LA VITTORIA DEL PERDENTE

Quand’ero un ragazzino, giocavo al calcio, come tutti, ma peggio di tutti. Mi si accettava in squadra per ultimo, per pareggiare il numero con gli avversari. Ovviamente me ne dolevo ma non potevo farci nulla. Agli altri riusciva di mandare in goal la palla (di stracci) anche quando era difficile, a me riusciva di mandarla fuori a porta vuota, ottenendo dai compagni un desolato: “Ma Gianni…”
Non ero invidioso dei più bravi. Avrei soltanto voluto essere come loro. In particolare come Andrea, quello che aveva le gambe “a ciambella” (valghe, direbbero gli ortopedici) e segnava più gol di tutti. Io purtroppo avevo le gambe diritte.
Si può sorridere di questo ricordo ma a volte è effettivamente difficile capire perché si vince o si perde. Per esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi seppero profittare per primi dei mezzi corazzati, penetrando profondamente nel territorio nemico, come un coltello nel burro. Ma in Francia si accorsero che, se quel “coltello” penetrava troppo, si allontanava dalle linee di rifornimento e prestava il fianco agli attacchi laterali.
Analogamente, se si considera la carta della Russia, ci si rende conto che il suo territorio è troppo vasto e troppo pianeggiante per essere facilmente difeso. Ma ripensandoci si è visto che, se è troppo vasto per difenderlo, è anche troppo vasto per attaccarlo. E infatti la massima strategia di Mosca è stata quella di ritirarsi, di lasciarsi quasi del tutto invadere, per poi passare al contrattacco, quando il nemico è spossato o magari vinto dal “Generale Inverno”.
Il genio dello stratega si manifesta nel trarre tutti i vantaggi possibili dalla condizione in cui si trova. Se i soldati francesi adoravano Napoleone era perché lo avevano visto vincere tante volte – anche quando ragionevolmente si sarebbe potuto prevedere una sconfitta – che ormai lo avrebbero seguito qualunque ordine avesse dato.
L’attuale situazione politica italiana richiama tutte queste considerazioni perché le posizioni di vantaggio e di svantaggio sono così intricate che gli stessi attori non sanno come muoversi. E tutti capiscono che, se ci fosse un Napoleone della politica, forse vincerebbe, quale che sia la sua posizione attuale. Ma non c’è nessun Napoleone.
Il M5s è stato incoronato vincitore nelle recenti elezioni e non smette di vantarsene. Ma farebbe bene anche a chiedersi se sia in grado di utilizzare la vittoria. Mai dimenticare che: “On peut tout faire avec des baïonnettes, sauf s’assoir dessus”, si può fare di tutto, con le baionette, salvo sedercisi sopra. E infatti giustamente Galli Della Loggia, sul Corriere del 3 aprile, ha scritto che i Cinque Stelle “rischiano di restare prigionieri della loro stessa vittoria”.
Con le loro pretese di incontaminata purezza, prima i pentastellati si sono preclusi le alleanze, poi si sono accorti che, anche ad avere il 40% dei seggi, la maggioranza parlamentare richiede oltre il 50%. Chi ha il 48% sarà fortissimo ma non comanderà finché non avrà trovato da qualche parte il residuo 3%. Magari ricorrendo ai voltagabbana e ai profittatori, ai quali per giunta dovrà concedere ben più del 3% dei vantaggi del potere, perché quei pochi hanno la golden share della maggioranza.
Il massimo rischio, per i dirigenti del Movimento, è la scomunica dei loro elettori. Questi li hanno votati perché rimangano puri e incontaminati, e questa condizione forse fa vincere le elezioni ma poi impedisce di raccogliere i frutti della vittoria. Per giunta, mostrandosi disposti ad allearsi con la Lega o col Pd, i capi hanno peggiorato la situazione. Hanno dimostrato di non avere idee proprie o di credere che gli alleati non avanzerebbero nessuna richiesta programmatica. Comunque in questo modo rischiano di raccogliere le maledizioni di una parte dei loro elettori (per essersi alleati con gli uni o con gli altri) e il totale disprezzo degli osservatori neutrali, che li vedono disposti ad andare con chiunque. Come prostitute.
Il Pd si trova nella situazione inversa. Ha le sue idee, ha straperduto le elezioni ma – a meno che non si arrivi ad un’improbabile Große Koalition fra M5s e centrodestra – ha la golden share di un futuro governo. Per quanto riguarda la base elettorale, è più vicino al Movimento che al centrodestra; per quanto riguarda i programmi è l’inverso. Nel dubbio, Matteo Renzi insieme con la sua pattuglia di grognard resiste fieramente ad ogni proposta di alleanza affinché il tempo faccia lievitare l’impasto e i grandi partiti misurino il potere del Pd.
Cinque Stelle e centrodestra hanno vinto le elezioni, ma il Pd può decidere chi governa, se cadono i veti. E poiché sarà comunque il socio di minoranza, è in sede di trattative che deve ottenere il massimo. È in quella sede che dispone di un’arma di ricatto. Ma sempre se saprà giocare le sue carte.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
3 aprile 2018

LA VITTORIA DEL PERDENTEultima modifica: 2018-04-06T07:32:02+02:00da gianni.pardo
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