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Da oggi Donald J.Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Notevole il fatto che cominci il suo “term”, cioè i suoi quattro anni di presidenza, con il più basso indice di gradimento che si ricordi: il 44%. Dai media ai deputati democratici, dagli intellettuali agli artisti e alla gente comune, una gran parte dell’America sembra disprezzarlo e odiarlo. Parecchi affermano addirittura che è un presidente illegittimo. Che cosa pensare, di tutto questo?
Ovviamente è lecito reputare che si tratti di un’onda emotiva. Una tempesta in un bicchier d’acqua. Oppure si può ipotizzare che i mesi e gli anni venturi confermeranno l’ampiezza della disgrazia di avere eletto un simile Presidente. Una cosa è certa: attualmente non sappiamo quale delle due convinzioni si rivelerà fondata. Non soltanto il futuro è imprevedibile, ma un conto è parlare, un altro è agire. E fino ad ora Trump ha soltanto parlato.
Basta fare il parallelo con Matteo Renzi. Questo giovane leader ha passato i quasi tre anni del suo governo a vantarsi, a magnificare la trionfale ampiezza dei risultati raggiunti, fino forse a convincere sé stesso che diceva la verità. Ma nel momento in cui lui stesso ha chiamato gli italiani a confermargli la loro fiducia, si è vista la risposta. Quando le condizioni economiche sono drammatiche, bisognerebbe almeno astenersi dal negare l’evidenza. Il disastro è dipeso dagli eccessi verbali di Renzi, ma soprattutto dalle obiettive difficoltà economiche del momento. Contro quelle difficoltà il governo poteva fare ben poco, e ben poco ha fatto. Ma rimane vero che, se realmente il governo avesse fatto miracoli, a Renzi si sarebbe perdonato tutto.
I fatti pesano molto più delle parole: e questo principio vale dovunque. Contrariamente a quanto molta gente pensa, il Presidente degli Stati Uniti non è onnipotente, neanche nel governo di quel Paese. Già questo spiega come mai alcuni mediocri inquilini della Casa Bianca non hanno fatto tutti i danni che si sarebbero potuti temere. In secondo luogo, la massima parte delle politiche di uno Stato è determinata da condizioni e necessità obiettive, contro le quali nessuno può nulla. E infatti molti Paesi seguono linee di comportamento pressoché costanti.
Per quanto riguarda poi personalmente Donald Trump, non si può dimenticare che quest’uomo viene dal mondo degli affari e dunque è sensibilissimo al risultato positivo o negativo delle sue azioni. Per gli imprenditori positivo e negativo si traducono in guadagni e perdite. Ammesso che, appena insediato, il Congresso non riuscisse a frenarlo, e lui attuasse uno dei suoi propositi più sconsiderati, si può star sicuri che, dinanzi alle prime conseguenze negative, farebbe marcia indietro. Esattamente come prima, da imprenditore, avrebbe chiuso il ramo d’azienda che si fosse rivelato improduttivo. La differenza fra l’ideologo e il pragmatico è che il primo va diritto per la sua strada anche quando i risultati sono negativi – si pensi a Lenin, a Stalin, a Hitler – mentre l’uomo d’affari, essendo interessato al risultato concreto, dà molta retta alla realtà quotidiana. Il principio generale è che comanda il mercato. Infatti gli imprenditori ignoranti a volte si arricchiscono, mentre i professori d’economia, con la testa piena di teorie vivono modestamente del loro stipendio di docenti universitari; lo notava sarcastico Sergio Ricossa.
Politici ed imprenditori sono privi di scrupoli. Ai politici l’essere privi di scrupoli serve per fare carriera: ma nel caso del Presidente degli Stati Uniti non ci sono più mete da conquistare. Dunque, se alla Casa Bianca è andato un imprenditore, la sua mancanza di scrupoli gli servirà soprattutto nei confronti degli altri Paesi: e questo è un vantaggio per l’America.
All’America e al mondo non rimane che sperare che Trump – che in inglese significa “briscola”, carta vincente – anche nell’esercitare quell’alta carica lasci prevalere il senso pratico, dimenticando le “sparate” utili nella campagna elettorale e con cui si è dilettato nel periodo – da novembre a gennaio – durante il quale ha giocato al “Presidente eletto”. Quando bisognerà fare sul serio, è sperabile che sarà serio anche lui.
Ma su queste tesi forse consolatorie prevale la considerazione che il futuro è imprevedibile. Non rimane che aspettare il seguito. Ciò che si può fare attualmente è lasciare che si sfoghino tutti, favorevoli e contrari al nuovo Presidente, confinando la cerimonia dell’Inauguration Day nel folklore politico americano. Al mondo interessa ciò che faranno gli Stati Uniti, e di fronte a questo interrogativo un singolo uomo non ha importanza.
Gianni Pardo, giannip.myblog.it
20 gennaio 2017

ATTUALMENTEultima modifica: 2017-01-20T11:09:08+01:00da gianni.pardo
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