MA IO SCHERZAVO!

E così avremo il nuovo governo M5S-Lega. Ricordo di avere scritto che era il mio ideale, perché permetteva di sbarazzarci in un sol colpo di due partiti nocivi per il Paese. I loro risultati, pensavo, spazzeranno via una volta per tutte le illusioni. Infatti “personaggetti” come Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per usare la terminologia del governatore De Luca, sono riusciti a farmi rimpiangere politici allarmanti come Umberto Bossi e perfino – ebbene, lo confesso – Matteo Renzi. Quest’ultimo è stato insopportabile come stile, quei due rischiano di esserlo come modo di governare.
Detto questo, anch’io mi trovo ad affrontare la realtà. Sono nella situazione di quel contadino siciliano che, stroncato dalla fatica quotidiana sotto un sole implacabile, aveva preso l’abitudine di sospirare: “Ma la Morte perché non viene a liberarmi da questo inferno?”. Finché la Morte non si stancò della litania e un giorno si presentò: “Mi hai chiamato. Eccomi”. “Accidenti, quanto sei brutta! esclamò il contadino, Ma va via! Non hai capito che scherzavo?”
“Un conto è parlar di morte, un conto è morire”, ammonisce un proverbio. Ed effettivamente, ora che il mio desiderio si realizza, comincio a vedere quanto costerà all’intera Italia questa avventura. Tanto che vorrei poter dire che scherzavo. Ma anche gli scherzi possono costare veramente caro. Se si spara a salve contro qualcuno – così, per fargli uno scherzo – e quello muore d’infarto, si è fortunati se uno se la cava con l’imputazione di omicidio colposo.
L’Italia non è innocente. Merita perfettamente un governo che, fraintendendo Keynes e le lezioni della storia, pensa di risolvere tutto facendo ancora debiti. Come se i mercati fossero obbligati a farci credito. In realtà rischiamo di dichiarare fallimento, di essere estromessi dall’euro e forse anche dall’Unione Europea. Una tragedia di proporzioni inimmaginabili. Né vale l’idea, in cui molti si cullano, che l’Europa, per non fallire essa stessa, correrebbe a salvarci a qualunque costo. Perché l’Italia non è la Grecia e quel costo sarebbe troppo alto. È inutile spiegare – per la centesima volta – che, se i mercati non rinnovano le cartelle in una sola asta, si creerebbe un tale allarme sulla nostra solvibilità, che si avrebbe la fuga dei risparmiatori, una valanga di vendite dei nostri titoli, la richiesta di rimborso (senza rinnovo) di quelli in scadenza (oltre quattrocento miliardi in un anno, per ciò che ricordo), più la solita settantina di miliardi per gli interessi. Se avessimo cinquecento miliardi da parte, potremmo far fronte a una simile tempesta, ma non li abbiamo.
Probabilmente è inutile riprendere questa solfa. Chi non ci ha creduto in passato non ci crederà neanche questa volta. L’Italia continua a cullarsi nell’idea che i debiti sono una cosa che non viene mai a scadenza, di cui mai nessuno chiede il rimborso. Come si dice: “Se potete credere questo, potete credere qualunque cosa”.
Chissà – provo a riprendere fiato – chissà che questo governo non sia un regalo della dea Fortuna. Qualunque governo si sarebbe grattato la zucca per trovare quella ventina di miliardi che sono necessari per evitare l’aumento dell’Iva e per attuare la “manovra correttiva” cui intanto siamo tenuti subito, ai sensi dei patti sottoscritti con Bruxelles. E forse, o non li avrebbe trovati con possibili conseguenze di vario tipo e tutte sgradevoli, oppure avrebbe fatto piangere gli italiani. A quel punto, ovviamente, partiti come M5S e Lega non avrebbe voluto sentire ragioni. Avrebbero accusato il governo di crimini peggiori di quelli di Hitler e Stalin messi insieme, e avrebbero detto che loro – al posto del governo – avrebbero mandato “affanculo” l’Europa (questa è la nuova lingua diplomatica, come nell’Ottocento era il francese). Né maggior comprensione avrebbero avuto per l’eventuale governo neutrale del Presidente Mattarella.
Ora ecco abbiamo un governo “pentalegato” che non soltanto si trova ad affrontare subito, non appena costituito, le prime, spaventose scadenze, ma le ha aggravate con un programma che farebbe fallire la Germania. La nave imbarcava acqua da una falla di un metro di diametro e loro ne aprono un’altra di venti o trenta metri quadrati. E che problemi ci sono? Come quel tale, loro dicono: “The impossible we do straight away, miracles take a little longer”, l’impossibile lo facciamo immediatamente, per i miracoli ci vuole un po’ più di tempo, ma fanno comunque parte della nostra normale attività.
Naturalmente sarei lietissimo di sbagliarmi. Riesco perfino ad immaginare che quando questi dilettanti si accorgeranno che già con gli annunci e i primi provvedimenti si aprono voragini, si fermino qualche centimetro prima dell’abisso. Ma questo richiederebbe buon senso. Merce rara.
Siamo alla spes contra spem (la speranza contro la verosimiglianza) che tanto piaceva a Marco Pannella.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 maggio 2018

MA IO SCHERZAVO!ultima modifica: 2018-05-22T10:59:14+02:00da gianni.pardo
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13 pensieri su “MA IO SCHERZAVO!

  1. Luigi Di Maio
    12 Febbraio 2014 alle ore 20,03

    “La staffetta Letta-Renzi è irrilevante. Il discorso non è che un Presidente del Consiglio debba essere eletto. Nel nostro ordinamento non esiste il voto per il ” Candidato Premier “. Il vero tradimento degli elettori sta nel fatto che i partiti di Monti, Bersani e Alfano ( in campagna elettorale ) non hanno mai detto di essere disposti a fare un governo insieme. Lo hanno detto solo dopo le elezioni , dopo aver ” fregato ” il voto agli italiani . Altrimenti col cavolo che prendevano il 29 %.”

    Di Maio : “Finalmente nasce la terza repubblica”.
    Un governo politico con un premier tecnico che deve realizzare un programma che non ha scritto, con una squadra che non ha scelto.

  2. nocivi lo dice lei, scusi….
    per me Salvini
    dovrebbe avere la maggioranza assoluta (senza il collezionista di gaffe-berlusca)
    per poter governare da solo, pensi un po’

  3. Spero tanto che abbia ragione lei.
    Non ho mai comprato un biglietto della lotteria, e penso che avrei più possibilità con la lotteria, ma non si sa mai. Speriamo abbia ragione lei.

  4. Il governo che ci aspetta è nato su La7
    di Andrea Minuz 22.05.2018

    La Francia ha l’ENA per selezionare la propria classe dirigente, l’Italia “La Gabbia”

    Ce lo ripetiamo da anni. Nella politica italiana c’è un problema di selezione della classe dirigente. Un deficit di “capitale umano”, strutture, formazione. Al momento non si sa bene da dove iniziare, ma se la scuola del Pd si chiama “Pier Paolo Pasolini” non sarà facile uscirne. La creatività politica italiana non si spiega e non si apprende ma si nutre anzitutto di invenzioni televisive. Se per Repubblica il berlusconismo comincia con “Drive In”, se il renzismo cresce dentro la Leopolda, l’asse Salvini-Di Maio è stato pianificato, allevato e coccolato nei talk-show di La7. “La Gabbia” è la nostra Ena. Al posto di Chirac, Giscard d’Estaing, Emmanuel Macron ci ha dato Claudio Borghi, Paolo Barnard e il filosofo antimondialista, Diego Fusaro.
    Formidabile megafono senza contraddittorio del grillismo, vetrina interminabile di Matteo Salvini che lì provava e riprovava la lista dei ministri no euro (“all’economia sono indeciso tra Borghi e Bagnai”), il programma di Gianluigi Paragone è stato la piattaforma di governo che ha anticipato nomi, contatti e liste di questi giorni. Come nei peggiori incubi orwelliani, ora sfilano davanti ai nostri occhi il voto del contratto di governo online e le ultime stagioni della “Gabbia”. Dove non arrivano le parlamentarie sul web, ci pensano Floris, Giletti, Formigli e Paragone che già prima delle elezioni si candidava a fare “l’uomo del dialogo tra M5s e Lega”. Chiusa la “Gabbia” si è aperto il Senato. Se per la Francia lepenista e ultragauchista l’Ena è una “fabbrica di potere”, è perché non hanno mai visto il palinsesto di La7. Il training populista di Paragone è esemplare. Ex pupillo di Bossi, ex direttore di Rai 2, animatore del “Villaggio Rousseau” a Rimini dove incoronò “Giggino ’o presidente”, autore di pamphlet molto incazzati con la finanza, l’Europa, le banche, guru incontrastato dei talk-show antieuro, ma soprattutto leader e mente della band “Gli Skassakasta”, il Paragone degli inizi era molto diverso dal rocker antivitalizi che apre le puntate in jeans strappati, stivaletto e Fender Stratocaster sotto la cinta.
    Alla fine degli anni Zero, ai tempi di “Malpensa, Italia”, sembrava uscito da un congresso del Psi. Toni moderati, completi impeccabili, bretelle sgargianti, occhiali riflessivi. Poi la metamorfosi. Mentre il grillismo si incravattava, Paragone si liberava di ogni segno della “casta” e tornava tra la gente. “Non posso più rifugiarmi dietro il paravento dell’essere giornalista”. Uomo di confine tra la flat tax e il reddito di cittadinanza, Gianluigi Paragone è uno spirito libero, un conduttore scomodo, tra i pochi ad aver avuto il coraggio di dire che “la Juve in Europa perde perché legata troppo al potere”. I suoi modelli sono Celentano, Vasco Rossi, Zygmunt Bauman, Davigo. Un pantheon ideale per un governo chiamato a “fare la storia”, come ha spiegato Di Maio. Nel suo ultimo libro, Paragone spiega che il “No alla globalizzazione è un No a un mondo dove la ricchezza è nelle mani di élite ingorde e antidemocratiche”; un mondo dove le regole “sono andate oltre la liquidità di Bauman”, qualsiasi cosa voglia dire. Spiega che solo i no “aiutano a crescere”.

    E se il lettore pensa al pil, Paragone lo frena subito. Ce l’ha coi “No che i nostri nonni dicevano ai loro figli”, perché i genitori di oggi dicono troppi “Sì”, e si vede com’è andata a finire. Difficile dargli torto. Nel 2013, Paragone festeggiò su Twitter i cinquantamila iscritti in meno all’università: “Finalmente il mito della laurea viene messo in discussione, con tutto il carrozzone accademico!”. Cinque anni dopo, il paese europeo col più basso numero di laureati manda al governo due politici non laureati. Il che di per sé non vuol dire niente, ci mancherebbe. Se non che la democrazia rappresentativa funziona benissimo. Di sicuro, meglio di quella diretta. Come diceva Floris esattamente un anno fa in una puntata di “Ballarò”: “Lei Di Maio non ha bisogno di laurearsi, tanto ora diventa presidente del Consiglio”. Applausi.

  5. gli altri sono tutti servi ubbidienti dell’Europa, compreso il suo amato berlusconi,
    che oramai (vista l’età) farebbe bene a pensare a qualcos’altro più che alla politica

  6. dica quello che vuole, ma per me Salvini esprime idee (a parte qualche strafalcione) molto condivisibili, un esempio?
    Lotta alla immigrazione incontrollata…
    Poi se riesce a farlo, questo è un altro discorso

  7. Calano gli sbarchi sulle coste italiane per il decimo mese consecutivo. È quanto emerge dai dati diffusi dal Viminale, secondo i quali, nel mese di aprile, i migranti arrivati sui litorali del nostro Paese sarebbero stati 3.171, ovvero il 75,5% in meno rispetto allo stesso mese del 2017, nel quale erano stati 12.943. Dall’inizio dell’anno a oggi i migranti sbarcati sono stati complessivamente 9.467, il 74,6% in meno rispetto ai 37.235 dello stesso periodo dell’anno scorso.
    https://tg24.sky.it/cronaca/2018/04/30/migranti-calo-sbarchi.html

    Ammesso che Salvini riesca a fare meglio di Minniti si tratterebbe di una quantità residuale.

  8. Amico? Io? di Rinaldi?
    Io scrivevo (invitato) su Scenarieconomici. poi ne è diventato direttore lui e mi ha buttato fuori!
    E quando l’ho scritto alla precedente direttrice mi ha risposto: “Me l’aspettavo”.

    !

  9. Ricordo perfettamente tutto perché sono intervenuto in quella discussione per difenderla. Ci siamo scambiati anche qualche mail al riguardo. Non lo ricorda ?

  10. Ricordavo che qualcuno mi aveva difeso, non ricordavo fosse stato Lei. Mi scusi. E ancora grazie.
    Per quanto riguarda il video. Rinaldi delira. O quella moneta è a corso forzoso, e allora saranno euro immessi in circolazione in violazione dei trattati. O – se serve soltanto per pagare le tasse, e se i creditori l’accettano – di fatto quelle tasse non sono pagate. Infatti sono pagate con gli stessi pezzi di carta che lo Stato ha stampato. La partita di giro si risolve con l’annullamento del debito, nel senso che lo Stato ha rinunciato ad incassare quelle tasse, operando una compensazione fra quanto da esso Stato dovuto e quanto dovuto dal contribuente. farebbe prima ad accettare quella compensazione. Ma non lo fa, perché il mancato introito fiscale sarebbe eccessivo, per le nostre traballanti finanze pubbliche. È per questo che lo Stato paga in ritardo, perché è in braghe di tela e si aggrappa ad ogni sotterfugio per non pagare, o almeno pagare il più tardi possibile.
    Rinaldi mi sembra economicamente demente.

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