PONTI E PERSONAGGI CHE CROLLANO

Quando si verifica una grande tragedia, i giornalisti hanno l’aria commossa di chi è stato toccato personalmente – e non è vero – e non la smettono di parlare della cosa, aggiungendo dei particolari del tutto insignificanti. Tutto ciò con l’aggravante di farlo come se, così, stessero mettendo rimedio al disastro. Una forma di sciacallaggio informativo tanto inutile quanto imbecille.
Forse bisognerebbe insegnare nelle scuole – ma per prima cosa bisognerebbe insegnarlo agli insegnanti – che in inverno bisogna vietarsi di dire che fa freddo. Che in agosto non bisogna parlare della gente che va in ferie. Tutto l’anno bisogna vietarsi di parlare con aria commossa dei bambini che muoiono di fame. È ovvio, la cosa è tristissima ma, chi vuole, faccia qualcosa di concreto per loro, senza parlarne. Dopo queste premesse, è facile immaginare il giudizio che si dà delle migliaia di persone che hanno parlato del crollo del Ponte Morandi.
Le trite ovvietà, allineate e ripetute, sono provocatoriamente stupide. Tuttavia gli eroi della frase fatta, i maestri dell’indignazione moralistica e della commozione prêt-à-porter, non esitano ad aggredire il reprobo che non si dichiari abbastanza pronto a sacrificare senza processo il capro espiatorio che loro hanno scelto.
Non rimane che dare un minimo di conforto a chi si sente aggredito non soltanto nel proprio cuore – mentre la pietà per le vittime e le loro famiglie viene svenduta allo spettacolo – ma anche nella propria intelligenza.
Naturalmente, malgrado la nausea, bisogna rimanere realisti. I discorsi di Luigi di Maio e, in una certa occasione quello di Giuseppe Conte, gridano vendetta dinanzi all’Altissimo, ma bisogna concedere che hanno cantato la canzone che il loro pubblico desiderava sentire. Il tema – essi pensavano – era obbligato; per Di Maio l’indignazione cieca che non va per il sottile; per lo sventurato Conte la voglia di ghigliottina che ha evocato sostenendo che ci sono occasioni in cui non si possono attendere i tempi della giustizia.
A proposito, non essendo un professore universitario ma un semplice laureato, sarei lieto di sapere in quale testo di legge è stabilito il principio di Conte. E quali sono “i casi in cui”. Non vorrei che fra essi fosse compreso quello di un professore di diritto che bestemmia in pubblico la materia di sua competenza. Fatto per il quale sarebbe prevista l’impiccagione.
Ecco il punto. Ancora una volta il povero Machiavelli è frainteso. Il suo insegnamento era che uno dei primi doveri del governante è quello di apparire virtuoso, a costo di esserlo veramente. Mentre se si appare spregevoli, per esempio perché si è sbagliata la misura della bassa demagogia, c’è il rischio che divengano numerosi coloro che si accorgono della dismisura, dell’eccesso e perfino della stupidità delle affermazioni.
Di Maio, evidentemente senza essersi informato con nessuno, nemmeno con un qualunque impiegato del Ministero dei Trasporti, ha parlato di revocare su due piedi la concessione alla società delle autostrade. Come se fosse facile, e non è; come se si potesse fare velocemente, e non si può; come se non costasse nulla, e potrebbe invece costare venti miliardi. Come se infine fosse sicuro che la colpa sia di quella società, mentre potrebbe essere del Ministero del suo sodale Toninelli, secondo il contratto della concessione. Non si vede come si possano ispezionare i tiranti d’acciaio degli stralli immersi nel cemento. E infine potrebbe anche trattarsi del torrente che sottoterra toglie l’appoggio alle fondazioni, o semplicemente di un caso. Come diceva giustamente Wittgenstein, di ciò di cui non si può dire nulla di ragionevole bisogna tacere.
Riguardo alla revoca della concessione va anche ricordato qualcosa che i giornali e le televisioni non hanno sufficientemente chiarito. La revoca – ammesso che sia giustificata – non produrrebbe il dovere di indennizzare la società Atlantia per i mancati profitti futuri, che evidentemente non le sarebbero dovuti. L’indennizzo è dovuto al fatto che l’autostrada l’ha costruita proprio la società concessionaria. I pedaggi dunque non sono un guadagno netto, servono soprattutto a rifarsi delle spese di costruzione. È per questo che la concessione è prevista fino al 2042. È necessario un tempo lunghissimo, per pareggiare costi e ricavi. Ed è per questo che si parla di molti miliardi.Tutte cose di cui, mentre si mostrava più severo e feroce di Saint-Just e Fouquier-Tinville, Di Maio sembrava non saper nulla.
Questi giorni hanno mostrato tutta la pericolosità di una classe politica – se così si può chiamare quella portata in parlamento dal M5S – digiuna di diritto, di tecnica amministrativa, di buon senso e persino di belle maniere. Abbiamo al governo dei politicanti pronti ad allinearsi al peggio, a volte (come nella persona del Presidente del Consiglio) malgrado la propria indubitabile competenza giuridica. Indubitabile non perché egli sia un luminare del diritto, ma perché anche un cantante d’opera lirica, una guardia forestale, un parroco o una maestra elementare sanno che in un Paese civile e democratico soltanto il giudice penale può infliggere pene, e soltanto un giudice civile può imporre dei risarcimenti.
In queste tristi giornate abbiamo visto che i ponti più alti possono raggiungere in pochi secondi il livello zero. Esattamente come certi politici improvvisati.
Gianni Pardo
Giannipardo1@gmail.com
18 agosto 2018

PONTI E PERSONAGGI CHE CROLLANOultima modifica: 2018-08-17T20:43:01+02:00da gianni.pardo
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11 pensieri su “PONTI E PERSONAGGI CHE CROLLANO

  1. Molto piu’ chiara e diretta, alla portata del cittadino medio, la posizione sincera a caldo di Salvini:

    “Serve chiarezza, non può esserci un’altra strage senza colpevoli e qui hanno nomi e cognomi ben precisi. Qualcuno deve finire in galera.

    fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/ponte-genova-salvini-strage-ha-nomi-e-cognomi-1565128.html

    Tutti i nostri ragionamenti non servono a niente, il fine ultimo del sentimento popolare del nostro tempo e’ che qualcuno vada in galera: chi, come e perche’ non importa affatto.

    Il popolo si sente oppresso e incatenato, ed e’ vero, lo e’ da se stesso e dalle sue istanze pregresse, e chiede vendetta contro qualcuno, che tutto sommato e’ il colpevole vero, se stesso.

  2. Signori, mentre voi – in perfetta buonafede, perché nel vostro caso è ovviamente buonafede – cadete nella trappola delle elite, io vi farei presente un po’ di dati nudi e crudi. Elenchiamoli.
    1) E’ crollato un ponte e sono morte decine di persone.
    2) Che il ponte fosse in certe condizioni erano denunciato *DA ANNI*.
    3) Il ponte era sotto la responsabilità di una società privata.
    4) Una qualsiasi persona normale, quando con le sue azioni fa dei danni ingentissimi, o li paga o va in galera. Schettino per aver fatto schiantare la nave contro uno scoglio, è finito in galera e ci rimarrà fino alla vecchiaia. Per quale ragione qualcuno non dovrebbe finire in galera?

    Se si chiariscono questi punti, invece di sbrodolare fesserie contro il popolo (come se la colpa di un ponte che crolla fosse dei cittadini), magari riportiamo la discussione sui binari della correttezza.

  3. Alcune precisazioni per gli amici.
    1 È vero che non è detto che la società concessionaria di un’autostrada l’abbia sempre costruita, prima. Può benissimo esserle stata affidata in conces-sione dopo. Ma nel caso della A10, quali che siano i patti fra l’Atlantia e lo Stato, sono tali che, ritirando la concessione, lo Stato si troverebbe a pagare la somma di cui si diceva. Una ventina di miliardi, secondo il Corriere della Sera. Che è poi la cosa di cui doveva tenere conto chi apriva la bocca e le dava fiato, fregiandosi del titolo di ministro.
    2 Mi fa notare un gentile corrispondente che, comunque, sbaglio ad avere questo atteggiamento di perplessità e cautela, perché è morta della gente ed è sicuramente giusto che qualcuno vada in galera. Ha ragione, la faccenda è più che seria: è tragica.
    Ma, lo stesso, le cose sono più complicate di così. Il colpevole potrebbe esse-re l’ing.Riccardo Morandi, ed è morto. Poi potrebbero essere i molti che non hanno distrutto e ricostruito le decine (molte, molte decine) di ponti che sono a ri-schio. Ora qui le cose stanno così. I concessionari, per elementare prudenza, hanno sicuramente segnalato al Ministero quella necessità (tanto, pagherebbe lo Stato). Il Ministero, non avendo i soldi per queste operazioni, pur riconoscendo che sarebbe stato bello rifare o quasi la rete stradale, avrà invitato le società concessionarie a contentarsi di rattoppi (fra l’altro, a loro spese). E i ponti (molti, molti ponti) rimangono a rischio.
    Ma il Ministero potrebbe obiettare: “Signori, voi avete ragione, i provvedimenti sono insufficienti. Purtroppo lo Stato non ha i soldi per fare ciò che chiedete. Che facciamo, chiudiamo non so quante autostrade? E questo quando – per esempio – la Roma-l’Aquila è pressoché l’unica via non era forse essenziale per le co-municazioni fra Genova est e Genova oves? Avremmo dovuto chiudere anche quello? Soprattutto quando gli interessati locali (in primis i politici del M5S e il Profeta Beppe Grillo) avevano detto che poteva ancora star su altri cent’anni?”
    In queste condizioni, siamo sicuri che ogni accusato non potrà avanzare ec-cellenti giustificazioni, per il proprio operato? Come reagirebbero, gli italiani, se gli vietassero un’autostrada, anzi, molte autostrade, che a loro sembrano in ec-cellenti condizioni? Gli italiani, ricordiamolo, sono quelli che in buon numero non credono alla necessità dei vaccini.
    Non dico che non ci siano colpevoli, dico di non parlare a vanvera ed aspetta-re l’istruttoria.
    G.P.

  4. Non so se nel caso della concessione in questione ciò sia previsto. Se no, avrebbe dovuto.

    Nelle more delle indagini e del successivo eventuale giudizio, esistono le c.d. “misure cautelari”.

    Esempi: l’arresto (per reati di una certa gravità, in carcere o domiciliare o su cauzione), il ritiro della patente (guida in stato di ebrezza, poi vediamo se era whisky o sciroppo per la tosse), la sospensione di una licenza commerciale (mancata emissione scontrini, fatture false, poi vediamo se erano vere ), il sequestro di un immobile (costruzione abusiva, poi vediamo se esiste da qualche parte il permesso), ecc. tutte misure che possono essere prese quando gli indizi sono sufficientemente gravi , ictu oculi, per giustificarne l’applicazione.

    Nel caso del crollo, l’indizio di colpevolezza c’è, e ben più che lampante. Ammettiamo pure che Autostrade abbia “monitorato”, ammettiamo pure con accuratezza, ma il ponte è crollato lo stesso. Accuratezza o meno, ciò non sposta di una virgola la responsabilità. Sarebbe come a dire: il medico ha misurato la febbre, era a 37,5, ma il malato è morto. Beh, intanto sospendiamo il medico dalla professione e poi vediamo.

    Esattamente come nel caso della concessione: intanto la sospendiamo, poi in caso di condanna o assoluzione, sarà o meno o convalidata.

    Non sembrerebbe equo che, ancorchè nelle more dei gradi di giudizio, camoa cavallo, Autostrade continuasse ad incassare (facendo pagare i mezzi di soccorso).

  5. Scusi, prof.Pardo, dimenticavo.

    Nel 2016, l’ing. Antonio Breneich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova – dopo accurate indagini – concluse che : «Il ponte si deve chiudere».

    Questo (che mi sembra un qualcosina di più del termometro a 37,5) è più che un grave indizio di responsabilità.

  6. Rispondo sinteticamente.
    1 Se il ponte doveva essere chiuso, la decisione spettava al Ministero. Sequestriamo cautelativamente la sede del Ministero dei Trasporti?
    2 La diagnosi di quel tecnico era giusta, ma se e quanto fosse giusta lo sappiamo oggi, non lo sapevamo allora.
    3 Infine la responsabilità dell’esecuzione e delle spese di manutenzione ricadevano sul concessionario, ma la responsabilità della decisione, delle sue modalità, e del controllo sulla sua esecuzione, spettavano (art.28, leggeva Di Pietro) ricadevano sul concedente. E questo ci fa tornare al punto9 1.
    Insomma, caro Valenti, non è che io voglia darle torto, ma il problema è più complesso di come lo veda la gente E nella gente metto anche i ministri, oggi, visto che si comportano e parlano come degli sprovveduti

  7. L’unica vera ragione che non è conveniente togliere la concessione ad Autostrade è che questa non sarebbe più obbligata a ricostruire il ponte.

    Penso che lei sia al corrente che il collasso del ponte Morandi è soltanto l’ultimo di una serie di episodi negativi per Autostrade.

    L’elenco è lungo:

    il crollo di un cavalcavia dell’A14, avvenuto l’8 marzo 2017

    altrettanto era accaduto ad alcune pensiline di caselli nel 2010

    esistono poi denunce pendenti presso varie Procure della Repubblica su altre opere con possibili problemi strutturali

    c‘è la sentenza del 10 aprile scorso sulla contraffazione del brevetto del sistema di controllo della velocità Tutor;

    è in corso il processo di Avellino per la morte di 40 persone, avvenuta il 28 luglio 2013, su un bus precipitato dal viadotto Acqualonga sulla A16.

    Sono ragioni sufficienti per giudicare il concessionario, quantomeno,“inaffidabile” e sospendergli la patente?

  8. Non ho alcun interesse a convincerla di checchessia. Affermo soltanto – malgrado la mia scarsa simpatia per la magistratura – che fino a nuovo ordine è essa la sola qualificata a stabilire responsabilità sequestri e risarcimenti.

  9. Se a qualcuno puo’ interessare, in mezzo alla solita e immancabile montagna di spazzatura giornalistico-informativa di questi giorni di lutto, qui si puo’ ascoltare la viva voce dell’ing. Brencich:
    https://youtu.be/ehjQbIrIcds

    e qui:
    https://youtu.be/2If2MZ1HZVA

    Sara’ in futuro interessante, dal punto di vista tecnico, seguire gli sviluppi delle indagini, pare che il cedimento “fragile”, in cui la struttura si schianta di colpo, sia tipico del cemento precompresso, quello cioe’ in cui i cavi di armatura sono pretensionati prima del getto, tecnica usata moltissimo nelle travi, ma che sembra essere stata usata solo dall’ing. Morandi, in tutta la storia dell’ingegneria, per gli stralli di un ponte sospeso, e si capisce perche’, se alla non ispezionabilita’ dei cavi tiranti si assomma la possibilita’ di un eventuale cedimento improvviso.

    Al momento comunque, mi pare che nessuno di realmente competente si sia ancora esposto a delucidare nemmeno la sequenza del crollo, cosi’ da conoscere almeno quale sia stato l’elemento a cedere per primo (a lume di logica dovrebbero essere gli stralli, ma nemmeno questo si sa con certezza: i competenti si guardano bene dal parlare a vanvera ed esporsi alla figura del cretino prima di raccogliere tutte le informazioni necessarie).

    Sul sito di ingegneri.info si trova il breve e scarno articolo di Brencich:
    http://www.ingegneri.info/news/infrastrutture-e-trasporti/ponte-morandi-genova-analisi-infrastrutturale/

    In queste famosissime immagini, il cedimento del Tacoma Bridge nel 1940 pochi mesi dopo la sua entrata in servizio (il ponte tendeva ad oscillare in risonanza col vento) in cui si vede come puo’ comportarsi una struttura metallica costruita, a differenza del “nostro”, per essere flessibile:
    https://youtu.be/j-zczJXSxnw

  10. Mi è di grande sollievo leggere i pezzi di Pardo, in particolare questo sulla tragedia del ponte crollato. Un mio giudizio: è venuto meno nella stragrande maggioranza degli italiani un elementare senso del dovere. Anzi, il senso del dovere è oggi inteso unicamente nel dovere di parlare, denunciare, polemizzare. E tutti parlano, denunciano, polemizzano, moralizzano. E sono state infatti le chiacchiere ad aver sostituito l’azione e gli interventi concreti anche relativamente al ponte di cui tutti sapevano i malanni e la pericolosità. E oggi tutti si precipitano a parlare, a polemizzare, ad accusare, a moralizzare. Come lo stesso Pardo tante volte ha detto: agli italiani pare manchi il senso della concretezza, del realismo, del pragmatismo insomma.

  11. “E sono state infatti le chiacchiere ad aver sostituito l’azione”

    OK, pero’ non e’ neppure del tutto inopportuno che il pensiero, che si manifesta anche attraverso la discussione e quindi in un certo qual modo la “chiacchera”, preceda l’azione. Nei momenti in cui si fa per il solo gusto di fare, senza meditare e mediare prima accuratamente, si compiono un sacco di scemenze (lo dimostra il periodo del boom economico con l’inevitabile stasi che ne e’ seguita e che si trascina fino ad oggi, e ancora di piu’ quello del fascismo).

    Dei “difetti” dell’Italia tutto sommato fanno parte anche i moralismi e i pipponi conservatori alla Montanelli, e questo secondo il ragionamento di Montanelli stesso… a parte che non so se ha senso parlare di un paese come se fosse UNA persona, attribuendogli caratteristiche, pregi e difetti come si fa per le persone: e’ un modo di argomentare a spanne che serve solo a dar voce ai propri immancabili pregiudizi di tribu’, di razza e di nazione.

    Se c’e’ qualcosa che mi sembra caratterizzare il nostro periodo, non sono i ponti che crollano, e’ semmai la rabbia che chiede a gran voce un colpevole da mettere alla gogna a tutti i costi, che si manifesta non appena puo’, dappertutto, a volte anche nei moderati commenti qui dentro. Ecco, questo mi sembra assai piu’ pericoloso, tali ricorrenze storiche quando avvengono di solito si autoamplificano fino a sfociare in un bagno catartico di sangue. Quando ci si trova in mezzo, credo sia molto colpevole sia adagiarsi all’andazzo generale, accodandosi alle urla e alla rabbia degli altri, e ancora di piu’ stuzzicare questo deleterio sentimento tribale di vendetta a ogni costo a scopo di lucro o di lustro politico od economico, sentimento che non si puo’ dire animale dato che ce l’ha solo l’uomo. Altro che il peccato originale.

    A voler essere vendicativi, l’unica consolazione e’ che di solito ne cadono vittime (se non hanno la fortuna di morire prima, di morte naturale) anche coloro che lo hanno fomentato.

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