DI MAIO, OVVERO LO SPREZZO DEL PERICOLO

Il sette novembre, martedì, ci sarà il confronto televisivo Matteo Renzi-Luigi Di Maio. La sfida è stata lanciata dal giovane leader del Movimento 5 Stelle, con twitter, come si usa, ed è stata accettata da Renzi, con un altro twitter, naturalmente. Oh, come siamo fashionable.
Molti, non avendo simpatia né per l’uno né per l’altro, è probabile che non assisteranno al dibattito. Ma la semplice identità dei protagonisti induce a riflessioni. Ci si può chiedere soprattutto perché sia stato Di Maio a prenderne l’iniziativa. Secondo Massimo Franco (sul “Corriere della Sera”) potrebbe trattarsi della volontà di sottolineare che la contesa oggi non è, come a molti appare, tra il rinato Centrodestra e il M5s, ma tra quest’ultimo e il Pd. Chissà, tutto può essere. Ma se al Pd, che appare in perdita di velocità, questo incontro conviene, che interesse può avere Di Maio a ridargli importanza? Il M5s la sua qualifica di “uno dei due duellanti finali” l’ha già. E non ha più bisogno di conquistarsela. E tuttavia non è questa l’obiezione principale.
Ciò che lascia perplessi è soprattutto l’idea stessa della sfida. Si può anche avere una pessima opinione di Renzi ma è difficile contestare che quell’uomo sia abile nelle argomentazioni; che sia un maestro nell’uso delle parole; che sia capace di essere chiaro anche quando si rivolge alle persone più semplici. E poi c’è la sostanza. Dietro il fuoco d’artificio c’è ancora una persona dal pensiero solido, dagli obiettivi chiari, dalla notevole esperienza amministrativa e di governo. Insomma Renzi sarebbe un osso duro per chiunque: possibile che non se ne renda conto un giovanotto che oggi sembra soprattutto un buon indossatore per il suo sarto?
E poi c’è il temibile carattere di Renzi. Se il dibattito fosse con Berlusconi, la precisa coscienza di avere a che fare con un ragazzo senza esperienza e senza solide basi culturali probabilmente ammorbidirebbe il vecchio leader. Il Cavaliere sarebbe vagamente paterno e una volta di più non resisterebbe alla tentazione di essere simpatico anche al suo peggiore nemico. In lui la cortesia e la bonomia sono quasi istinti irrefrenabili. Se un giorno finisse all’inferno, e incontrasse il diavolo, comincerebbe col dirgli: “La sa la barzelletta di Satana che…”
Invece Renzi è uno che non fa sconti. Si batte senza esclusione di colpi, anche se il suo avversario non fa il peso. E non esita a ridicolizzare chi gli sta di fronte. Per chiunque, ha meno considerazione di quella che un normale cacciatore ha per la selvaggina. Il suo ideale è il gatto che gioca col topo.
Personalmente sbaglio meno congiuntivi di Di Maio e tuttavia non oserei sfidare Renzi. Quale follia spinge dunque quel giovanotto a provocare chi può fargli tanto male? Crede veramente che Renzi sia in tale crisi che il primo venuto possa competere con lui?
In un dibattito televisivo finiscono col valere il modo di porgere le proprie idee, il linguaggio del corpo, la sveltezza delle reazioni e l’eristica più che la logica. E infatti la volta che il grande magistrato Corrado Carnevale si presentò in televisione, pur avendo ragione da vendere, fece una pessima figura. L’ex Primo Ministro è invece un campione, in tutti questi campi. Inoltre è capace di vantare un’infinita serie di successi, poco importa quanto immaginari, mentre Di Maio, poverino, quanto a ideologia, a programma, e a successi, parte disarmato. Troppo spesso fa uso di argomenti demagogici e assurdi. Per esempio parla di finanziare grandi progetti tagliando le paghe dei politici, ed è una stupidaggine troppo evidente, per non risultare tale, se ha un contraddittore.
È vero che per dire una stupidaggine bastano un paio di secondi e per dimostrare che è una stupidaggine a volte ci vogliono cinque minuti, ma se questa difficoltà vale per una persona normale, non si può essere sicuri che valga per Renzi: sia perché è uno spadaccino della parola, sia perché, alle affermazioni più assurde del giovane “grillino” avrà preparato una risposta, una battuta, un’irrisione che rischierà di “far secco” l’altro. Che so, “Tagliare le paghe? Soltanto questo? Faccia di più. Rompa il porcellino di ceramica e salvi l’Italia”.
Forse dovrei vederlo, questo dibattito. Se Di Maio dovesse rivelarsi un combattente di classe, capace di mettere all’angolo Renzi, mi godrei la scena. La vittoria dell’underdog, la vittoria di Davide contro Golia, è sempre uno spettacolo. Se invece tutto dovesse andare secondo le previsioni, cambierei canale. Non sono mai andato a vedere una corrida perché in quello spettacolo il tormento e la morte del toro sono programmati sin dall’inizio. Anche se stavolta il toro è entrato nell’arena di sua iniziativa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
4 novembre 2017

DI MAIO, OVVERO LO SPREZZO DEL PERICOLOultima modifica: 2017-11-04T12:57:11+01:00da gianni.pardo
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