UN FETICCIO: L’AUTO ELETTRICA

Sul Corriere della Sera è comparso un articolo(1) firmato da Milena Gabanelli in cui si dice male delle automobili attuali, che provocano il riscaldamento del pianeta, aggiungendo che, nel giro di qualche decennio, saranno vietate dovunque. Da noi nel 2040. Queste automobili saranno ovviamente sostituite da virtuose auto elettriche ma leggendo l’articolo si scopre che la Gabanelli è giornalista più corretta di quel che si poteva pensare. Infatti riporta parecchi argomenti oggettivamente contrari alla sua tesi. L’unica affermazione apodittica e azzardata è quella con cui l’articolo comincia: “Le emissioni dei gas di scarico delle automobili contribuiscono al riscaldamento del pianeta”. Qualcosa come: “Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all’infuori di me”.
Comunque, ammettiamo che le auto a benzina o gasolio siano dannose per la salute del pianeta: quelle elettriche possono sostituire le attuali? Secondo la Gabanelli i dubbi più comuni “riguardano la ridotta autonomia, i tempi di ricarica troppo lunghi e, soprattutto, la scarsa diffusione delle colonnine di rifornimento”. Hai detto niente. Significa che, se uno abita a Palermo e vuole passare le vacanze in Val d’Aosta, con la macchina elettrica dovrà fermarsi almeno tre volte dove c’è la colonnina di rifornimento e aspettare ore e ore che la macchina si ricarichi. Magari passando la notte in albergo. Un albergo che fra l’altro non saprebbe come raggiungere, dal momento che l’auto è bloccata alla colonnina. Chi lo farebbe mai? E a che serve un’auto costosa che si può usare soltanto non lontano da casa?
Né è sicuro che in futuro i tempi di ricarica saranno molto inferiori. In materia di immagazzinaggio dell’elettricità tutte le previsioni sono andate deluse sin dalla fine del XIX Secolo. In quegli anni si esitava fra auto a petrolio e auto elettrica (oltre che a vapore), e si pensava che, se appena si fosse riusciti a migliorare le prestazioni delle batterie, tutte le auto sarebbero state elettriche. Se appena. È passato quasi un secolo e mezzo, e siamo ancora a quel punto.
Comunque, dal momento che – a quanto dicono – la tendenza è all’auto elettrica, “Aumenterà vertiginosamente la richiesta di energia elettrica”. E bisognerà trovarla. Secondo un competente, “il fabbisogno sarà soddisfatto per il 30% dal carbone, per un altro 30% dallo shale gas, per il 15% dall’idroelettrico, per un altro 15% dalle nuove rinnovabili e per il 10% dal nucleare”. Ma, un momento: il carbone, bruciando, produce CO2, e altrettanto fa lo shale gas. Siamo già al 60% e sento che la Terra continua a tossire. Quanto al resto, l’idroelettrico dà già tutto quello che poteva dare per le città, il nucleare è stramaledetto dai misoneisti e le fonti rinnovabili sono estremamente costose. Lo dimostra la situazione attuale. In teoria l’idea di produrre elettricità con dei pannelli sul tetto è molto allettante e tuttavia, pur di incentivarla, lo Stato è disposto a pagare la metà o più della spesa. Che ne sarebbe, se bisognasse pagare tutto di tasca propria?
Anche le auto elettriche si vendono pochissimo, benché lo Stato si offra di pagare una parte della spesa. Secondo la Gabanelli, in Italia l’incentivo è di circa tremila euro e la media, nel mondo, è di ben novemila dollari. Non deve essere un affare, questa automobile, se l’unico modo di imporla sarebbe quello di regalarla.
Oggi “il prezzo delle vetture [elettriche] in media si aggira sui 30 mila euro, su cui pesa fino al 50% la batteria”. E questo è un particolare interessante. Un’auto a benzina, con la normale manutenzione, può andare avanti per vent’anni. Le batterie invece vanno periodicamente sostituite. Pensando che incidono per la metà sul prezzo d’acquisto, ciò significa che dopo qualche tempo ci si troverà ad affrontare una spesa di quindicimila euro. Di che comprare una buona automobile a benzina. Ma scherziamo?
Abbiamo chiaramente bisogno di una flebo di ottimismo. Eccola: “Secondo uno studio di Bloomberg, tuttavia, dal 2010 a oggi il costo delle batterie al litio è diminuito del 73% — passando da 1.000 dollari per kWh a 273 dollari nel 2016”. “Le batterie, inoltre, saranno meno ingombranti, più leggere – oggi pesano una tonnellata – e più veloci da ricaricare”. Eh no, qui non ci siamo. Per quanto riguarda le batterie, le speranze devono essere accolte con scetticismo. È vero, quelle al litio (costosissime) sono migliori delle vecchie ma – a parte il fatto che per un’automobile elettrica pesano forse più di una Panda – bisogna ricordare che l’umanità si scervella da secoli sull’immagazzinamento dell’elettricità e il problema non è ancora risolto: chi dice che ora lo sarà? Soltanto per mettere in moto l’automobile, la mattina, stiamo col fiato sospeso: dopo il freddo di questa notte, partirà?
Senza dire che, leggiamo, l’esperto Tabarelli teme che Tesla possa diventare la nuova Enron, “la multinazionale energetica americana protagonista di uno dei più fragorosi fallimenti della storia”. Secondo l’investitore americano Jim Chanos, l’azienda produttrice di auto elettriche è “strutturalmente non redditizia”. “Tre anni fa si diceva che oggi sarebbe stata in attivo, oggi si dice che lo sarà fra tre anni”. Chi di speranza vive…
La sintesi è semplice: oggi l’auto elettrica è un articolo di fede. Bisogna crederci e basta. E questo, per i miscredenti professionisti, è un esercizio piuttosto difficile.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 febbraio 2018

UN FETICCIO: L’AUTO ELETTRICAultima modifica: 2018-02-16T11:01:14+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “UN FETICCIO: L’AUTO ELETTRICA

  1. Confermo: l’auto elettrica non si vende perché è materia di fede o meglio di leggi della fisica borderline e questo nonostante i munifici sussidi statali, cioè di tutti, cioè il fatto che per buona parte la paga chi non ce l’ha. C’è un problema di fondo a frenarne la diffusione, le ibride si vendono, le elettriche tout court no perché finché non troveranno una alternativa al litio per farle muovere non ci sarà un vero mercato elettrico, per tutta una serie di motivi che includono durata in km della ricarica, tempo della medesima, scorte di litio che si esaurirebbero velocemente se tutti avessimo un’auto elettrica (ne entrano chili, anche decine in una batteria da auto a differenza dei grammi che servono per un portatile), mancanza di energia per caricarle, servirebbe aumentare pesantemente la generazione con tutta una serie di problemi ingegneristici in cascata, il fatto che se le vendono per ‘pulire l’ambiente’ e si è sprovvisti di generazione nucleare (no, solare ed eolico servono solo ad illudere gli ecogrulli che poco o niente capiscono di topic energetici e comunque *richiedono* una pari capacità di backup che di solito è fossile, l’idroelettrico va bene ma appunto più di quello che si può ricavare dai corsi d’acqua non ce n’è) si finisce per caricarle con gas e carbone così inquinando PIÙ delle auto ad energia fossile, eccetera eccetera. E nemmeno sono veramente pulite perché le batterie vogliono litio, cobalto, grafite e altri minerali che oltre sporcare a valle – dove li metterò tutti questi milioni di batterie una volta esauste? – sporcano a monte, parecchio, rientrando inoltre in pieno nella categoria sfruttamento aka schiavitù minorile. Come si vede sotto il vestito della festa c’è molta sporcizia, comunque finché non si profilerà un breakthrough in ambito storage che all’orizzonte proprio non si vede l’auto elettrica rimarrà mercato [molto] di nicchia; e questo per l’ambiente è un bene.
    In sostanza l’articolo della Gabanelli è il solito mischione di mezze verità e speranza à la report che coprono la restante metà parte in cui si dovrebbero davvero enumerare i problemi, e non lo si fa. Per lei e quelli come lei il problema non è che non si vendano perché la cosa evidentemente non è fattibile da un punto di vista pratico, ma che non si sussidino abbastanza; e la definizione di fake news continua ad avere senso compiuto.
    Materia di fede appunto.

    P.S.: la Tesla è la nuova Enron, vive letteralmente di sussidi e più che essere in attivo fra tre anni gli analisti scommettono se tra tre anni ci sarà ancora: la risposta prevalente è no. L’impero di Musk è un classico schema di Ponzi.

  2. Estupenda la carta que ha redactado Sr. Velarde: fortiter in re, suaviter in forma. Pero creo que ya va siendo hora de dejar el “suaviter in forma y cantarle a estos mitrados separatistas y lamecde Oriol y adláteres lo que pensamos los cristianos que llevamos tanto tiempo aguantando sus impertinencias y salidas de tono. JAMÁS PONER LA X EN LA DECLARACIÓN DE RENTA. JAMÁS DAR UN EURO EN CAMPAÑAS DONDE EL DINERO LO RECOJAN ESTOS INDIGNOS DE REPRESENTAR A LOS CRISTIANOS QUE NO SOMOS SEPARATISTAS. Lo que hay que hacer dar ese dinero en persona a sacerdotes que se dedican a todos por igual, a predicar el verdadero evangelio y no a lanzar soflaqmas separatistas en sus homilías. Infórmense de las parroquias germinantes y allí depositar nustras aportaciones. Yo no me siento represen tado por Novell, Pardo, Vives, Pujol, Omella, Meneses

  3. Estupenda la carta que ha redactado Sr. Velarde: fortiter in re, suaviter in forma. Pero creo que ya va siendo hora de dejar el “suaviter in forma y cantarle a estos mitrados separatistas y lamecde Oriol y adláteres lo que pensamos los cristianos que llevamos tanto tiempo aguantando sus impertinencias y salidas de tono. JAMÁS PONER LA X EN LA DECLARACIÓN DE RENTA. JAMÁS DAR UN EURO EN CAMPAÑAS DONDE EL DINERO LO RECOJAN ESTOS INDIGNOS DE REPRESENTAR A LOS CRISTIANOS QUE NO SOMOS SEPARATISTAS. Lo que hay que hacer dar ese dinero en persona a sacerdotes que se dedican a todos por igual, a predicar el verdadero evangelio y no a lanzar soflaqmas separatistas en sus homilías. Infórmense de las parroquias germinantes y allí depositar nustras aportaciones. Yo no me siento represen tado por Novell, Pardo, Vives, Pujol, Omella, Meneses

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