I DIRITTI UMANI

Il concetto di “diritti umani” è oggi una nozione corrente. Fra l’altro essi sono consacrati nella “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” del 1948, nel cui preambolo viene detto che “il riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della società umana è la base di libertà, giustizia e pace nel Mondo». E comunemente fra essi si fanno rientrare il diritto alla libertà individuale, il diritto alla vita, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa e tutti gli altri che si reputano di particolare valore. Questi principi sono certamente apprezzabili, dal nostro punto di vista, ma il problema è un altro: si tratta di diritti? E sono universali?
Il concetto di diritto include in sé il concetto di coazione. In tanto ha senso dire che ho il diritto a vedermi restituire la cosa che mi è stata sottratta, in quanto ci sia un potere che ha la forza sufficiente per togliere quella cosa al ladro e riconsegnarla a me. Se vivessi in un mondo senza carabinieri, il ladro quella cosa potrebbe tenersela per sempre. E il mio “diritto” sarebbe un flatus vocis.
La differenza essenziale fra la condanna giuridica e quella morale è che la prima ha conseguenze concrete mentre la seconda si limita al giudizio. L’omicidio è un “reato” soltanto dove c’è un potere che può mettere in carcere o a morte il colpevole, diversamente è soltanto un fatto che potrà a sua volta provocare una vendetta, ma anche questa è soltanto un fatto.
Questa natura “cogente” del diritto ha fatto sì che si dichiarasse non giuridico l’articolo uno della nostra Costituzione. Il principio che la nostra Repubblica è “fondata sul lavoro” non è infatti suscettibile di nessun tipo di applicazione concreta. L’articolo è una predicazione politico-morale che lascia il tempo che trova. I principi ciascuno li può applicare e perfino stravolgere a suo modo.
In dottrina si è perfino discusso se avesse natura giuridica una legge che interpreta una precedente legge, perché questa “interpretazione autentica” non contiene una sanzione. Ma si è concluso che anche l’interpretazione autentica ha valore giuridico perché indirizza l’applicazione concreta della norma interpretata.
Se si pone a criterio della giuridicità di una norma la sua sanzione, e cioè il suo effetto forzoso nella realtà, risulta evidente che i diritti umani sono soltanto una fantasia. Perché non esiste un’entità, una forza superiore, capace di applicarli dovunque. In una feroce dittatura il diritto alla vita non vale nulla. Possiamo dispiacerci per gli infelici, ma in concreto che cosa possiamo fare, per loro? Al massimo possiamo dire al dittatore – da debita distanza – che sta violando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Quando è lo Stato, a comportarsi male, non si può ricorrere a quello stesso Stato per far valere i nostri diritti universali e inalienabili. Fra l’altro, che senso ha, dire, “inalienabili”? Chi voleva comprarli?
Altra pecca imperdonabile della Dichiarazione è la qualifica di “Universale”. Ciò che è che universale dovrebbe valere sempre e dovunque, e gli antichi romani, come tutti i loro contemporanei, sarebbero stati molto stupiti se gli avessimo detto che, con la schiavitù, violavano la legge. Analogamente, non ha molto senso la pretesa che la libertà religiosa sia un diritto. È un diritto lì dove lo Stato è laico e tollerante, ma non è un diritto nell’Arabia Saudita, in Pakistan e in molti altri posti. Noi potremmo desiderare che tutti gli Stati siano laici e tolleranti, ma non tutti lo sono, e chi vive in essi di solito è d’accordo con l’intolleranza dello Stato. Comunque nessuno ha il diritto, e molto spesso il potere, di opporsi all’oppressione nelle altre nazioni. La libertà religiosa è tutt’altro che un valore universale. È un principio adottato recentemente dai Paesi più evoluti, che non possono certo imporre a quelli che non l’hanno ancora raggiunto. Fra l’altro, violerebbero il divieto (morale!e) di interferenza negli affari interni di un altro Stato.
Fa anche sorridere il principio del diritto a un giusto processo. Se il processo non è giusto, che arma si ha contro i giudici o contro l’Amministrazione della giustizia? Fra l’altro la giustizia è un ideale, non un criterio applicabile in concreto. Ciò che si può applicare in concreto è la legge positiva, come la norma giuridica sulla prescrizione, la quale che appunto stabilisce un preciso termine temporale alla facoltà del privato di pretendere qualcosa o dello Stato di applicare la legge.
La Dichiarazione dei Diritti corrisponde ad una lista di conquiste giuridiche che gli Stati più progrediti amerebbero veder trionfare dappertutto. Ma chi è più arretrato, o comunque segue altri principi, potrebbe sempre dire: “Se stimate tanto la libertà, cominciate col lasciarmi quella di pensarla diversamente”.
Né si può dire che sia una buona idea quella di liberare un Paese dall’oppressione di un tiranno sanguinario. Il risultato potrebbe essere il biasimo universale e, per il Paese “liberato”, una situazione peggiore della precedente. Qualcuno ricorda l’Iraq?
I diritti umani sono qualcosa con cui riempirsi la bocca quando si vuol apparire nobili e morali, ma nella realtà non servono a niente. Li prendono sul serio quelli che non li violano (e per questa parte sono inutili) e non li prendono sul serio quelli che li violano (e per questa parte sono inutili).
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
5 febbraio 2017
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G.P.

I DIRITTI UMANIultima modifica: 2017-02-05T08:07:17+01:00da gianni.pardo
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