DI MAIO FOR PRESIDENT, PER FAVORE

Luigi Di Maio, secondo un titolo del Corriere della Sera, ha detto: “No governo senza di noi”. E perché no? Ammettiamo che eticamente non si possa escludere dal governo il partito più votato, chi ha mai detto che le regole dell’etica non si possano violare? E se ci si appellasse alla prassi, chi ha detto che la prassi non si possa violare? Dunque sarebbe bene smetterla col proclamare certezze che non sono tali. Se si costituisse una maggioranza che manda il M5s all’opposizione, il Movimento andrebbe all’opposizione. Non è che gli altri ci vadano volontariamente, di solito.
Perfino se quello di Di Maio fosse un vero diritto, un diritto ha valore quando si può ricorrere al magistrato. Ma se la controparte è lo Stato, fino a non molto tempo fa non si aveva nessuna arma. Poi sono stati introdotti i Tribunali Amministrativi Regionali, ma lo stesso, quando lo Stato è inadempiente – per esempio quando deve pagare i suoi debiti – non c’è niente da fare. E infatti le imprese falliscono.
I pentastellati fanno quasi tenerezza, in tutti i campi. Quasi non c’è una dichiarazione che non induca a pensare che non sanno quello che dicono. Prendiamo l’asso nella manica che gli ha fatto vincere le elezioni: il reddito di cittadinanza. È chiaro che non sanno di che parlano. E per questo sarà bene partire dall’inizio.
Un fabbro crea cancelli e li monta. O viene chiamato da una famiglia che è rimasta fuori di casa, avendo perso le chiavi. E il fabbro, ogni volta che produce un bene o rende un servizio, è pagato. È questo il reddito: il fatto che il fabbro ha creato “ricchezza” e chi l’ha ricevuta a sua volta gli ha dato ricchezza. Il trasferimento di banconote non deve fare velo alla realtà sottostante, che è il baratto. Se il fabbro fabbricasse e montasse il cancello senza ricevere nulla in cambio, saremmo di fronte a qualcosa di simile al furto. Uno spostamento di ricchezza a fronte di niente.
Il reddito, dunque, è il corrispettivo della ricchezza che si è creata. Perfino il trattamento pensionistico, in un sistema sano (quello contributivo) corrisponde alla ricchezza a suo tempo creata. Se invece non si è creata nessuna ricchezza, e la ricchezza che si riceve è un “regalo”, di fatto si ha che qualcuno riceve una ricchezza che non ha prodotto, mentre qualcun altro non riceve per intero la ricchezza che ha prodotto. Nel senso che la quota di reddito che va all’assistito è una quota di reddito sottratta a chi l’ha prodotta.
Ma gli ingenui credono che la ricchezza siano le banconote. In realtà, se non c’è inflazione e non si contraggono debiti, i soldi dell’assistenza sono sottratti ai produttori di ricchezza; se invece, per distribuire quelle banconote, si contraggono debiti, si aumenta il debito pubblico, facendo pagare lo scotto alla generazioni future, o all’intero Paese nel caso di un fallimento nazionale.
Insomma il reddito di cittadinanza si traduce o in aumento delle tasse sui lavoratori o in un aumento del debito pubblico, sempreché le autorità di Bruxelles ci permettano di suicidarci.
È proprio perché si ha ragione di essere stanchi di sentire sciocchezze, che sì, ha ragione Di Maio: assolutamente nessun governo senza il M5s. Vogliamo vedere come distribuiscono il reddito di cittadinanza. A meno che, a furia di condizioni imposte non lo rendano talmente difficile da ottenere, da far finta di darlo, senza darlo. Ma la gente in materia di denaro non si lascia menare per il naso, e in questi casi si sente imbrogliata, si imbufalisce, e se non li aspetta sotto casa con i forconi poco ci manca.
Quello che Di Maio e i suoi amici sembrano ignorare è che, come diceva Nenni, nella stanza dei bottoni purtroppo mancano i bottoni. Nel senso che lo spazio di manovra di un governo è minore di quello che i profani pensano. Noi siamo limitati dalla struttura sociale che ci siamo data, dalla risposta dei mercati alla nostra richiesta di prestiti, dalle regolamentazioni di Bruxelles, dai prezzi internazionali di commodities come il petrolio, il grano o il caffè, e perfino dai capricci della natura, che non la smette mai con le alluvioni, i terremoti e la siccità. Nessuno può pretendere che i governanti facciano miracoli, magari saranno anche dei mediocri, ma reputare che siano tutti invariabilmente degli imbecilli, è eccessivo. Se i governanti potessero far felici tutti distribuendo la manna del cielo, lo farebbero non tanto perché amino il popolo (sull’amore è sempre bene contare poco) quanto perché la cosa li renderebbe popolari e la gente li voterebbe con entusiasmo. Dunque, coloro che dicono: “Votate per noi, ché aggiustiamo tutto” si ingannano e ci ingannano. Questi sprovveduti meritano proprio di andare a governare. Così imparano: loro e quelli che li hanno votati.
Dunque sì, caro Di Maio: assolutamente non si può fare un governo senza i Cinque Stelle. Anzi, l’ideale sarebbe che poteste governare da soli, col vostro sognato 51%.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
11 marzo 2018

DI MAIO FOR PRESIDENT, PER FAVOREultima modifica: 2018-03-10T18:13:58+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “DI MAIO FOR PRESIDENT, PER FAVORE

  1. E invece una parte della “sinistra” sarebbe propensa a concordare col Movimneto un’ingresso al governo: un ufficietto in un sottoscala si potrebbe sempre trovare, qualche presidenzina di commissione, qualche presidenza in un entucolo. E dài, compagni, non facciamo gli schizzinosi, non lasciamoli soli a governare, chissà che casini combinano, almeno potremmo tenerli sotto controllo; per il bene del Paese! Lo raccomanda anche Pif (storico, filosofo, politologo, uomo de curtura, amico di Fazio Fabio, vedi Wikipedia; piace ai ggiovani e all’intellighenzia “de sinistra”).
    Strategia demenziale, perché se osassero “fare muro” la “rete” li farebbe a pezzi; se ottenessero qualche successo, verrebbe dichiarato come conseguito NONOSTANTE loro, se fallissero sarebbe a causa loro per aver osato respirare. SPQP Sono pazzi questi piddini.

  2. “come diceva Nenni, nella stanza dei bottoni purtroppo mancano i bottoni”

    E’ agli occhi di qualsiasi governante o aspirante governante, che i bottoni mancano, o sono sempre troppo pochi.
    Forse invece i bottoni non solo sono troppi, ma sono gia’ stati usati tutti.
    E’ l’illusione di essere meccanici, mentre siamo solo carne piangente.
    Meccanici di immense fabbriche, gli stati nazionali, in cui dovrebbero lavorare all’unisono decine o centinaia di milioni di addetti.
    Vaste programme, avrebbe detto qualcuno.

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