrebbero essere all’altezza del compito, ma il fatto che il progetto sia fallito sempre e dovunque, non basta a fargli ammettere che il difetto è nel manico. Tutto ciò è estremamente pericoloso. Dal punto di vista psichiatrico, chi non impara dalla realtà è un malato. E i malati di mente, quando sono al comando, provocano disastri.
Prescindendo da ciò che dicono, ecco perché si può sentire simpatia per personaggi come Donald Trump. Se prima hanno avuto successo come imprenditori, hanno sicuramente un forte senso della realtà e sono comunque dei vincenti. I perdenti non si arricchiscono mai. Comunque gli uomini d’affari non possono avere pregiudizi o scrupoli, e se si accorgeranno di star sbagliando, cambieranno strada.
Naturalmente non ci si devono aspettare miracoli. Ma è già un miracolo sufficiente che i politici non provochino disastri. In questo senso i politici idealisti sono allarmanti. Soltanto per fermarsi agli Stati Uniti, basta fare i nomi di Thomas Woodroow Wilson, Jimmy Carter, Barack Obama, per avere i sudori freddi.
Se in Italia si lasciasse più mano libera al popolo, un po’ come si è fatto in Cina (e pensare che quella è una dittatura, e la nostra una democrazia) anche al costo di qualche disgraziato rimasto indietro, oggi l’intero Paese sarebbe prospero. Invece si sono voluti realizzare l’oltranzista Statuto dei lavoratori, il Welfare State, la giustizia sociale (con un fisco da rapina) un’enorme invadenza dello Stato in tutti i campi, in nome del suo moralissimo disinteresse: e così ci siamo ritrovati con le pezze sul sedere, impantanati nella peggiore crisi economica di sempre.
Negli anni in cui si è creato il debito pubblico, i governanti miravano al massimo bene del popolo. E tuttavia, da liberale, gli avrei gridato: “No, grazie, per favore, stiamo già bene così. Ci basta la libertà di cercare da noi stessi la nostra felicità”. Ma non mi avrebbero dato ascolto. Il mio programma era troppo terra terra. Si poteva avere di meglio e alle mie obiezioni avrebbero risposto che, se gli uomini si comportano da egoisti (e così fanno fallire i progetti degli idealisti), bisogna soltanto educarli meglio. Al limite, gettarli in galera. Quei galantuomini, per questi bei progetti, sono stati votati ripetutamente ed ora siamo nella situazione che sappiamo. L’Italia se ne lamenta, ma è convinta che sia l’unica giusta.
Nei rapporti con lo Stato, noi italiani ci comportiamo come coloro che hanno problemi di peso. Gli obesi sanno che il grasso li imbruttisce, peggiora la loro salute e accorcia la loro vita. E infatti sono sempre pronti a cominciare una nuova dieta. L’unica condizione che pongono, è quella di poter mangiare a sazietà. Analogamente, si può spiegare a tutti, nel modo più esauriente, in che senso il collettivismo sia una follia ed abbia dato pessime prove di sé: la conclusione è sempre che bisogna migliorare, non diminuire lo Stato. Naturalmente gettando nel frattempo in galera i corrotti e aumentando le tasse dei ricchi. Il fatto che il piano non funzioni è secondario.
Gianni Pardo, giannip.myblog.it
7 gennaio 2017

GLI IDEALISTI IN POLITICAultima modifica: 2017-01-07T12:15:38+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “GLI IDEALISTI IN POLITICA

  1. Ma insomma, è colpa dei governanti o dei governati?
    Confesso di non avere dubbi: dei governati.
    Neanche i regimi dittatoriali si reggono per decenni senza il
    sostanziale appoggio del popolo.
    In democrazia non governa il popolo, governa la maggioranza del popolo.
    La costituzione è una farsa visto che è la stessa maggioranza a scriverla.
    Eppure , questa è la mia esperienza, anche i più convinti liberali
    tendono a colpevolizzare la classe politica esentando, almeno in parte, il popolo.
    Il pregiudizio democratico sembra essere irresistibile.
    La giustizia sociale (rapina sociale) è voluta dalla maggioranza, teorizzata dagli accademici (Rawls), giustificata dagli intellettuali, santificata dalla chiesa.
    Forse la maggioranza guadagnerebbe da una democrazia pienamente liberale:
    si produrrebbe più ricchezza e ci libereremmo da una burocrazia elefantiaca, inefficiente e corrotta.
    Ma è meglio tutti poveri (maledetta sia l’invidia!).
    Paolo

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