ITALIA SCONFORTANTE, ITALIA SCONFORTATA

La prima sensazione – tutt’altro che gradevole – è quella di una grande confusione. Come se si cercasse di ragionare mentre si è bevuto troppo, oppure mentre imperversa una tempesta. Viene voglia di parafrasare una brillantissima definizione della political correctness: “La correttezza politica è la capacità di prendere un pezzo di merda dalla sua estremità pulita”. Nello stesso modo, a proposito delle elezioni di ieri, si potrebbe dire che il problema è “prendere questa nebbia dalla sua estremità trasparente”.
Non esistono maggioranze chiare. Un governo si potrebbe formare con un’alleanza di centro e M5s, sinistra e M5s, centro e sinistra. Oppure potrebbe chiedere la fiducia un governo di minoranza. Oppure si potrebbe tornare a nuove elezioni magari per poi, come nel Gioco dell’Oca, tornare alla casella di partenza. E come mai tanta parte degli italiani ha votato per il M5s, fino a farne con margine il primo partito d’Italia, se si tratta di una formazione priva di idee, priva di programmi e perfino priva di un leader credibile? Non si può dire che manchino gli interrogativi.
E tuttavia, alla fine, quando il cervello si rassegna alla propria impotenza, albeggia una conclusione. La netta sconfitta del Pd – che sarebbe rimasta una sconfitta anche senza la secessione di Liberi e Uguali – significa che l’Italia è scontenta di come la sinistra ha guidato il Paese. Né basta il chiaro rigetto di Renzi e del suo stile, a spiegare il risultato negativo: infatti è stato sconfitto anche Franceschini, che nessuno ha confuso con un fervente renziano e nessuno accusa di aver fatto male la sua parte di ministro. Non si può che ripeterlo: il Paese è scontento di come la sinistra ha governato, ma forse non si è chiesto se qualcuno avrebbe potuto far di meglio. Ma, si sa, in politica va così.
Posto che gli italiani siano molto scontenti, che indicazione danno, per il futuro? La risposta a questa domanda finisce col gettare una luce sul senso di queste elezioni. Gli italiani non danno indicazioni. Se si cedesse alla tentazione della volgarità, si potrebbe dire che il messaggio di oltre la metà dei votanti è il “Vaffanculo” di Grillo. Infatti chi vota per il M5s vota per l’antipolitica, per il sogno da una parte e per la vendetta dall’altra. Chi vota per il centrodestra dà la maggioranza alla Lega piuttosto che a Forza Italia, e questo ha un preciso significato. Anche gli elettori di centrodestra, per definizione e per tradizione moderati, oggi preferiscono, ad un diverso programma di governo, la protesta irrealista, radicale e a volte volgare. Votano per rimandare a casa 600.000 clandestini , quando si sa che è impossibile, sia perché a volte neanche sappiamo come si chiamino realmente e da dove vengano, sia perché i loro Paesi di provenienza non li rivogliono indietro. Votano contro la legge Fornero, quando si creerebbe un tale buco, nel bilancio, che non ce lo potremmo permettere. Gridano: “Votiamo contro l’Europa”, quando è l’Europa che ci ha impedito di fallire e ci ha permesso anche di pagare molti miliardi in meno, per gli interessi sul debito pubblico.
Il voto per il M5s non ha senso. Il voto per la Lega non ha senso. Il rigetto del Pd, malgrado le inescusabili colpe di Renzi, non ha senso. Quel partito, malgrado tutto, ha cultura politica e senso dello Stato. Cose di cui non mostrano alcuna traccia né il M5s né la Lega. Per conseguenza il senso generale di queste elezioni – perché un senso generale non possono non averlo – è il rigetto della politica. L’intero Sud e una buona parte del resto d’Italia sono contro l’attuale modello economico-sociale. Sono contro la retorica del Pd e in generale dell’ufficialità, quella per la quale: “Abbiamo il dovere della solidarietà”; “Non si possono non salvare (a costo di andarli a cercare) i naufraghi nel Mediterraneo”; “La crisi è finita e siamo in piena ripresa”; “Non ve ne siete accorti, ma i recenti anni di governo del Pd sono stati un grande successo”. E comunque: “Votate per noi e in un batter d’occhio risolveremo i problemi che non abbiamo risolto negli anni recenti”. Affermazione cui gli italiani hanno risposto con quello che i francesi chiamano “bras d’honneur” (braccio d’onore) e gli italiani “gesto dell’ombrello”.
Il governo che potrebbe corrispondere ai desideri degli italiani – non di governare bene, ma di mandare tutto a catafascio – risulterebbe da un’alleanza tra M5s, Lega e transfughi. L’armata Brancaleone con Masaniello come condottiero. Con quali risultati per l’Italia è facile immaginare.
Probabilmente sfuggiremo a questo infame destino. Probabilmente, a forza di contorsioni, compromessi e tradimenti degli elettori, ad un governo meno irragionevole si arriverà. Ma sarebbe bene che i politici si rendessero conto che in democrazia la sovranità appartiene al popolo. Un popolo che vuole sicurezza e lavoro, anche andando contro i sindacati, anche andando contro l’Europa, anche andando contro il Papa e tutti i santi.
Un popolo che non comprende che, per avere tutto ciò che desidera, dovrebbe pagare prezzi che oggi non è disposto a pagare. E dunque sta ponendo la politica dinanzi ad un compito impossibile.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
5 marzo 2018, ore sei

ITALIA SCONFORTANTE, ITALIA SCONFORTATAultima modifica: 2018-03-05T07:00:25+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

6 pensieri su “ITALIA SCONFORTANTE, ITALIA SCONFORTATA

  1. Rispetto alle politiche del 2013 :
    PD dal 25,46 % al 19,00 % ( – 25% )
    F.I dal 21,56 % al 14,00% ( – 35% )
    Lega dal 4,09 % al 17,70 % ( + 435% )
    M5S dal 25,56 % al 32,20 % ( + 26 % )
    Sostanzialmente c’è stato un travaso di voti dal PD al M5S ( LeU non pervenuto )e da Berlusconi a Salvini . Il popolo sovrano ha premiato la maggioranza dello sfascio. Evviva !

    http://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=C&dtel=24/02/2013&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S

  2. Con Lega e M5s vince il Partito populista della spesa pubblica (impossibile)
    Reddito di cittadinanza, azzeramento della legge Fornero e Flat tax. Costo: oltre 100 miliardi. ma con la promessa (?) di tagliare il debito
    di Renzo Rosati
    6 Marzo 2018 alle 10:27

    Roma. Promettere 780 euro al mese netti a chiunque non abbia redditi dichiarati, più la metà per ogni altro familiare sopra dei 14 anni (quoziente 0,5) e altri 234 euro (quoziente 0,3) per quelli sotto – il reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle, argomento caldo ieri nelle ricerche su Google – significa elargire a una famiglia con un figlio 1.560 euro; 1.950 se i familiari a carico sono tre, 2.184 con un bambino. Al centro-sud dove i 5 stelle hanno fatto il pieno la promessa beneficerebbe 4,9 milioni di famiglie, e si è rivelata l’arma letale delle elezioni. Poco importa se poi lo stipendio di stato va a chi ha introiti in nero. La copertura di questa misura assistenziale che non ha eguali nel mondo è stimata in 29 miliardi annui, ai quali se ne aggiungono due per “potenziare i centri di formazione per i disoccupati”. Il potenziamento, come ha spiegato il ministro in pectore allo Sviluppo economico a 5 stelle, Lorenzo Fioramonti, prevede il reinserimento nel mondo del lavoro. Però, “date le specificità dell’Italia”, la perdita dei benefici avverrebbe non alla prima offerta d’impiego come in Germania e Francia, ma alla terza. Né il ridimensionamento della cassa integrazione, la vera anomalia rispetto ai paesi con politiche attive per la disoccupazione. E le famiglie camperebbero stipendiate dal denaro pubblico anche tutta la vita: perché i 5 stelle offrono anche la pensione di cittadinanza, sempre di 780 euro netti a tutti i pensionati, 1.170 per la coppia. Luigi Di Maio e i suoi indicano le coperture: “Dai 30 ai 34 miliardi dei tagli di spesa proposti dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli”, nonché “indirizzando le scelte dei consumatori in modo responsabile”, cioè tassando di più il gioco d’azzardo, chi ha concessioni petrolifere e autostradali. L’economista Veronica De Romanis, che con Cottarelli lavora all’Osservatorio sulla spesa pubblica, ha chiesto inutilmente a Fioramonti quali spese taglierebbe, a cominciare dalle tax expenditures, le detrazioni e deduzioni fiscali che la fanno da padrone in denuncia dei redditi. Ma non ha avuto risposta, se non il refrain su auto blu, trasparenza, e spese della politica (che secondo loro varrebbero 50 miliardi l’anno). In compenso gli ex grillini aggiungono alla lista di promesse la riduzione delle aliquote Irpef ed il taglio “drastico” dell’Irap. E “10 mila assunzioni territoriali per valutare se i migranti hanno diritto di restare o no”. Tuttavia si impegnano a tagliare il debito pubblico in rapporto al pil di 40 punti in 10 anni: ad oggi, 920 miliardi, 92 l’anno; ma il proposito è congegnato tenendo conto dell’aumento del pil che la ricetta 5 stelle farebbe miracolosamente esplodere. Anche con una crescita stabile del 2 per cento l’anno per 10 anni si tratterebbe di una 50-60 miliardi l’anno di debito da abbattere. Come, viste le elargizioni da dare a disoccupati e pensionati? Mistero. E come voto di scambio, niente male. Ma neppure l’altra vincitrice, la Lega di Matteo Salvini, scherza. L’abolizione della legge Fornero sulle pensioni, punto “irrinunciabile”, è stimata dalla Corte dei conti, dall’Ufficio parlamentare di Bilancio e da Eurostat in 20 miliardi l’anno per la prossima legislatura, 280 nei prossimi 42 anni. L’altro piatto forte salviniano è la flat tax, che il leader leghista vorrebbe al 15 per cento e la coalizione di centrodestra al 23. Secondo i calcoli del sito di economisti lavoce.info, questa produrrebbe minori entrate per 95 miliardi, che invece Silvio Berlusconi ha indicato in 30-40. Da coprire recuperando “metà dell’evasione fiscale”, grazie al maggior appeal della flat tax, cioè una cifra tra 45 e 47 miliardi. Ne restano fuori ottimisticamente circa 15, ma secondo l’istituto Bruno Leoni i minori introiti varierebbero tra i 20 e i 70 miliardi a seconda della formula prescelte (e anche qui a seconda del ricorso al taglio delle tax expenditures). Salvini, stuzzicato a proposito di una possibile alleanza populista tra Lega e 5 stelle, ha dichiarato che “prima di redistribuire risorse occorre produrla”. Quindi, pare, nessuna apertura al reddito di cittadinanza. Ma al di là dei propositi, come conciliare l’assistenzialismo con le promesse di riduzione fiscale? I conti non tornano. E torneranno ancora meno se i due leader sovranisti, Salvini e Di Maio, rispolverassero le mai sopite nostalgie anti euro. In questo caso ci penserebbe direttamente la Troika spedita da Bruxelles: il 30 per cento del nostro debito è infatti in mani straniere, e supportato da garanzie collaterali. Nessun dubbio che verrebbero a riprenderselo.

  3. Sangue,sudore e lacrime,ma Wiston Churchill stava in Inghilterra,”nuie simme nata cosa”. Persona siffatta sarebbe presa a calci nel sedere. Saluti Ciro

I commenti sono chiusi.