IL MITO DEGLI INVESTIMENTI PER IL LAVORO

Il lavoro non si crea. Non più di quanto si creino i ferri da stiro o le panchine pubbliche. Il lavoro è una prestazione per la quale qualcuno è disposto a pagare. Il lavoro non nasce dal bisogno di un giardiniere di guadagnare, il lavoro nasce dal bisogno di un condominio di avere un giardiniere. Non bisogna mettere il carro dinanzi ai buoi.
Se si vogliono avere più occupati, non bisogna “creare posti di lavoro”, espressione assurda, bisogna far nascere il bisogno della prestazione. In altri termini, bisogna avere un giardino per il quale è necessario un giardiniere, non pagare un giardiniere anche se non si ha bisogno di lui. Non sono i muratori che richiedono l’edilizia, è l’edilizia che richiede i muratori.
Il lavoro deve creare ricchezza, e per ricchezza dobbiamo intendere qualunque cosa che abbia valore economico. È ricchezza un chilo di patate, perché qualcuno l’ha prodotto e qualcun altro, per averlo, è disposto a pagare. È ricchezza un viaggio in aereo, un taglio di capelli, un paio di scarpe, e via dicendo: e infatti in economia si distinguono beni e servizi. Sono beni le scarpe e il chilo di patate, servizi il viaggio in aereo e il taglio di capelli.
Purtroppo la creazione di ricchezza a volte non è immediatamente trasparente. Si potrebbe pensare che i carabinieri e gli attori di teatro non producano niente e invece i primi producono sicurezza e i secondi divertimento.
Le cose si complicano quando chi spende è lo Stato. Infatti esso non sorveglia i suoi soldi con l’accuratezza e l’efficacia del privato e a volte non spende per servizi essenziali come i carabinieri. Lo Stato per esempio deve provvedere alle strade e le strade producono una loro forma di ricchezza, chiamata “mobilità”. Ma questo non avviene in ogni caso. Se la strada, una volta creata, ha un buon traffico, è segno che ce n’era la necessità. Se invece rimane prevalentemente deserta, si è sprecato il denaro dei contribuenti e distrutta ricchezza.
Così arriviamo ai famosi “investimenti dello Stato”, tanto spesso invocati per combattere la disoccupazione. In questo campo vale il ragionamento fatto per le strade. Se lo Stato crea una fabbrica di mobili componibili per rilanciare l’economia, dà lavoro a circa duecento dipendenti. Ovviamente l’operazione è costosa ma, se i mobili hanno successo, tanto da poter dire che si ricavano più soldi di quelli spesi, l’investimento potrà essere definito azzeccato e tale da contribuire positivamente all’economia del Paese. Si è creata ricchezza e ci sono duecento posti di lavoro in più. Ma ora facciamo il caso inverso, e purtroppo più frequente, che presto ci si accorga che l’industria opera in deficit. In questo caso se lo Stato chiude l’impresa perde tutto ciò che ha speso fino a quel momento e crea un problema occupazionale; se invece continua ad operare in deficit, questo deficit lo ripianerà l’erario, con ciò che hanno versato, con tasse e imposte, altri cittadini. In questo caso non soltanto non si ha produzione di ricchezza, ma si ha distruzione di ricchezza. Ciò che la collettività spende per ripianare il deficit, economicamente equivale a pagare un giardiniere perché non faccia nulla.
Gli investimenti pubblici sono positivi se producono ricchezza, sono negativi se la distruggono. E se qualcuno si chiede quante siano le probabilità che gli investimenti siano positivi e quante che siano negativi, basterà invitarlo a guardarsi intorno. La quantità di opere pubbliche sbagliate, inutili, costose, e perfino incompiute, è impressionante. Né si può dire che le grandi opere decise in passato (anch’esse per rilanciare l’economia e dare lavoro ai disoccupati) abbiano oggi buona stampa. Non si sente parlare d’altro che di sospendere i lavori della TAV, di non portare a termine il gasdotto pugliese, di non completare il MOSE di Venezia, di chiudere l’Ilva di Taranto, e insomma di liberarsi dalle conseguenze di quegli “investimenti”.
E allora come si potrebbe mai condividere l’entusiasmo con cui si parla di nuovi investimenti? Chi ci assicura che essi saranno produttivi e non distruttivi di ricchezza? Credo che nessuno possa contestare il diritto ad essere scettici.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
7 agosto 2018

IL MITO DEGLI INVESTIMENTI PER IL LAVOROultima modifica: 2018-08-07T08:00:41+02:00da gianni.pardo
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