GLI OCCHIALI DEFORMANTI

C’è qualcosa di stupefacente, nell’atteggiamento mentale della maggior parte delle persone ed è il rifiuto della realtà. Non di tutta la realtà, naturalmente: diversamente tutti inciamperemmo continuamente nei mobili. La realtà rifiutata è quella che non ci riguarda personalmente, e soprattutto quella che ha a che vedere con la morale e comunque con “ciò che sarebbe bello fosse”.
Che una data realtà ci riguardi personalmente o no fa una differenza enorme. Per le vicende degli altri siamo generosi, longanimi e pronti al perdono. Se invece il vicino fa cadere la spazzatura dal suo balcone sul nostro, chiediamo al giudice che ne ordini l’impiccagione. Se sentiamo parlare di un povero pensionato che viene sfrattato dopo anni che non paga la pigione, ci impietosiamo. Quel padrone di casa ha veramente bisogno di quell’appartamento? E il Comune non può dare un alloggio, a quel poveretto? Ma certo non gli offriremmo gratis un appartamento di nostra proprietà. Chi ha in casa un malato di mente vive una vita d’inferno, ma gli altri, a sentirne parlare, hanno piuttosto pietà del malato, e pensano che i suoi familiari siano insensibili al dovere dell’assistenza. Naturalmente tutto sarebbe diverso se capitasse a loro.
Questo atteggiamento vagamente demenziale si nota perfino nella politica internazionale. Se un Paese piccolo e debole provoca ripetutamente un Paese forte, ed infine il Paese forte gli infligge una severa punizione, i terzi stigmatizzano la reazione: non si poteva limitare a sgridarlo? Come se non l’avesse già fatto. Non è necessario proporre esempi.
Avevo una sorella ben poco razionale che, morta mia madre, mentre era lei in possesso dell’eredità, fece causa a me. E naturalmente la perse. Quando ne parlai, lamentandomene, con mio cugino magistrato, lui mi disse che, in punto di diritto, avevo ragione io: “Ma, al tuo posto, io non avrei fatto causa a mia sorella”. Chiaramente non aveva seguito bene la vicenda, ma l’errore aveva un’origine: nella leggenda il forte (e dunque l’aggressore) ero sempre io. Mi si attribuiva un’iniziativa che avevo addirittura subito. Mio cugino era una sorta di fratello, per me, ma quella volta il suo errore mi fece l’effetto di una coltellata.
L’atteggiamento “morale” (morale ma senza spese) falsa il giudizio della maggioranza. La conseguenza è un’incapacità di comprendere la politica, la storia, il diritto, insomma la realtà. Mille volte, conoscendo in modo più approfondito una certa vicenda, io stesso ho dovuto ammettere che mi sbagliavo, aveva ragione chi da prima avevo pensato avesse torto. Soltanto perché, fino ad allora, avevo seguito la nozione comune. Come quella volta che chiesi, a chi mi vantava il genio di Nietzsche, se fosse quello che aveva ispirato il nazismo. Ancora me ne vergogno.
Perfino riguardo alla morte di Giulio Cesare, di cui ho avuto notizia alle elementari, ho imparato qualcosa recentemente. È vero, quell’uomo è stato un genio della guerra, della letteratura e della politica. Ed è vero – come riferisce anche Shakespeare nella sua tragedia – che per tre volte rifiutò la corona di re. Dunque, pur avendo letto Dio sa quanti testi su quella vicenda (incluso Svetonio), pensavo che Cesare si avviasse a divenire il dominus di fatto di Roma, come poi fu Augusto, ma nulla di più. E invece recentemente ho appreso – o forse prima non ci ho fatto caso, il risultato è identico – che il 14 febbraio del 44 a.C. aveva ottenuto la carica di “dittatore a vita” di Roma. Dunque Bruto e Cassio non avevano le traveggole, quando temevano per le libertà repubblicane. E tuttavia Cesare ha sempre avuto l’aureola dell’eroe tradito e massacrato, mentre quei due sono stati bollati come ingrati e traditori. Non valevano certo Cesare, ma avevano le loro ragioni.
Le leggende fanno rientrare alcune vicende in un quadro prestabilito e suggestivo, e così prevalgono sui fatti. Addirittura, Victor Hugo, volendo scrivere una sorta di storia dell’umanità per lampi, non citò gli avvenimenti più importanti, ma le leggende più importanti, affermando che dànno il senso della storia meglio dei fatti stessi. Non per caso l’opera si intitola: “La Légende des Siècles”. Ma se quella è l’opera di un poeta, il guaio è che la leggenda prevale sulla storia nella vita di tutti i giorni.
Ciò contribuisce a spiegare l’enorme quantità di sciocchezze che si sente ogni giorno. A tutti i livelli. Perché la gente preferisce le proprie ubbie alla realtà e contro questo atteggiamento non c’è niente da fare.
Nel mio piccolo, ho perso la speranza di essere preso sul serio quando parlo di politica. Mi limito ad essere umilmente realista e passo per pessimista, per cinico, per immorale. Machiavelli scrisse il “Principe” perché viveva nel Cinquecento. Oggi, forse, non troverebbe un editore.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
3 febbraio 2017

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G.P.

GLI OCCHIALI DEFORMANTIultima modifica: 2017-02-03T11:59:23+01:00da gianni.pardo
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