LA CRISI DELL’AUTORITA’ IN ITALIA

Galli della Loggia denuncia la crisi dell’autorità in Italia. Da noi nessuno è autorizzato a comandare. Qualunque progetto è sottoposto ad una tale quantità di controlli, di pareri, di “concertazioni”, che alla fine per ogni cosa ci vogliono anni e spesso, in conclusione, non se ne fa niente. Per giunta – non essendo nemmeno in grado di sapere a chi dare la colpa, perché il progetto ha abbisognato di troppe firme – è un’impresa pressoché impossibile identificare il colpevole. E così viene a mancare il controllo democratico sull’attività dei rappresentanti del popolo.
L’articolo è condivisibile ma, come in altri casi, non si compie l’ultimo e più utile passo;.rispondere cioè alla domanda: “Perché è così?”
Una delle ragioni, spesso ricordata, è la reazione al fascismo. Secondo il mito, prima dell’invasione anglo-americana in Italia abbiamo avuto una feroce dittatura in cui comandava soltanto Mussolini e tutti gli italiani erano schiavi. Non è vero, naturalmente. Addirittura, è stato storiograficamente impossibile non riconoscere che, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, abbiamo avuto “gli anni del consenso”. Ma poco importa, si dice che, reagendo alla leggenda nera di un Paese troppo governato, si è realizzato un Paese in cui praticamente nessuno governa. La stessa Costituzione ha progettato governi deboli, e infatti ne abbiamo cambiati un’infinità.
Purtroppo anche questa è una verità soltanto parziale. Se non c’è un potere centrale forte, ce n’è una miriade di deboli, che sono tuttavia abbastanza forti per contrastare il potere degli altri. Approfittando di una legislazione che, diffidente degli abusi, stabilisce controlli, controfirme, concertazioni, pareri consultivi, pareri vincolanti, diritti sindacali, ogni potere mette i bastoni fra le ruote del potere degli altri. E qualunque azione diviene un’impresa. Se poi devono realizzarla i privati, va anche peggio. Si moltiplicano i passi dell’iter amministrativo, le firme, le autorizzazioni, i controlli, che magari non servono ad altro che a mantenere il posto di lavoro del controllore. Quando infine ci si accorge che si è esagerato, che si fa? Si crea un ministero per la riforma amministrativa. E così si aumenta il numero dei “legislatori” e dei controllori.
Detto di passaggio, questo stato di cose è anche la causa del giustizialismo: si spera che la magistratura, dall’alto, raddrizzi le gambe ai cani.
Gli italiani si reputano vicendevolmente disonesti. E reputano disonesta innanzi tutto l’autorità. “Chiunque ha un potere – pensano – ne approfitta per vessare noi e guadagnarci lui. E allora bisogna dargli poco potere e controllarlo strettamente”. Fino alla paralisi. Se questa è la diagnosi, la terapia è forse impossibile. Come si possono convincere gli italiani a non reputare i connazionali tutti dei farabutti?
Forse, insistendo, si otterrebbe il riconoscimento che un Paese con una simile percentuale di corrotti è inverosimile. C’è un eccesso anche nella diffidenza. Ma poi ognuno non vorrebbe correre rischi e, nel caso concreto, continuerebbe a considerare l’altro inaffidabile. E si torna al punto di partenza.
Quanto a ridurre i freni derivanti dalla miriade di scontri dei piccoli poteri, ognuno sarebbe disposto a veder ridotto il mini-potere degli altri, ma sarebbe pronto a difendere il proprio con i denti, anche per preservare il proprio posto di lavoro. E infatti risulta impossibile abolire qualunque organo dello Stato, pure dichiarato inutile dallo Stato stesso. E quando si crea un ente per abolire gli enti inutili, alla fine si scopre che si è creato un ente inutile in più.
La predica di Galli della Loggia è vana. Se in un corpo sano c’è un’infezione, l’organismo si mobilita per combatterla e spesso vince. Ma se l’infezione è generale si parla di setticemia e il corpo si arrende. Come potrebbero vincere i buoni, se i cattivi sono la maggioranza?
Noi italiani non siamo cattivi, naturalmente. Ma non siamo neanche “cittadini”. Siamo “individui” impegnati in un eterno corso di sopravvivenza. Combattiamo un costante “bellum omnium contra omnes”, una guerra di tutti contro tutti. E se è difficile por fine alle guerre, è ancor più difficile convincere i contendenti di una guerra civile a deporre le armi. Ognuno teme che, facendolo per primo, sarà ucciso dall’avversario sleale. ““A disarmare comincia tu”..
Non basta denunciare la crisi del principio d’autorità. Siamo un popolo così diffidente che forse, da neonati, temevamo che il latte materno fosse avvelenato.
Gianni Pardo, giannip.myblog.it
gennaio 2017
http://www.corriere.it/cultura/17_gennaio_07/riscoprire-italia-senso-dell-autorita-0091a518-d44e-11e6-af84-204dc5ed0070.shtml

LA CRISI DELL’AUTORITA’ IN ITALIAultima modifica: 2017-01-08T09:47:11+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA CRISI DELL’AUTORITA’ IN ITALIA

  1. E’ anche la SX italiana a pagare il prezzo (in fatto di credibilità) del suo antico vizio di soffiare sul sacro fuoco del fascismo .
    Intollerabile è che debba soffrirne il paese e gli italiani .

  2. Non se ne meravigli. La sinistra è (almeno in teoria) idealista, e tutti gli idealisti non badano alle conseguenze. E poi reputavano – falsamente – che l’antifascismo e l’anti-autoritarismo fossero sempre paganti.
    I piccoli (soprattutto mentalmente) pensano spesso che hanno tutto di guadagnare dall’anarchia. Dimenticando che per Aristotele (se ricordo bene) l’anarchia è il passaggio intermedio fra la democrazia e la dittatura.

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