L’ONORE NON È PASSATO DI MODA

“Ci si può augurare che una persona dopo tutto civile finisca in galera, per il suo bene, e per il bene della collettività cui appartiene?” La risposta sembrerebbe essere un “no” deciso, perché poche cose sono più penose della detenzione. E tuttavia la risposta diviene “sì” quando l’alternativa è peggiore della galera. Ci sono casi in cui la prigione corrisponde all’onore e la libertà al disonore. Chi ispira queste considerazioni è Carles Puigdemont.
La sua fuga in Belgio è stata, ed è, ignominiosa. Soprattutto nel momento in cui i suoi sodali – fra i quali Oriol Junqueras e Carmen Forcadell – affrontano coraggiosamente i magistrati spagnoli, pur sapendo quanto rischiano. La Spagna dovrebbe avere una tradizione machista, se è vero che la stessa parola “machista” è spagnola, ma un po’ dovunque si è sempre stati pronti a perdonare le donne spaventate, come del resto è naturale che sia, per il sesso muscolarmente più debole. Per converso, si è sempre richiesto agli uomini di essere combattivi, coraggiosi, stoici. E oggi invece abbiamo una Forcadell che si comporta da “vero uomo”, e Puigdemont che si comporta da “donnicciola”. È veramente gran tempo che si rivedano questi stereotipi.
A Bruxelles Puigdemont ha offeso l’intelligenza del prossimo. Ha fatto discorsi che non stanno in piedi. Ha cercato di presentare la sua fuga come una forma di lotta per l’indipendenza della Catalogna, come se fosse più facile battere il nemico parlando di lui nel salotto della marchesa piuttosto che affrontandolo in campo aperto. Era più razionale Münchhausen quando cercava di tirarsi fuori dalle sabbie mobili afferrandosi per i capelli. Perfino gli imbecilli capiscono che si sta soltanto tenendo lontano dalle manette spagnole. Anche un giornale di sinistra come “El Pais” ha detto che questo leader capelluto, nella sua conferenza stampa bruxellese, “si è coperto di ridicolo”. Ecco perché gli si sarebbe potuta fraternamente augurare la galera piuttosto che questa figura miserabile. In galera sarebbe stato un uomo infelice, nel suo albergo di Bruxelles forse sarà libero, ma non sarà un uomo. In Giappone si direbbe che ha perso la faccia, o che forse una faccia non l’ha mai avuta.
Ma tutto questo non è né l’unico né il maggiore guasto che ha provocato. Nessun singolo ha potuto danneggiare la causa dell’indipendenza catalana quanto l’ha danneggiata Puigdemont. Né lui né gli altri leader indipendentisti sono mai stati all’oscuro di ciò che prevedono la Costituzione e il codice penale spagnolo, per la loro impresa. Dunque nel momento in cui capeggiavano un movimento di massa avrebbero dovuto sapere che o si vinceva insieme o si perdeva insieme. È disonorevole dare ordini al proprio esercito mentre sembra che si stia vincendo, e fuggire, lasciando i propri soldati nelle mani del nemico, quando le cose si mettono male.
Non tutti si chiamano Puigdemont. Junqueras e Forcadell, senza alti proclami, sono rimasti lì a pagare il conto di ciò che hanno fatto, se ci sarà da pagarlo, e meritano ancora il nostro rispetto. Se fossi il loro giudice, gli infliggerei la minima pena che mi consentirebbe il codice. Mentre se il fuggiasco di Bruxelles fosse un giorno portato dinanzi ai giudici di Madrid, vorrei che fosse condannato alla pena massima possibile. Perché ha reso ridicolo un movimento – sbagliato quanto si vuole – al quale altri si sono dedicati con lealtà e coraggio: e questo sia quando sembrava avere il vento in poppa, sia nell’ora di una mesta resa dei conti.
Il danno provocato dal leader numero uno è stato reso forse politicamente irreparabile dal fatto di essere egli divenuto in pochi giorni l’immagine simbolo di quel fenomeno politico. Scrivendo questo articolo ho citato molte volte il suo nome – malgrado l’insolita combinazione di “gd”, mentre è tanto più frequente la combinazione “dg” – e non ho dovuto consultare nessun testo per ricordarlo. Al contrario, per Junqueras e Forcadell – per non parlare dei loro nomi di battesimo – mi son dovuto informare. In politica ciò che appare è a volte più importante di ciò che è, e l’impressione generale – anche se falsa – è che i dirigenti del movimento indipendentista non fossero persone serie.
Forse l’insieme di questi fatti favorirà l’unità della Spagna e la pace sociale in Catalogna. Dunque bisognerebbe esserne contenti. Ma mi chiamassi Puigdemont chiederei di cambiare cognome. Qualunque altro mi andrebbe bene, salvo Badoglio.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
2 novembre 2017

L’ONORE NON È PASSATO DI MODAultima modifica: 2017-11-02T15:21:26+01:00da gianni.pardo
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