RENZI, IL CARATTERE E L’INTELLIGENZA

Che Renzi non mi sia simpatico, gli amici lo sanno. E tuttavia spesso, in passato, ho espresso la mia ammirazione per quest’uomo. Per la rapidità della carriera, l’ho paragonato a Napoleone. Per la risolutezza, l’ho accostato ai grandi condottieri. Per l’energia e per la forza travolgente, ai grandi riformatori. Le mie critiche sono state fondamentalmente due. Una – di nessun peso – è che ho sempre trovato irritante il suo stile. L’altra, molto più seria, riguarda la sua chiarezza di visione.
Per il successo in politica, Machiavelli parlava di virtù (nel senso latino di valore) e di fortuna. Ma si potrebbe formulare anche un altro binomio: carattere e intelligenza. La parola “carattere”, come la parola “qualità”, è in sé neutra. Si può avere un buon carattere e un cattivo carattere, così come una qualità può essere tanto un pregio quanto un difetto. Ma nel linguaggio corrente ambedue i termini hanno una connotazione positiva. Un uomo dalle grandi qualità non fa certo pensare ad un gangster particolarmente abile, così come, dicendo di qualcuno che è un uomo di carattere, non pensiamo certo ad un timido gregario.
Renzi ha carattere. Nel senso positivo del termine. E per chi vuol fare una grande politica è una qualità essenziale. È vero che con l’abilità, col tatto, in una parola con una studiata callidità, si può andare lontano. Ma mai tanto lontano da lasciare un’impronta nella storia. Quelle sono le qualità adatte al piccolo cabotaggio. Quando invece l’azione vuol essere incisiva e di vasto raggio, si disturbano molte persone, le resistenze si moltiplicano e il semplice misoneismo trasforma in nemici anche coloro che non hanno ancora capito di che si tratta.
E tuttavia è in questi casi che si vede il grande uomo. Lo statista non si cura dei particolari, non teme di urtare la sensibilità del prossimo, non teme di farsi dei nemici. Come diceva Lenin, “La rivoluzione non è un pranzo di gala”. E come dicono più umilmente i francesi, “non si fa la frittata senza rompere le uova”. Ecco ciò che abbiamo potuto ammirare in Renzi, e sin dal primo momento. Non ha chiesto permesso, per entrare in scena, non ha retto lo strascico di nessuno, nella politica ha letteralmente fatto irruzione. Tanto di cappello.
Ma non è stato dello stesso livello il secondo elemento del binomio: l’intelligenza. Intendendo per intelligenza non la capacità di risolvere problemi di matematica o il sapersi destreggiare disinvoltamente nella filosofia di Hegel, ma quella qualità che fa riconoscere gli obiettivi possibili, che indica il modo di perseguirli, che sa frenare persino il temperamento, quando occorre, e insomma soprassiede a tutta l’attività di un uomo. Se il carattere è l’elica, l’intelligenza è il timone.
E qui le lodi per Renzi non possono essere altrettanto convinte. Sta bene urtare qualcuno, ma è stupido farsi gratuitamente dei nemici. È una buona cosa usare la violenza, i trucchi, persino il tradimento, ma bisogna essere sicuri che ne valga la pena. E che si otterrà il risultato desiderato. Perché, se non ne vale la pena, il danno non sarà compensato dal vantaggio. E se non si ottiene il risultato, è un disastro.
Renzi ha commesso questo genere di errori quando ha prospettato come una catastrofe il proprio abbandono della politica. Quando ha voluto imporre la sua riforma ad un elettorato infastidito dalla sua insistenza. Quando ha sbagliato misura, fino a rendersi importuno, e fino a trasformare un referendum nella possibilità di cacciarlo via.
Di questi errori il giovane ne ha commessi parecchi, fino ad appannare la sua immagine. Proprio avant’ieri ha fatto presentare dal Pd una mozione per impedire la riconferma di Visco come Governatore della Banca d’Italia ed ha ottenuto un unanime contributo di critiche aspre ed indignate. Persino il mite Mattarella gli ha dato sulla voce. Pare che Padoan, alla notizia, abbia ripetutamente implorato: “Ditemi che non è vero! Ditemi che non è vero!” Veltroni, ex segretario del Pd, ha definito la mozione: “Incomprensibile e ingiustificabile”. La levata di scudi è stata generale.
Questo è il genere di comportamento dell’uomo di carattere, dell’uomo che recide il nodo di Gordio, ma non dell’uomo che ha una superiore visione della realtà. Non soltanto l’eventuale riconferma del Governatore non è di competenza del Parlamento, ma le malelingue hanno cominciato a dire che Renzi insegue la demagogia dell’opposizione e dei “grillini”, e soprattutto hanno cominciato a sospettare che il Segretario voglia scaricare le colpe dei banchieri su Visco, anche per salvare il padre di Maria Elena Boschi. Vero? Non vero? Non importa. In politica non bisogna dare adito alle interpretazioni che ci danneggiano. Soprattutto senza conseguirne nessun beneficio.
Renzi è ogni giorno di più una delusione. In un Paese di pappamolla, di furbetti, di voltagabbana, per non parlare di traditori e di vigliacchi, questo giovane rappresentava una ventata d’aria fresca. La speranza che l’energia di un giovane eroe travolgesse la nostra polverosa routine. Ma non è andata così. Il solo carattere non basta. Ce ne dispiace per Renzi, e ancor più per noi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 ottobre 2017

RENZI, IL CARATTERE E L’INTELLIGENZAultima modifica: 2017-10-19T07:50:05+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “RENZI, IL CARATTERE E L’INTELLIGENZA

  1. Sulla vicenda Visco non prenderei per oro colato i commenti interessati della varie testate giornalistiche, men che meno i vari “retroscena”che col giornalismo serio hanno poco a che vedere. Aspettiamo che si alzi il polverone per vederci un po’ più chiaro. Quello che posso dire, per mia conoscenza diretta, che nel caso della Popolare di Vicenza la pratica di offrire crediti alla condizione che si comprassero un po’ di azioni della banca ( al prezzo fantasioso fisato dalla banca stessa ) era una pratica conosciutissima da anni. Vale a dire che era di dominio pubblico ! Impossibile che la Banca d’Italia o la Consob ne fossero all’oscuro. Sapevano ma hanno preferito non intervenire sperando che col tempo le cose si sarebbero sistemate da sole.
    Renzi, come capita a tutti, fa degli errori, ma in questo caso ha ragione. Trascrivo un commento che ho letto su Repubblica che a mio parere riassume bene le ragioni del polverone che si è sollevato su questa questione :
    “In italia fare la cosa giusta per troppi è sempre quella sbagliata. Un governatore della banca d’italia governa male ma non si può dire, un camera parlamentare è di troppo ma bisogna lasciar perdere, le provincie andrebbero abolite e tutti sono d’accordo, ma se lo propone l’avversario politico vanno difese. Questa vicenda conferma ancora una volta, senza possibilità di errore, che questo è un paese conservatore dove ogni cambiamento viene visto come un pericolo e non un’opportunità. La prova? in questi commenti non c’è una e dico una, persona che scriva Renzi sbaglia perché Visco, per i seguenti motivi, ha lavorato benissimo. Nessuno parla di Visco e della sua non perfetta gestione, qui si parla solo del PD e di Renzi. L’italia è un paese per vecchi conservatori impauriti, senza speranza, autodistruttivo e masochista che ama lamentarsi sulle cose che non vanno, ma guai a cambiarle. “

  2. Mi permetto pubblicare per esteso un articolo apparso sul Blog Phastidio di Mario Seminerio dal titolo :
    Sapelli, il dichiaratore sdegnato
    Pubblicato il 19 ottobre 2017
    In Italia abbiamo una genìa di opinionisti, intellettuali, dichiaratori compulsivi ed addetti ai livori, come li definì tempo addietro quel genio di Dago, che passa le giornate a farsi trovare da giornali e talk televisivi che chiedono loro un parere risolutivo sullo scibile umano. Il pensiero corre immediato a Giulio Tremonti ma non si deve scordare un altro Giulio, ancor più vulcanico e scultore della certezza dell’immortale “ve l’avevo detto io.”
    Parliamo di Giulio Sapelli, l’uomo che ha tutto visto e tutto intuito, che reprime a fatica il proprio sdegno per l’umana corruzione e che, all’indomani del crack di Banca Etruria, sentenziava così:
    «La vicenda Boschi non c’entra nulla con la vicenda delle Banche Popolari. Ogni storia di quelle banche è una storia diversa e non ha nulla a che vedere neanche con l’ignobile abolizione del credito popolare da parte del Governo, unico in Europa a pensare provvedimenti del genere. La responsabilità di questa questione ricade interamente su Banca D’Italia. In tutti questi anni nonostante proteste e avvisi non è mai intervenuta. E quando lo ha fatto non ha mai trovato nulla. Chi conosce gli uffici di controllo di Banca d’Italia come me non può certo stupirsi che le cose siano andate così. E il motivo è semplice: sono uffici senza competenze» (Tempi, 18 dicembre 2015)
    E oggi, intervistato dalla Gazzetta di Modena e Reggio, ci illumina:
    «Qui ci troviamo, invece, di fronte a un palese attacco politico con l’obiettivo di oscurare i problemi del nucleo dirigente renziano con le vicende delle banche toscane travolte dal crack»
    Solo i cretini non cambiano mai idea. E Sapelli è notoriamente un genio, lo abbiamo riconosciuto da tempo. Un altro giro di giostra per la nostra dichiarazia, prego.
    http://phastidio.net/2017/10/19/sapelli-dichiaratore-sdegnato/

I commenti sono chiusi.