PROFESSORI CORROTTI, EX FACTO ORITUR IUS

Sono in pensione da oltre trent’anni e tuttavia non ho dimenticato un giovane che aveva tante qualità – bellezza a parte – da non sapere con quali parole descriverlo. Nel giudizio per la maturità lo definii: “Un modello di alunno e di essere umano”. E quelle parole, che i suoi compagni di classe, magari ridendo, non dimenticarono mai, gli rimasero attaccate addosso.
In seduta di laurea, un professore disse che centodieci e lode non era un voto sufficiente, per lui. Così, pur essendo il giovane figlio di un oscuro ferroviere, un cattedratico ne fece subito il suo assistente volontario. E tutti ci aspettavamo che facesse una carriera fulminante, tanto era un fuori classe. Ma parecchio tempo dopo egli raggelò i nostri entusiasmi: “No, quest’anno è impossibile. Il vincitore è già designato. Il mio turno sarà l’anno prossimo”. Si noti il termine, “designato”. Non si parlava di concorso, e dunque di competenza: semplicemente il posto era prenotato. E anche il suo, dopo tutto, era prenotato. A data certa.
Tutto ciò per dire che lo scandalo di cui si parla in questi giorni è cosa vecchissima. Chissà che non dati dall’unità d’Italia. Si sa che alla cattedra universitaria non si arriva per puro merito, se non eccezionalmente. Ecco perché compiango i professori arrestati e svergognati. Perché soggettivamente si sentiranno innocenti. A suo tempo anche loro (come quasi tutti gli altri) sono stati scelti o perché figli di un altro cattedratico, o perché raccomandatissimi o infine perché hanno fatto la più umile gavetta, magari svillaneggiati come assistenti volontari, come ghost writer e perfino come camerieri da un barone. Il tutto aspettando che un giorno costui, inserendoli nel mercato dei baratti, gli facesse ottenere il posto. Così va la vita, nel tempio della cultura. Ex facto oritur ius, dicevano i giuristi romani, dal fatto nasce il diritto. Dunque all’università si pensa che sia quella“la regola giuridica”. Il concorso è una formalità.
Ma da noi tutto può cambiare. Almeno per qualche mese, quanto dura la memoria dei titoli dei giornali. Ci sono infatti fiammate di moralità e irresistibili voglie di penitenza (altrui). Come per l’operazione Mani Pulite. Prima il notissimo andazzo era andato avanti per decenni e decenni, poi magistrati si svegliarono, ritrovarono l’udito e improvvisamente la giustizia si alzò. Gettò via bilancia e spada, e andò ad ammanettare quelli che il giorno prima aveva chiamato onorevole o signor ministro.
Il tripudio che oggi accoglie la retata dei professori è vile e ingiustificato. Migliaia di loro sono vissuti in quel mondo, sono stati pagati e riveriti e sono morti coperti d’alloro. Oggi alcuni loro colleghi, con colpe e meriti identici, sono indicati all’intera società come corrotti da buttare in galera, e non è giusto. L’ottimistico articolo 3 della Costituzione – quello che proclama l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge – non dice il vero. In Italia può avvenire che, comportandosi nello stesso modo, si sia rispettabilissimi professori o pendagli da forca. Una giustizia è credibile quando tratta tutti nello stesso modo.
Il reclutamento universitario è scandaloso. Ma è scandaloso da sempre. Moltissimi anni fa un professore universitario mi propose di divenire suo assistente (remunerato) e la cosa mi sarebbe piaciuta. Ma l’incarico previsto era di quattro anni ed io mi chiesi che ne sarebbe stato di me se avessi rinunziato alla titolarità nel liceo. Magari – col mio caratterino – avrei litigato col professore o, più semplicemente, non sarei riuscito a piegarmi all’umiliante trafila del postulante. Dunque rinunciai all’università. Sono stato troppo povero, per giocarmi il pane. Qualunque pennacchio mi si proponga.
Se invece l’università avesse indetto un concorso onesto, vinto il quale avessi immediatamente avuto il posto per sempre, chissà che, superando la mia pigrizia, non avrei fatto un tentativo. Ma l’università era com’era. Era com’è. Era come probabilmente ancora sarà, quando sarà terminata questa ventata di indignazione.
Per favore, non gettate la croce sui professori “corrotti”. Saranno “cattivi”, ma non sono “peggiori” degli altri. Non vi scandalizzate per qualcosa che in Italia sapevano anche le pietre. Chiedete piuttosto ai politici di riformare il sistema di reclutamento dell’università. Basterebbe abolire il valore legale del titolo di studio, e tutto cambierebbe dall’oggi al domani. La prima domanda non sarebbe più: “Con che voto ti sei laureato?” ma, come in America: “In quale università ti sei laureato?” A quel punto le università competerebbero sul libero mercato, e quelle “corrotte”, valendo oggettivamente di meno, sarebbero retrocesse.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
1° ottobre 2017

PROFESSORI CORROTTI, EX FACTO ORITUR IUSultima modifica: 2017-10-01T07:17:37+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “PROFESSORI CORROTTI, EX FACTO ORITUR IUS

  1. Caro Pardo,
    ciò che da più fastidio è che certe cose, certi incarichi, certi carriere, e sinecure siano considerate di proprietà e quindi nella piena disponibilità cedibili a chi si vuole.
    Qui da noi spesso ci si dimentica chi paga; chi fa i sacrifici per mantenere una sterminata classe di travet pubblici.
    Inoltre essere stati “fortunati” non può automaticamente consentire il diritto di costituire una dinastia.
    Di cosa poi ? …di premi Nobel.. non mi risulta che uno scienziato italiano proveniente dall’amministrazione pubblica l’abbia mai vinto
    Ma forse sbaglio…
    Saluto

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