LO IUS SOLI E UN GIUDIZIO POSTUMO SUL 4 DICEMBRE

Quando, nel dicembre scorso, si è trattato di votare a favore o contro la riforma costituzionale di Matteo Renzi, per una volta mi sono trovato in contrasto con parecchi amici. Molti di loro – seppure turandosi il naso – erano convinti che, per il bene del Paese, bisognasse votare sì. Inoltre sullo sfondo, ma forse più importante, dal punto di vista emotivo, c’era il giudizio su Renzi. Il mio era assolutamente negativo, forse perché la demagogia e le bugie mi mandano in bestia, ma anche quello “abbastanza positivo” di molti altri aveva un sapore di rassegnazione. Ci si rassegnava ad accettare questo tentativo, e il suo proponente, come il meno peggio.
Sappiamo com’è andata. Ora tutto è passato ed abbiamo l’occasione per riprendere la discussione a bocce ferme. La passione è spenta, e l’esame dei fatti può divenire più obiettivo, soprattutto dal momento che abbiamo la fortuna di avere sottomano un esempio chiarificatore.
Se ho capito bene, la Camera ha votato una legge che istituisce lo ius soli, in materia di cittadinanza. Col sistema risultante dal referendum del 4 dicembre 2016, l’iter della legge sarà completo quando il testo sarà approvato senza variazioni anche dal Senato. E invece in questa sede la legge non è stata nemmeno “calendarizzata”, cioè messa in discussione. Nella Camera Alta la legge non passerebbe: perché “mancano i numeri”, cioè perché l’opposizione è più forte del Partito Democratico.
Tutto ciò merita spiegazione. La Camera attuale è il risultato della legge elettorale di Calderoli, soprannominata Porcellum. In base ad essa, il Pd (anche se è stato lungi dall’avere la maggioranza dei voti) ha avuto da solo la maggioranza dei seggi. Ha fruito cioè di un forte premio di maggioranza che lo mette in grado di approvare una legge anche se tutti gli altri eletti sono in disaccordo. Il Senato invece ha un sistema diverso, nel senso che il premio di maggioranza (sempre in base al Porcellum) è assegnato su base regionale, e il risultato è stato che la sua composizione è diversa da quella della Camera. Inoltre ci sono stati molti cambi di casacca, sicché il Senato somiglia a una macedonia mal riuscita. Ma questo è un altro conto.
Attualmente il Pd non fruisce, in Senato, della comoda e artificiale maggioranza di cui gode alla Camera. Una maggioranza tale che la Consulta l’ha dichiarata anticostituzionale. Dunque la composizione della Camera Alta, malgrado i suoi difetti, riflette meglio le opinioni degli italiani. Quando dunque il Partito Democratico – per ragioni ideologiche, e per “fare qualcosa di sinistra” – ha voluto introdurre lo ius soli, alla Camera ha potuto votarselo da sé, ed è ciò che ha fatto. Ma al Senato le cose vanno diversamente. E se questa Camera è contraria, come lo sono gli italiani,,non se ne parla. Questi i fatti.
Ora immaginiamo che cosa sarebbe successo (naturalmente nella prossima legislatura) se nel referendum del 4 dicembre avesse prevalso il “sì”. Con la legge detta Italicum, nell’unica Camera rimasta la maggioranza sarebbe andata non alla coalizione, ma addirittura al singolo partito che fosse risultato primo alle elezioni. E questo senza nemmeno aver superato una soglia minima di voti. L’Italicum infatti questa soglia l’aboliva. Insomma – come detto molte volte – un singolo partito, dominato magari da un singolo uomo, nel nostro Paese avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo, magari seguendo le proprie ubbie politiche o utopiche.
Attualmente, con le norme risultanti dalle sentenze della Consulta, il premio di maggioranza è attribuito alla formazione che raggiunge il 40% dei voti: un risultato inverosimile, nel quale nessuno spera seriamente. Con l’Italicum – si ripete – il premio di maggioranza (più del 50% dei seggi alla Camera) sarebbe andato a qualunque partito che fosse arrivato primo, anche di un’incollatura.
Per renderci conto degli effetti di questa legge, immaginiamo che un partito abbia il 25% dei voti, mentre gli altri hanno il 24%, il 23%, il 10% e il rimanente 18% vada disperso fra i partitini. Questo primo partito potrebbe imporre all’Italia una legge – lo ius soli – che non piace al 75% degli italiani. I tre quarti. E se consideriamo l’astensione, all’80 o al 90% dei cittadini. Bel risultato.
Inoltre, con quella riforma, non ci sarebbe più stato il voto condizionante del Senato: la Camera che oggi impedisce l’entrata in vigore di una legge invisa a tanti. Ecco perché c’è da essere contenti del risultato del referendum. Molti probabilmente hanno votato “no” soltanto per mandar via Renzi, ma quel voto è comunque benedetto. Quanto meno, ha conservato sia una migliore rappresentatività del Parlamento, sia la possibilità di correggere leggi evidentemente sbagliate.
Non si può infine dimenticare che, secondo molti, ed anche secondo Matteo Renzi, uno dei meriti di quella riforma era che avrebbe reso più veloce l’iter parlamentare dei provvedimenti. Ma appunto, considerando la pletorica, confusa e a volte inutile legislazione italiana, Dio benedica le lentezze e i controlli. Bisognerebbe sintetizzare, concentrare e ridurre le nostre leggi, non moltiplicarle all’infinito.
Gianni Pardo
14 settembre 2017

LO IUS SOLI E UN GIUDIZIO POSTUMO SUL 4 DICEMBREultima modifica: 2017-09-14T05:30:14+02:00da gianni.pardo
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